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A Roma la Conferenza internazionale “Governance ambientale e città sostenibili”

La creazione di una governance ambientale per un mondo più sostenibile è stato il tema chiave della conferenza internazionale “Governance ambientale e città sostenibili”. Presentata la “Dichiarazione di  Roma 2018” per coinvolgere Organizzazioni internazionali, governi, amministratori locali e società civile nella difesa del Pianeta. A maggio, torna la Settimana verde europea, quest’anno, sul tema delle città sostenibili.


Una nuova governance ambientale

Si è conclusa sabato 21 aprile a Roma, presso il Campidoglio (sede del Comune) la seconda giornata conclusiva della Conferenza internazionale “Governance ambientale e città sostenibili”. Promossa da ICEF (International Court of the Environment Foundation) in collaborazione con il Comune di Roma Capitale e con il patrocinio del MAATM (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare), di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale), ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e Acea (Azienda Comunale Energia e Ambiente), la conferenza è stata organizzata con l’intento di porre l’attenzione sul tema della governance ambientale delle città. Un nuovo modello di governance in grado di coniugare il tema della conservazione e della protezione della natura, alleata dell’uomo nella lotta al cambiamento climatico, a quello della sostenibilità delle città. In un mondo sempre più globalizzato le città rappresentano della aree del Pianeta particolarmente sensibili ai mutamenti climatici (e non solo). Ai “tradizionali” problemi cronici che caratterizzano al vita dei cittadini – i romani ne sanno qualcosa – come i trasporti, l’inquinamento atmosferico, visivo e acustico, si aggiungono, infatti, anche quelli connessi ai servizi (accesso ad acqua, energia, spazi verdi sicuri e luoghi culturali). Com’è stato più volte ribadito nel corso della conferenza, per rispondere alle sfide ambientali, attuali e future, diviene urgente discutere delle città in un contesto più generale, globale. “Servono nuove regole dell’economia e della finanza – ha sottolineato Amedeo Postiglione, Direttore dell’ICEF e Presidente Onorario Aggiunto della Corte Suprema di Cassazione – più efficaci e in sintonia con nuovi organi internazionali di tipo esecutivo e giudiziario”. A questo proposito, l’ICEF propone la creazione di una Corte Internazionale dell’Ambiente e la trasformazione dell’UNEP (United Nations Environment Program) in un’Agenzia Onu permanente (UNEO – United Nations Environment Organization) e con maggiori poteri decisionali. 

 

Nasce la “Dichiarazione di Roma 2018”

Nel corso delle due giornate di conferenza, si è parlato, inoltre, delle sfide che attendono la città di Roma sui temi della sostenibilità ambientale ed energetica. In relazione alla governance ambientale e a conclusione della conferenza, è stata presentata la “Dichiarazione di Roma 2018”, un testo dal valore giuridico oltre che sociale, volto a favorire lo sviluppo (ulteriore) di un diritto internazionale in tema di ambiente, attraverso trattati che siano in grado di fissare principi chiave vincolanti, regolando con strumenti giuridici ed economici appropriati i beni comuni, in primis l’acqua, oggi fortemente minacciati a livello globale. In particolare, la Dichiarazione si focalizza su cinque punti chiave: clima, biodiversità, acqua, suolo e territorio, sostenibilità. Per quanto riguarda il primo punto (clima), si chiede di incidere con più forza sulle cause del cambiamento climatico, imponendo con un Trattato internazionale il divieto a data certa e condivisa agli Stati possessori e alle multinazionali di estrarre petrolio, gas e materie prime dal sottosuolo e dal mare. In merito al secondo punto (biodiversità), si sottolinea la necessità di elaborare un nuovo Trattato internazionale sulla protezione della biodiversità terrestre e marina. Per quanto riguarda il terzo punto (acqua), la Dichiarazione invita i Governi di tutto il mondo ad adottare, quanto prima, un nuovo Protocollo internazionale in sostituzione del già esistente “Patto sui diritti economici, sociali e culturali sull’acqua come diritto umano”. Sul quarto punto (suolo e territorio), si chiede che il territorio sia considerato una risorsa preziosa in tutte le sue componenti, naturali e culturali, con un’attenzione particolare ai Paesi in via di sviluppo (soprattutto quelli del Sud-Sahara e dell’Africa mediterranea), per i quali vanno riviste le politiche di cooperazione internazionale. Infine, per quanto riguarda il quinto e ultimo punto della Dichiarazione (sostenibilità), si chiede ai Governi la piena collaborazione alla costruzione di un’economia che assicuri la sostenibilità dell’ecosistema terrestre nel medio e lungo periodo. Per quanto riguarda poi la sostenibilità delle città, la Dichiarazione invita Governi e amministratori locali a considerare attentamente la sfida del cambiamento climatico e il suo enorme impatto in termini economici, sociali e umani. Propone, inoltre, di adottare misure a livello globale, oltre che locale, volte a ridurre le emissioni derivanti da trasporti, edifici e servizi. 

 

La Francia propone il Patto globale per l’ambiente

A questo proposito, lo scorso 19 marzo il Consiglio dell’Unione europea ha autorizzato la Commissione a negoziare in sede Onu il futuro Patto globale per l’ambiente (Global Pact for the Environment) a nome dell’Unione europea. Il Patto, se entrasse in vigore, unirebbe in un unico documento i principi fondamentali del diritto internazionale dell’ambiente, rendendoli vincolanti e applicabili dinanzi ai tribunali nazionali. Inoltre, trasformerebbe le principali disposizioni delle convenzioni giuridicamente vincolanti a livello universale, aggiungendo nuovi principi come la non regressione, la resilienza e il dovere di diligenza nei confronti dell’ambiente.

Il progetto, al quale partecipano cento giuristi di fama internazionale provenienti da vari paesi del mondo, è stato proposto per la prima volta dal Governo francese all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2017. Il Patto globale per l’ambiente consentirà di proseguire negli sforzi globali indirizzati alla protezione dell'ambiente. L’ambiente è una causa che unisce tutti gli stati Membri dell’Unione Europea e il Patto Globale per l’Ambiente contribuirà allo sviluppo e al rispetto legale delle politiche e delle leggi europee sull'ambiente” ha dichiarato Karmenu Vella, Commissario europeo per l’ambiente, gli affari marittimi e la pesca.

Gli argomenti del Global Forum anticipano di alcune settimane quelli della Settimana verde europea 2018, la più grande conferenza annuale sull’ambiente a livello europeo, che si svolgerà a Bruxelles tra il 21e il 25 maggio (Figura 1).

 

Figura 1. Eu Green Week – “Green Cities for a Greener Future” 

 

Il tema di quest’anno è  Green Cities for a Greener Future. Si discuterà  delle modalità con cui l’Unione Europea sta aiutando le città ad essere luoghi di vita e di lavoro più sostenibili e vicini alle persone. Verranno promosse forme di coinvolgimento della autorità nazionali e locali tese a sviluppare una visione condivisa dell’ambiente urbano e dei potenziali percorsi verso un futuro più green.


Nota:

La foto che compare come immagine d'intestazione dell'articolo è stata scattata da Andrea Campiotti (autore dell'articolo) durante la conferenza presso l'Aula Giulio Cesare del Campidoglio, a Roma.

Progetto Glori

Sicurezza idro-geologica. Il progetto GLORI studia l’effetto dei cambiamenti climatici sui bacini fluviali alpini

Col mutare del clima cambia anche il volto dell’ambiente alpino. Lo scioglimento dei ghiacciai aumenta la quantità di sedimento trasportata dai fiumi di montagna. Il gruppo di ricerca guidato dal prof. Francesco Comiti di unibz sfrutta l’analisi isotopica per prevedere l’evoluzione dei corsi d’acqua e prevenire possibili eventi alluvionali.


Una delle aree di ricerca privilegiate dalla Facoltà di Scienze e Tecnologie dell'università di Bolzano riguarda le dinamiche dei bacini fluviali e la mitigazione del rischio idro-geologico. Francesco Comiti, professore di Gestione dei rischi naturali e dei corsi d’acqua montani alla Facoltà di Scienze e Tecnologie, è alla testa del gruppo di ricerca su questa tematica. Il progettosi svolge in collaborazione con le Università di Trento e Innsbruck.  GLORI, che è l’acronimo di Glaciers-To-Rivers Sediment Transfer In Alpine Basins  (Trasferimento di sedimento dai ghiacciai ai fiumi nei bacini alpini), è  finanziato dalla Provincia Autonoma di Bolzano. Iniziato un anno fa circa, esamina i cambiamenti che stanno interessando il bacino del Rio Solda, un torrente di montagna che nasce dai ghiacciai dell’Ortles, e del Rio Saldura, che si origina dalla Palla Bianca, entrambi in Alto Adige.

L’obiettivo di GLORI è la previsione dei probabili cambiamenti dei corsi d’acqua legati allo scioglimento dei ghiacciai alpini. Si tratta di un lavoro molto complicato che prevede anche l’implementazione di modelli fisico-matematici, e che richiede competenze molto diversificate. Il gruppo di ricerca di Bolzano si occupa di misurare quantità e tipologia dei sedimenti trasportati dai due corsi d’acqua. L’Institute of Atmospheric and Cryospheric Sciences dell’Università di Innsbruck ha invece l’incarico di monitorare i cambiamenti dei ghiacciai nel tempo e di valutarne lo spessore attuale, tramite l’utilizzo del georadar. Il dipartimento di Ingegneria civile dell’Università di Trento, infine, coi dati forniti da Innsbruck e unibz, deve realizzare la modellazione fisica e matematica per comprendere tempi e modalità di trasferimento del sedimento e come questo materiale vada ad influenzare la morfologia dell’alveo.

Analisi isotopica dell’acqua e geofoni: l’innovazione di unibz

I ricercatori di unibz hanno messo a punto una nuova metodologia che permette di comprendere meglio il trasferimento dei sedimenti dal bacino al corso d’acqua. Mediante i geofoni, piccoli sensori sismici, e l’analisi isotopica dell’acqua possono stabilire l’intensità di trasporto dei ciottoli e l’origine dei sedimenti. “Alla bocca del ghiacciaio abbiamo istallato i geofoni, mini-sismometri che registrano le vibrazioni del terreno indotte dal passaggio di ghiaia e ciottoli, che ci permettono di monitorare in continuo il trasporto solido”, spiega Comiti, “assieme a questo tipo di misurazione, ci avvaliamo di traccianti isotopici che ci forniscono informazioni importanti sull’origine dell’acqua che trasporta i sedimenti stessi”.

I risvolti pratici dello studio

Il 2017 è stato un anno particolarmente caldo. A causa dell’innalzamento delle temperature, i ricercatori di GLORI hanno osservato un forte scioglimento dei ghiacciai e un massiccio aumento del trasporto solido alla loro bocca. La crescita del trasporto di sedimenti può comportare cambiamenti importanti nei tratti fluviali a valle. Dice Comiti che questi cambiamenti morfologici possono determinare modifiche sia all’ecosistema fluviale che all’entità del rischio idraulico della popolazione che vive vicino ai corsi d’acqua. In alcuni tratti del fiume la maggior quantità di ghiaia e ciottoli trasportati dalla corrente può provocare un innalzamento dell’alveo aumentando quindi la probabilità di alluvioni nel prossimo futuro. In Svizzera, ad esempio, sono già state riscontrate evidenze di un aumento di quota dell’alveo in alcuni fiumi,. “La percentuale di deflusso di origine glaciale è strettamente correlata alla quantità del trasporto solido”, conclude Francesco Comiti. “Modellare gli scenari futuri ci permetterà di capire l’evoluzione dei torrenti e dei fiumi a seguito dello scioglimento dei ghiacciai, e quindi dove il pericolo di alluvionamenti potrebbe aumentare. Con sistemi di monitoraggio e di previsione più efficaci possiamo contribuire a ridurre il rischio idraulico nelle valli alpine”.

Il video
 

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Acqua: una persona su nove nel mondo non vi ha accesso

Oggi, 22 marzo, si celebra la “Giornata Mondiale dell’Acqua”. Le Nazioni Unite lanciano l’allarme: entro il 2030, a causa cambiamento climatico, quasi una persona su due vivrà in aree ad alto stress idrico.


In corso a Brasilia l’ottava edizione del World Water Forum

«Laudato si, mi Signore, per sor’Acqua, la quale è multo utile et humile et preziosa et casta», con queste parole, nel “Cantico delle Creature” (composto intorno al 1226), San Francesco d’Assisi lodava il Signore per questo bene così prezioso.

Secondo il Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2018”, presentato in questi giorni all’8th World Water Forum, in corso a Brasilia dal 16 al 22 marzo, la scarsità di acqua e il suo uso incontrollato rappresentano uno dei grandi problemi del nostro tempo, al quale il genere umano dovrà trovare una soluzione, a meno che non voglia andare incontro al collasso. Il Rapporto sottolinea che, a causa del cambiamento climatico, entro il 2030, quasi la metà della popolazione mondiale vivrà in aree ad alto stress idrico. L’Africa, ad esempio, conterà tra i 75 e i 200 milioni di persone sottoposte a tale stress. Già oggi, secondo l’OCSE, il 40% della popolazione mondiale vive in bacini idrografici soggetti a stress idrico (Figura 2). Inoltre, la domanda globale di acqua aumenterà del 55% entro il 2050, raggiungendo i 5500-6000 km3 all’anno (oggi ha raggiunto all’incirca i 4600 km3). Ciò comporterà un aumento vertiginoso dell’utilizzo di acque sotterranee per uso agricolo, che oggi rappresentano il 67% del totale dei prelievi a livello globale (Burek et al.,2016).

La scarsità di acqua dolce rappresenta poi un’altra grande sfida da vincere a livello globale nei prossimi anni. L’acqua presente sul nostro pianeta occupa circa un miliardo e mezzo di chilometri cubi. Tuttavia, solo il 3% di essa è considerata dolce o potabile mentre il rimanente 97% è costituito da acqua non potabile. Tenendo conto che l’acqua dolce è presente soprattutto come acqua sotterranea o immagazzinata nei ghiacciai e nelle calotte polari (2,5%), la percentuale di quella realmente disponibile scende allo 0,5% (Figura 1).

 

Figura 1. Ripartizione dell'acqua nel mondo. Fonte: World Business Council for Sustainable Development

 

Nonostante i dati allarmanti, il consumo di acqua è in continua crescita nei paesi sviluppati, dove mediamente raggiunge i 300 litri di acqua al giorno (in Italia, 245 litri al giorno, dati ISTAT 2017), mentre in molti paesi in via di sviluppo, soprattutto in diverse zone dell’Africa, il consumo medio giornaliero è spesso inferiore a 10 litri pro-capite. A questo proposito, le principali Agenzie del mondo raccomandano un minimo giornaliero di almeno 20 litri di acqua pro-capite per i bisogni essenziali (cucinare il cibo e/o per lavarsi) e per mantenere un livello di vita dignitoso. 

 

Figura 2. Prelievi di acqua dolce nel mondo. Fonte: Rapporto FAO, 2016

 

Cosa ci dicono FAO e OCSE

La FAO considera che un paese sia water stressed quando il prelievo di acqua dolce è superiore al 25% della risorsa di acqua dolce rinnovabile; water scarcity quando il prelievo di acqua dolce supera il 75%. L’Organizzazione stima, inoltre, che il 40% della popolazione mondiale vive in aree rurali con bacini fluviali classificati come water scarce.  Da tempo la FAO raccomanda la promozione di metodi innovativi per l'agricoltura e la produzione alimentare in generale, al fine di efficientare l’uso di acqua. Un altro aspetto importante è quello delle acque reflue generate dai settori dell’industria, dell’agricoltura, delle costruzioni e anche della vita quotidiana di milioni di persone. Si calcola che, a livello globale, oltre l’80% delle acque reflue si riversi nell’ecosistema invece di essere reimmesso in circolo e riutilizzato. Si potrebbe evitare tale spreco, ad esempio, trattando e utilizzando le acque reflue dalla nostre abitazioni per il verde urbano e nei sistemi di raffreddamento e di irrigazione delle coltivazioni non-alimentari. Il ricorso a pratiche di gestione nelle aziende agricole,che mirano all’obiettivo acqua verde” (acqua proveniente da precipitazioni e stoccata nella zona radicale del suolo e quindi oggettodi evaporazione, traspirazione o assorbimento da parte delle piante), potrebbe migliorare significativamente la disponibilità di acqua per la produzione delle colture agricole (waterfootprint.org/en/water-footprint/what-is-water-footprint/).

Secondo l’OCSE, sarà indispensabile dotarsi di “politiche pubbliche solide e soprattutto di una governance delle risorse idriche” per vincere la sfida, presente e futura, dei risparmi e dei consumi di acqua, sia nei paesi del Nord del mondo che in quelli del Sud. A tal proposito, l’OCSE ha sviluppato uno strumento, l’”OECD Multi-level Governance Framework: Mind the Gaps, Bridge the Gaps” ("Quadro della governance multilivello dell'OCSE: prendere coscienza delle lacune e colmare i divari"), che potràaiutare idecisoripolitici adidentificare e risolvere le sfide di governance a livello globale (Figura 3).

 

Figura 3.OECD Multi-level Governance Framework: Mind the Gaps, Bridge the Gaps

 

La proposta dell’OCSE è stata integrata e rafforzata con quella lanciata dalle Nazioni Unite durante il World Water Forum, in corso a Brasilia. Si tratta di una strategia sostenibile che mette al centro “soluzioni verdi” per raggiungere l’obiettivo di migliorare la gestione dell’acqua per conseguire la sicurezza idrica e la costruzione di un futuro migliore, più prospero, più sicuro e piùgiusto per tutti.


Fonti per approfondire:

  • Burek et al., 2016. Water Futures and Solution Fast Track Initiative (Final Report). Pure.iiasa.ac.at/id/eprint/13008/;
  • FAO, 2017. “The future of food and agriculture-Trends and challenges”;
  • FAO-IPCC. Expert meeting on climate change, land use and food. Rome, Italy, 23-25 January 2017;
  • Principi dell’OCSE sulla Governance dell’Acqua. 2015;
  • "Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche”, 2018.