L’Unione Europea lancia la sfida del ripristino della natura: approvata la Nature Restoration Law

di Alessandro Campiotti

Il 17 giugno 2024 il Parlamento Europeo ha approvato la legge sul ripristino della natura, che mira a recuperare il 20% degli ecosistemi degradati in UE entro il 2030. Tra i principali obiettivi c’è la salvaguardia ambientale e il potenziamento dei servizi ecosistemici per la natura e per l’uomo.

Lo scorso 17 giugno, il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva la legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) che pone al centro dell’attenzione l’ambizioso obiettivo di ripristinare almeno il 20% degli ecosistemi europei entro il 2030. La legge approda dopo un tortuoso iter di oltre due anni, in cui è stata più volte oggetto di modifiche, e si inserisce nell’ambito della più ampia strategia UE sulla biodiversità per il 2030, elemento chiave del Green Deal europeo. Oltre l’80% degli ecosistemi, infatti, risulta degradato, e i motivi sono largamente riconducibili a cause di origine antropica: attività industriali, agricoltura intensiva ed eccesso di urbanizzazione. Questa preoccupante situazione ha reso necessaria la progettazione di un solido intervento di ripristino, a cui tutti i paesi europei dovranno prendere parte.

Per ripristino si intende un processo volto a favorire il recupero di un ecosistema degradato, e può essere passivo se avviene naturalmente in seguito alla riduzione della pressione antropica, oppure attivo, se incentivato da vere e proprie azioni di recupero. In entrambi i casi, gli interventi dovranno contribuire a migliorare la struttura ecosistemica nelle sue variegate componenti – fisiche, chimiche e biologiche – ricostituendo habitat e nicchie ecologiche necessarie alla promozione della biodiversità animale e vegetale.

Il buon funzionamento degli ecosistemi naturali è strettamente legato al benessere umano. Infatti, tramite i servizi ecosistemici, definiti come i benefici che le persone traggono dalla natura, si viene a creare una virtuosa sinergia tra natura e società, funzionale allo sviluppo ecologico ed economico dei territori. Alcuni esempi di servizi ecosistemici sono la produzione di cibo, l’impollinazione, la depurazione delle acque, la pulizia e il raffrescamento dell’aria da parte delle piante mediante i processi fisiologici di fotosintesi e traspirazione. Come si può intuire, i servizi ecosistemici sono funzionali alla sopravvivenza stessa dell’uomo sul pianeta, poiché, oltre a garantire la sicurezza alimentare, limitano il riscaldamento globale e prevengono i disastri naturali.

La Nature Restoration Law si prefissa di intervenire a sostegno di tutti gli ecosistemi degradati, forestali, urbani, agricoli, marini e fluviali, operando azioni di monitoraggio e interventi di protezione e ripristino. Tra questi, di fondamentale importanza risultano la conservazione delle specie minacciate, il contenimento del consumo di suolo, la gestione ecologica degli agro-ecosistemi, l’incremento del verde urbano, il potenziamento della connettività forestale e fluviale. Il Regolamento conferma inoltre l’importanza delle Soluzioni basate sulla Natura (Nature-based Solutions – NbS) per il perseguimento dei numerosi obiettivi. Queste soluzioni sono definite come azioni di protezione, conservazione e ripristino degli ecosistemi naturali o modificati, e risultano innovative in quanto rispondono contemporaneamente alle sfide sociali, economiche e ambientali poste dalla Nature Restoration Law. Possono essere realizzate in ambito urbano o extra-urbano e risultano più economiche e meno impattanti sull’ambiente rispetto alle tradizionali misure che prevedono l’utilizzo delle infrastrutture “grigie”, come dighe e canalizzazioni per il contrasto dei fenomeni meteorologici estremi.

Diversi studi dimostrano che ogni euro investito sul ripristino della natura produca un ritorno monetario in media otto volte superiore. Si stima che ripristinare il 10% del territorio dell’UE costerebbe circa 154 miliardi di euro, e i benefici previsti raggiungerebbero i 1.860 miliardi, con un rapporto costi-benefici di 1:12. La legge, infine, prevede che i paesi europei presentino alla Commissione i piani nazionali di ripristino entro la metà del 2026, indicando come intendano raggiungere gli obiettivi. In questa fase di pianificazione degli interventi, saranno fondamentali le competenze derivanti dai cosiddetti “green jobs” (lavori verdi), che includono tutte le professioni, esistenti o in via di sviluppo, legate alla green economy e alla sostenibilità ambientale, sempre più ricercati da aziende e pubbliche amministrazioni.

Per approfondire

Foto di intestazione: Redazione “Ambiente Risorse Salute”

Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente Facebook

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immagine dal sito grottadifumane.eu

Grotta di Fumane: Neanderthal e Sapiens si incontrano

 


Sabato 8 e domenica 9 ottobre 2022 nell’ambito del Festival della Terra, abbiamo colto un’occasione importante per conoscere da vicino i risultati emersi dagli ultimi studi effettuati sui reperti archeologici rinvenuti nella grotta di Fumane. Fumane è un comune provincia di Verona. L’area è geograficamente localizzata in Valpolicella a nord ovest rispetto al capoluogo e, come grotta Broion sui Berici in provincia di Vicenza, risulta frequentata fin dal paleolitico inferiore. Il substrato è costituito da rocce calcaree stratificate appartenenti al mesozoico in particolare Giurassico e Cretaceo. La grotta è di origine carsica.
Il primo intervento nel sito fu compiuto nel 1964 dal Museo Civico di Storia Naturale di Verona su sollecito del Maestro Giovanni Solinas.  Infatti i lavori dell’allargamento della vecchia carrozzabile per Molina avevano causato l’esposizione di una sezione stratigrafica con ossa e selci scheggiate.
Il Professor Pasa intuendo l’importanza dei reperti fece arretrare gli scavi di qualche metro per salvaguardare gli affioramenti. Gli studi furono ripresi solo nel 1988 dagli studiosi dell’Università di Ferrara, quando parte degli strati più antichi erano stati saccheggiati con l’asportazione di ossa e reperti litici. Il crollo della volta della grotta ha permesso la prosecuzione degli studi. Attualmente il cantiere è sistematicamente attivo da più di vent’anni e indaga contemporaneamente con diversi approcci: stratigrafico in settori di scavo diversi, cronologico e culturale. Le operazioni di scavo e il trattamento successivo dei materiali sono molto importanti per recuperare i materiali rinvenuti che diventano oggetto di studio con l’uso delle più recenti tecnologie.
La nostra visita guidata inizia proprio con la parola tecnologia che in ambito preistorico potrebbe stupire ma, anche i bambini presenti, sanno cosa significa scheggiare la selce per farne strumenti per tagliare, raschiare, sezionare.
Nel PaleoCenter, Letizia, questo è il nome della nostra giovane guida, racconta che il suo ruolo nel laboratorio della Facoltà di Archeologia dell’Università di Ferrara è proprio quello di riprodurre le tecniche di lavorazione litica. In particolare l’obiettivo è individuare differenze e analogie nei reperti provenienti da strati con diversa datazione, riconducibili quindi a culture e abilità differenti. Ci presenta due tecniche di scheggiatura riconducibili una all’uomo di Neanderthal e una al Sapiens. Nell’area la pietra scheggiata è la selce, abbondante nei livelli stratigrafici presenti. La selce tende a concentrarsi in lenti estremamente compatte e pressoché inattaccabili dagli agenti atmosferici, peculiarità che, insieme alla durezza e alla frattura concoide ne hanno fatto il materiale principe delle prime industrie litiche.
La prima tecnica di scheggiatura denominata “Levallois” dal nome della cittadina francese dove le pietre scheggiate sono state individuate e studiate, è una tecnica che appartiene a tutte le comunità Neanderthaliane nel continente Eurasiatico con reperti datati fin da più di 100.00 anni fa. Letizia dice come in laboratorio abbia imparato a ottenere da un nodulo di selce strumenti impugnabili e utilizzabili per tagliare, sezionare, raschiare.
La seconda tecnica è quella chiamata “a punta affilata” attribuita ai Sapiens e via via perfezionata. Gli strumenti ottenuti con questa tecnica di scheggiatura sono adatti a fare da punta di un coltello o di una lancia. Chi la impugna è quindi in grado di colpire una preda senza avvicinarsi troppo.
Letizia mette comunque in rilievo che le tecniche hanno entrambe una notevole efficacia per ottenere il risultato voluto e non manca di sottolineare quanto esercizio e impegno le sia costato utilizzare le mani per ottenere una scheggiatura simile mettendo in conto anche qualche ferita! L’abilità dei due cugini paleolitici era dunque equiparabile e il risultato funzionale agli scopi perseguiti. Una visita al PaleoCenter con le diverse ricostruzioni completa la conoscenza di questi manufatti e delle strategie utilizzate per assicurare le lame e le punte a un manico con collanti costituiti da resine, bitume, grasso animale e argille. La guida mostra poi la ricostruzione del reperto più famoso della grotta, quello che viene chiamato lo sciamano. Con ogni probabilità, considerata la posizione in cui è stato rinvenuto, si tratta di una rappresentazione iconica realizzata sulla volta della grotta. Questo particolare si comprende meglio all’interno della grotta stessa che è un vero e proprio cantiere di lavoro con impalcature e teloni dove ciascuno strato è campionato e datato meticolosamente.
I cartelloni esposti all’interno della grotta comparano i cugini homo, le loro tecnologie, la fauna che li accompagnava. Ci soffermiamo in particolare sull’utilizzo delle penne remiganti come abbellimento, in uso tuttora in diverse civiltà di nativi. Gli studi al microscopio dei reperti ossei come l’ulna di diversi uccelli rapaci mettono in evidenza le tracce di avulsione delle penne stesse. Elemento più volte condiviso dalla guida e dai presenti è che le specie umane nella preistoria erano nomadi, migravano in cerca di ambienti favorevoli; l’aspetto e la complessione fisici erano strettamente legati al clima, non dimentichiamo che il Neanderthal ha vissuto a cavallo dell’ultima era glaciale chiamata Wurm, e la sua struttura che oggi definiamo tarchiata era funzionale a una minor dispersione del calore corporeo. La teca cranica aveva un volume maggiore della nostra, anche questo fattore garantiva una maggiore protezione dell’encefalo dal freddo. Gli studi attualmente danno per certo che i cugini hanno convissuto. Letizia afferma “hanno fatto l’amore ma non ci sono dati a conferma che abbiano fatto la guerra”. Certo è che nel nostro DNA abbiamo qualche filamento, eredità del Neanderthal. A noi piace pensare che il Sapiens non sia responsabile dell’estinzione del cugino del quale continuiamo a studiare le caratteristiche fisiche, l’ambiente di vita, la cultura.

Alberta Vittadello e Giuseppina Vittadello

Tutela dell’ambiente e degli animali nella Costituzione: la riforma è legge

Lo scorso 8 febbraio 2022 è stato votato definitivamente alla Camera dei deputati, col consenso trasversale di tutto l’arco parlamentare, il provvedimento che modifica l’art. 9 e l'art. 41 della nostra Costituzione. 


La tutela dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali, anche nell’interesse delle future generazioni, è entrato di diritto tra i principi fondamentali della nostra Repubblica. E' stato  modificato anche l’articolo 41: l'iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. 

Per approfondire, leggi:

* la pagina della Camera dei Deputati:
"ll progetto di legge costituzionale approvato con al maggioranza dei due terzi dei componenti (A.C. 3156)  interviene sugli articoli 9 e 41 della Costituzione al fine di introdurre la tutela dell'ambiente nelle loro previsioni. Il testo introduce un nuovo comma all'articolo 9 della Costituzione, al fine di riconoscere – nell'ambito dei principi fondamentali enunciati nella Costituzione – il principio di tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. Accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione, richiamato dal secondo comma dell'art. 9 Cost., si attribuisce alla Repubblica anche la tutela di tali aspetti. Viene inoltre inserito un principio di tutela degli animali, attraverso la previsione di una riserva di legge statale che ne disciplini le forme e i modi. È al contempo oggetto di modifica l'articolo 41 della Costituzione in materia di esercizio dell'iniziativa economica. In primo luogo, si interviene sul secondo comma stabilendo che l'iniziativa economica privata non possa svolgersi in danno alla salute e all'ambiente, premettendo questi due limiti a quelli già vigenti, ovvero la sicurezza, la libertà e la dignità umana. La seconda modifica investe, a sua volta, il terzo comma dell'articolo 41, riservando alla legge la possibilità di indirizzare e coordinare l'attività economica, pubblica e privata, a fini non solo sociali, ma anche ambientali…."continua

* Il pdf allegato

* Altalex (Altalex.com): Tutela dell’ambiente e degli animali nella Costituzione: la riforma è legge