La malnutrizione colpisce a livello globale oltre 159 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni, di cui l'80% si concentra nell'Africa subsahariana e nei paesi dell'Asia meridionale. Questo è quanto emerge dal rapporto di Save the Children "Unequal Portions. Ending Malnutrition for Every Last Child".
Fame, povertà, guerre e fenomeni climatici spesso distruttivi sono tra le principali cause, presenti in numerose aree del nostro pianeta, che causano innumerevoli vittime e costringono una buona parte delle popolazioni locali a fughe e migrazioni in altre aree geografiche. Le conseguenze che derivano da queste specifiche situazioni politiche, nonché da fenomeni naturali dovuti ai cambiamenti climatici in atto, contribuiscono al fenomeno della malnutrizione che affligge oggi oltre 159 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni, di cui l’80% si concentra nell’Africa subsahariana e in Asia meridionale (Figura 1). Lo rivela il rapporto di Save the Children Unequal Portions. Ending Malnutrition for Every Last Child. Il rapporto analizza oltre alle cause anche le possibili soluzioni alla tragica problematica della fame nel mondo, con un focus specifico sulla vita dei bambini che vivono nella regioni prese in considerazione. I dati del rapporto riportano che il reddito familiare ha un’influenza significativa sulla nutrizione dei bambini: nei paesi e nelle regioni in via di sviluppo i bambini nati in famiglie appartenenti al 20% più povero hanno una probabilità più che doppia di morire prima dei cinque anni di età rispetto a quelli che provengono dalla popolazione più benestante.
Figura 1. Percentuali della malnutrizione dei bambini nelle diverse aree geografiche del mondo (fonti: UNICEF, WHO, World Bank Group, 2015)
In Burundi, Eritrea e Timor Est, tra le nazioni più colpite dalla denutrizione infantile, oltre la metà dei bambini soffre la fame e vive in condizioni igieniche precarie. In India circa 48,2 milioni di bambini di età inferiore a cinque anni vive in condizioni di grave malnutrizione e numeri simili si hanno anche in Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Nigeria, Etiopia, Congo, Sudan e Gibuti. Inoltre, secondo gli ultimi dati forniti dalla Banca Mondiale, la principale organizzazione delle Nazioni Unite per il sostegno allo sviluppo e la riduzione della povertà nel mondo, le persone che vivono con meno di un dollaro al giorno sono ancora 702 milioni, ovvero il 9,6% della popolazione globale. La FAO calcola che oltre la metà di tutte le persone che nel mondo soffrono la fame sono contadini con o senza terra che vivono in aree rurali prettamente marginali ed esposte a disastri naturali come siccità o inondazioni. Il rapporto evidenzia, inoltre, un forte gap tra le aree agricole e i centri urbani. In Kenia, ad esempio, a livello nazionale, la percentuale di bambini che vive in condizioni di grave malnutrizione con basse probabilità di sopravvivenza si attesta al 4%. Allo stesso tempo, però, nella contea del Wajir, a nord del paese, arriva quasi al 18% e lo stesso vale per altre regioni ai confini del paese. Oltre alla difficolta di accesso al cibo, Save the Children denuncia l’esistenza di credenze e superstizioni, ancora oggi presenti in molti villaggi e tribù locali del Corno d’Africa, dove l’istruzione è ancora meno diffusa rispetto ai centri urbani, secondo le quali le donne non debbano assolutamente mangiare alimenti ricchi di proteine e ferro negli ultimi mesi di gravidanza, pena la crescita smisurata del feto. La conseguenza più grave è che da madri malnutrite nascono anche bimbi malnutriti, già sottopeso dal primo giorno di vita. Alla già drammatica situazione, sottolinea il rapporto, va aggiunto poi il fattore cambiamento climatico e, a questo proposito, riporta che solo El Niño (in italiano, “Gesù Bambino”), la fluttuazione climatica che causato un aumento delle acque dell’ Oceano Pacifico orientale una volta ogni 3-7 anni, quest’anno ha provocato la siccità in 15 paesi, colpendo oltre 60 milioni di persone in tutto il mondo. In Burundi, Eritrea e Timor Est, tra le nazioni più colpite dalla denutrizione infantile, oltre la metà dei bambini soffre la fame e vive in condizioni igieniche precarie. In India circa 48,2 milioni di bambini di età inferiore a cinque anni vive in condizioni di grave malnutrizione e numeri simili si hanno anche in Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Nigeria, Etiopia, Congo, Sudan e Gibuti. Il rapporto rileva comunque progressi significativi nella lotta alla fame nel mondo rispetto al 1990, quando il numero dei bambini colpiti da malnutrizione cronica superava ancora i 255 milioni (rispetto agli attuali 159 milioni), cioè il 40% della popolazione globale di allora. Tuttavia, i progressi sono ancora lenti e con forti diseguaglianze tra paese e paese, e ai ritmi attuali, aggiunge, la riduzione dei casi di malnutrizione cronica del 40% entro il 2025 e l’eliminazione della fame nel mondo entro il 2030, obiettivi fissati dall’Assemblea mondiale della sanità (WHA), rimangono un traguardo distante. Secondo le proiezioni, infatti, solo 39 paesi su 114 considerati arriveranno al risultato nei tempi stabiliti e di questi solo sei sono paesi a basso reddito. Il rapporto di Save the Children denuncia, inoltre, la mancanza, da parte dei governi, di misure concrete contro la malnutrizione nel mondo, aggiungendo che, dei 29 maggiori donatori di fondi per progetti di assistenza ai paesi in via di sviluppo, solamente sei di loro spendono meno di un milione di dollari l'anno. Di qui l’appello di Save the Children ai capi di governo che si incontreranno al G7 che si terrà il prossimo anno a Taormina affinché si possa finalmente predisporre un decisivo piano d’azione contro la malnutrizione per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Assemblea mondiale della Sanità (AMS), organo legislativo dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che durante il Summit per lo Sviluppo Sostenibile svoltosi il 25 settembre 2015 a New York, ha adottato la risoluzione che comprende i 17 nuovi Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDS) che mirano, entro il 2030, ad eliminare la povertà, promuovere la prosperità economica ed il benessere delle persone e, non ultimo, proteggere l’ambiente su scala globale.