Greta Thunberg

Greta Thunberg al Friday for Future di Roma: “La nostra battaglia durerà anni”

Migliaia di ragazzi provenienti da tutta Italia hanno partecipato al Friday for Future del 19 aprile. Ospite speciale dell’evento, la giovane attivista per il clima Greta Thunberg, che su di un “palco a pedali”, allestito per l’occasione, ha affermato con determinazione i motivi che l’hanno spinta a lottare per un futuro migliore.


Lo scorso 19 aprile migliaia di ragazzi provenienti da tutta Italia hanno preso parte all’ennesimo Friday for Future al quale ha partecipato – come annunciato nei giorni precedenti alla manifestazione – la giovane attivista per il clima Greta Thunberg. La giovane sedicenne svedese, il cui nome è di recente comparso nella consueta lista delle cento persone più influenti al mondo, stilata ogni anno dal Time, è salita su di un “palco a pedali” alimentato in parte grazie all’energia elettrica prodotta da 120 bici pedalate a turno dai presenti, ribadendo ciò per cui sta lottando dal 20 agosto 2018, il giorno in cui decise di protestare davanti al Parlamento svedese.

La Thunberg ha voluto sottolineare come l’obiettivo delle iniziative portate avanti in questi mesi non sia farsi dei selfie o ricevere complimenti e congratulazioni dai politici, bensì quello di ottenere da quegli stessi politici mutamenti concreti nelle politiche ambientali nazionali, da realizzare nel più breve tempo possibile in modo tale da mitigare, per quanto possibile, gli effetti devastanti del cambiamento climatico. “Quando viaggio, spesso incontro persone importanti. E quando mi parlano si congratulano tutti con me. Lo trovo molto strano. Onestamente non ho idea del perché lo facciano”, ha dichiarato la Thunberg durante il suo discorso. “Negli ultimi sei mesi milioni di studentesse e studenti in tutto il mondo – non da ultimo in Italia – hanno fatto sciopero per il clima – ha continuato – ma nulla è cambiato. Le emissioni sono ancora in aumento. E, ad essere onesti, non c’è alcun cambiamento in vista. Allora perché dovrebbero congratularsi con me?”.

I giovani che si sono radunati in Piazza del Popolo – 3500 secondo la questura, 25 mila secondo gli organizzatori – hanno esibito striscioni e cartelli con giochi di parole e slogan a sfondo climatico (Figura 1). Tra i cartelli maggiormente presenti tra i giovani manifestanti c’erano quelli che riportavano il monito lanciato dall’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) nel suo Special Report 15, pubblicato ad ottobre 2018, secondo il quale ci restano solamente 12 anni – ora diventati 11 – per salvare il Pianeta dalla catastrofe climatica. Infatti, stando al rapporto, citatissimo quando si parla di cambiamento climatico, se non si agirà tempestivamente, la temperatura globale raggiungere la soglia dei +1,5 °C – indicata dall’Accordo di Parigi come “soglia-limite” entro la quale contenere l’aumento della temperatura globale – già entro il 2030, superando i 3 °C di aumento entro la fine del secolo.

 

Figura 1. Friday for Future del 19 aprile in Piazza del Popolo, a Roma (foto: Andrea Campiotti)

 

Dall’aumento della temperatura globale all’inquinamento atmosferico, dallo scioglimento dei ghiacciai all’innalzamento del livello delle acque di mari e oceani, dalle ondate di calore (in estate) a quelle di gelo (in inverno) agli innumerevoli rischi per la salute umana, sono questi solo alcuni dei temi che preoccupano maggiormente i giovani di oggi, considerati l’ultima generazione (insieme con i loro genitori) che ha il dovere di cambiare passo. Quello che chiedono è di passare dalle parole ai fatti, portando avanti politiche di contrasto al cambiamento climatico più efficaci perché stiamo vivendo una vera e propria crisi climatica. “La nostra battaglia richiederà tempo. Non basteranno alcune settimane, non basteranno dei mesi, la nostra battaglia dovrà andare avanti per anni. Continueremo a combattere per un futuro e per un pianeta in salute”, ha affermato la Thunberg a conclusione del suo discorso. Nel frattempo, gli organizzatori dei Fridays for Future annunciano un nuovo “sciopero globale per il clima” per il 24 maggio, dopo l’enorme successo riscontrato in quello del 15 marzo, che ha coinvolto un milione e mezzo di giovani in oltre 120 paesi del mondo.


Foto d’intestazione: Andrea Campiotti (autore dell’articolo)

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I Millennials in marcia contro il cambiamento climatico

Lo scorso 15 marzo si è tenuto in oltre 120 paesi del mondo lo “Sciopero globale per il clima”. Centinaia di migliaia di giovani – secondo alcuni, milioni – hanno marciato per chiedere ai Capi di Stato e di governo di adottare misure più incisive di contrasto al cambiamento climatico. Quello che oggi appare come un movimento globale di giovani attivisti per il clima è nato lo scorso agosto dall’iniziativa della giovane studentessa svedese Greta Thunberg. 


Appoggiamo incondizionatamente i giovani che partecipano agli “scioperi per il clima” e critichiamo quanti li accusano di non comprendere la complessità del fenomeno del cambiamento climatico.

Slavoj Žižek, Auditorium Parco della Musica di Roma, 15 marzo 2019

 

Agosto 2018, un giorno come tanti, la studentessa svedese di quindici anni Greta Thunberg decide di non andare più a scuola e di protestare davanti al Parlamento, a Stoccolma, con un cartello con scritto Skolstrejk för klimatet (“Sciopero per il clima”). Da quel giorno, Greta decide che ogni venerdì farà la stessa cosa finché il suo Paese non darà risposte concrete sul fronte della lotta al cambiamento climatico (Figura 1). Passano alcune settimane e cresce l’attenzione dei media, dapprima quelli locali, ma poi, gradualmente, la storia della giovane Thunberg supera i confini della Svezia, finendo sui giornali di mezzo mondo. Da allora la giovane attivista è intervenuta alla ventiquattresima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP24), al World Economic Forum di Davos e alla sessione plenaria del Comitato economico e sociale dell’Unione europea, ispirando con i suoi discorsi centinaia di migliaia di ragazzi in tutto il mondo e invitandoli a seguire la strada da lei intrapresa.

 

Figura 1. Greta Thunberg manifesta davanti al Parlamento Svedese con un cartello con scritto “Sciopero per il clima”

 

E sembra che i giovani abbiano colto il messaggio. Lo scorso 15 marzo centinaia di migliaia di giovani – secondo alcuni, milioni – hanno marciato in oltre 120 paesi del mondo per chiedere ai Capi di Stato e di Governo di adottare misure più incisive nella lotta ai cambiamenti climatici. Il Global strike for future (“Sciopero globale per il clima”) arriva dopo mesi di manifestazioni, i Fridays for future (“Venerdì per il futuro”), organizzati ogni venerdì in diverse città del mondo sul modello dell’iniziativa lanciata dalla giovane Thunberg (Figura 2). Lo “Sciopero globale per il clima”, che ha toccato anche l’Italia, uno dei paesi europei con il maggior numero di manifestazioni registrate, vuole porre l’accento sulla necessità di agire contro gli effetti devastanti di un clima che muta sempre più rapidamente.

 

Figura 2. Mappa delle città che hanno aderito allo “Sciopero globale per il clima” del 15 marzo

 

Dall’aumento della temperatura globale all’inquinamento atmosferico, dallo scioglimento dei ghiacciai all’innalzamento del livello delle acque di mari e oceani, dalle ondate di calore (in estate) a quelle di gelo (in inverno) agli innumerevoli rischi per la salute umana, sono questi solo alcuni dei temi che preoccupano i giovani di oggi, considerati l’ultima generazione (insieme con i loro genitori) che ha il dovere di cambiare passo. A dirlo non sono (solo) loro, ma anche i principali rapporti pubblicati sul tema del cambiamento climatico, in primo luogo, l’ormai celebre – perché continuamente citato quando si parla di clima – Special Report 15 dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), pubblicato ad ottobre 2018, secondo il quale ci restano 12 anni per salvare il Pianeta dalla catastrofe climatica. Infatti, stando al rapporto, se non si agirà tempestivamente, la temperatura globale raggiungerà la soglia dei +1,5 °C – indicata dall’Accordo di Parigi come “soglia-limite” entro la quale contenere l’aumento della temperatura globale – già entro il 2030, superando i 3 °C di aumento entro la fine del secolo. Inoltre, a conferma di quanto dicono (e dimostrano) da tempo i ricercatori di tutto il mondo, il 2018 è stato il quarto anno più caldo da quando sono cominciate le registrazioni, ovvero dal 1850, e il 2019, secondo i primi dati, confermerà il trend negativo (Figura 3).

 

Figura 3. Le temperature dell’aria nel mese di febbraio 2019 rispetto alla media riscontrata per lo stesso mese nel periodo 1981-2010 (fonte: National Centers for Environmental Information)

 

Insomma, quello che chiedono i giovani attivisti per il clima è di passare dalle parole ai fatti, portando avanti politiche di contrasto al cambiamento climatico più efficaci perché stiamo vivendo una vera e propria crisi climatica. “Non sono io l’inizio di questo movimento. Era già lì e serviva solo una miccia per farlo accendere”, ha dichiarato Greta Thunberg parlando nel corso della manifestazione organizzata davanti al Parlamento svedese lo scorso 15 marzo. “Viviamo una crisi da decenni che è stata ignorata. Se non agiamo ora – ha aggiunto la Thunberg, che nel frattempo è stata candidata per il premio Nobel per la Pace – poi sarà troppo tardi”.


Nota:

La foto che compare come immagine d’intestazione dell’articolo è stata scattata da Andrea Campiotti (autore dell’articolo) durante la manifestazione organizzata a Roma.

Foto shutterstock

Nuovo report sulla plastica del WWF. 100 milioni di tonnellate l’anno disperse in natura

Un nuovo report WWF fotografa gli impatti e propone soluzioni con due parole chiave: responsabilità e rendicontazione. La richiesta nell’assemblea UNEA-4 in corso a Nairobi è di un trattato globale vincolante per fermare l’inquinamento marino da plastica.


La lotta all’inquinamento da plastica in natura non sarà risolutiva finchè non vi sarà l’impegno di tutti i settori coinvolti nel ciclo di vita della plastica. È l’ora di affrontare il problema con strumenti efficaci su scala internazionale perché il mare non ha confini: urge un Trattato globale vincolante con un approccio unitario e condiviso che punti sulla responsabilità e la rendicontazione. È in sintesi il messaggio del WWF che accompagna il lancio del nuovo report "Responsabilità e rendicontazione, le chiavi per risolvere l’inquinamento da plastica" pubblicato al livello globale dall’associazione  pochi giorni prima dell’Assemblea delle Nazioni Unite sull’Ambiente (UNEA-4) che si sta svolgendo a Nairobi (11 – 15 marzo 2019). Per appoggiare tale richiesta il WWF ha  lanciato anche una petizione a livello mondiale: oltre 250.000 cittadini del mondo hanno già chiesto l’adozione di un nuovo Trattato globale sulla plastica. La plastica non è un materiale intrinsecamente cattivo, è un’invenzione che ha cambiato il mondo, rivoluzionando i campi più diversi, dalla medicina ai trasporti alla tecnologia. La plastica è diventata cattiva per il modo in cui industrie e governi l’hanno gestita e perché ha stravolto i sistemi di consumo delle nostre società, acquisendo con l’usa e getta il primato della comodità. Questo ha trasformato la plastica nel disastro ambientale planetario che oggi conosciamo. Quasi la metà di tutta la plastica dispersa in natura è stata prodotta dopo il 2000. Dopo solo pochi decenni di vita  oltre il 75% di tutta la plastica prodotta nel mondo è già divenuta un rifiuto. Sulla base dei risultati di questo studio, il WWF sollecita i governi, le industrie e i cittadini ad affrontare con urgenza e con un approccio condiviso il problema della plastica. L'assenza di una risposta sistemica efficace – a livello nazionale o internazionale – ostacola il progresso, minaccia l’economia sostenibile e ha conseguenze dirette sull'ambiente, le specie e le persone. 

 

I numeri della plastica

I numeri sulla plastica sono impressionanti: 396 milioni le tonnellate di plastica vergine prodotte su scala globale ogni anno, circa 100 milioni di tonnellate (pari a un terzo dei rifiuti plastici prodotti, che ammontano a 310 milioni di tonnellate) quelle che vengono disperse in natura al mondo per colpa della scorretta gestione della filiera della plastica. Se il contesto rimarrà immutato, entro il 2030 l’inquinamento da plastica raddoppierà rispetto all'attuale e gli oceani saranno gli habitat più colpiti poiché oggi è più economico scaricare la plastica in natura piuttosto che gestirla efficacemente fino a fine vita.

 

Una natura #plasticfree

Lo scenario per una natura #plasticfree contenuto nel report WWF dimostra che la generazione attuale ha il potere di invertire la rotta: entro il 2030, con un approccio più sistemico lungo tutto il ciclo di vita della plastica, si potrebbe ridurre del 57% i rifiuti plastici (pari a 188 milioni di tonnellate di plastica in meno). Già il bando della plastica monouso può ridurre la domanda di plastica del 40%. Questo, unito ad una crescita di plastica riciclata, potrebbe abbattere della metà la produzione di plastica vergine.L’eliminazione del monouso ridurrebbe il carico di plastica nei rifiuti di il 57% in meno rispetto all’attuale. Inoltre, migliorare la gestione dei rifiuti e incrementare il riutilizzo creerebbe un’economia della plastica priva di forme di inquinamento capace di creare oltre 1 milione di posti di lavoro nella filiera del riciclo e rilavorazione.


Approfondimenti:

Fonte:

Agenzia di stampa WWF