Prinicipale

Approvata la Strategia europea per il riciclo della plastica. Entro il 2030 il 100% degli imballaggi di plastica sarà riciclabile

La Commissione Europea lancia la prima Strategia europea per il riciclo della plastica: entro il 2030 il 100% degli imballaggi di plastica sarà riciclabile. Da gennaio la Cina sospende l’importazione di rifiuti plastici dall’Europa. Commenti sostanzialmente positivi da parte delle Ong (Organizzazioni non governative). WWF: “Bisogna agire prima del 2030”.


Una strategia comune per il riciclo della plastica

L’Unione europea “dichiara guerra” alla plastica. Il 16 gennaio scorso la Commissione europea ha approvato la prima Strategia europea per il riciclo della plasticaLa nuova Strategia, prevista dal Pacchetto europeo sull’economia circolare (approvato ad aprile 2017), prevede di riciclare e rendere riutilizzabili tutti gli imballaggi di plastica presenti sul mercato europeo entro il 2030, di ridurre l’utilizzo di sacchetti di plastica monouso e limitare l'uso intenzionale di microplastiche. Secondo la Commissione Europea, ogni anno in Europa si generano oltre 25 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui meno del 30% viene avviato al riciclo, il 39% viene incenerito e il restante 31% smaltito nelle discariche. A questo proposito, la Commissione europea sottolinea che la produzione di plastica e l’incenerimento dei rifiuti plastici sono responsabili, a livello globale, dell’emissione di oltre 400 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno. Grandi quantità di rifiuti plastici finiscono poi negli oceani e nei mari di tutto il mondo, provocando considerevoli danni agli ecosistemi. A tal proposito, la nota rivista internazionale Science riporta che ogni anno vengono gettati negli oceani circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui solo 8 mila tonnellate vengono recuperate da associazioni e gruppi di volontari.  Ciò comporta gravi conseguenze per gli organismi marini che, mangiando per errore le microplastiche (granuli, fibre e frammenti delle dimensioni di meno di 5 mm di diametro), che si generano a causa della degradazione della plastica, si procurano ferite e/o malattie. In particolare, lo studio pubblicato su Science dal gruppo di ricerca diretto da Joleah Lamb, ricercatrice della Cornell University di Ithaca (USA), stima che ci siano nelle acque mondiali almeno 11,1 miliardi di oggetti di plastica che rappresentano un pericolo per i 124.000 coralli (Figura 1) che costituiscono le 159 barriere coralline presenti in alcuni dei paesi della regione asiatica (Asia-Pacific region), bagnati dall’oceano Pacifico: Myanmar, Tailandia, Indonesia, Australia. Il gruppo di ricerca della Cornell University, inoltre, stima che la quantità di inquinanti di plastica sulla barriera corallina aumenterà di altri 15 miliardi entro il 2025.                            

 

Figura 1. Coralli inquinati da residui plastici

 

Il documento ufficiale, che illustra la nuova strategia da mettere in atto contro il consumo indiscriminato di plastica, riporta che ogni anno finiscono nelle acque di tutto il mondo tra 5 e 13 milioni di tonnellate di plastica, rispettivamente l’1,5% e il 4% della produzione mondiale di plastica (nella sola Unione Europea tra le 150 e le 500 mila tonnellate). Tra queste una quantità compresa tra le 75 e le 300 mila tonnellate è rappresentata da microplastiche. Dati allarmanti questi, ai quali l’Unione europea ha deciso di rispondere concretamente lanciando una Strategia a lungo termine – al 2030 – che promuova politiche comuni volte alla protezione dell’ambiente dall’inquinamento da plastica e spinga verso la crescita e l’innovazione dell’industria della plastica, settore che occupa oggi 1,5 milioni di lavoratori in Europa (dati della Commissione europea).

 

La nuova strategia nel dettaglio

La nuova Strategia europea per il riciclo della plastica cambierà la progettazione, la realizzazione, l'uso e il riciclo dei prodotti nei paesi dell’Unione europea. I principali obiettivi della Strategia sono:

  • Rendere redditizio il riciclaggio per le imprese. Verrà sviluppato un sistema di raccolta differenziata e di smistamento dei rifiuti comune in tutti i paesi membri dell’Ue. In questo modo sarà possibile risparmiare circa un centinaio di euro per tonnellata di rifiuti plastici raccolti e si creerà valore aggiunto per un'industria delle materie plastiche più competitiva e resiliente;
  • Ridurre i rifiuti plastici. La normativa europea ha già favorito una significativa riduzione dell'uso di sacchetti di plastica in diversi Stati membri. I nuovi piani si concentreranno ora su altri prodotti di plastica monouso e attrezzi da pesca. Per questo, saranno sostenute campagne di sensibilizzazione nazionali e definite nuove norme di applicazione che saranno proposte a livello di Ue nel 2018;
  • Un’etichettatura comune per le plastiche biodegradabili e compostabili. La Commissione europea adotterà nuove misure volte a limitare l’uso delle microplastiche;
  • Combattere la dispersione di rifiuti in mare. Ci saranno nuove disposizioni relative agli impianti portuali di raccolta dei rifiuti plastici intese a garantire che i rifiuti generati a bordo di imbarcazioni o raccolti in mare non siano abbandonati, ma riportati a terra e lì adeguatamente gestiti. Sono inoltre previste misure volte a ridurre l'onere amministrativo che grava sui porti, le navi e le autorità competenti;
  • Maggiori investimenti in innovazione tecnologica. Sono previsti 100 milioni di euro di finanziamenti ulteriori per lo sviluppo di materiali plastici più facilmente avviabili al riciclo. I processi di riciclaggio saranno resi più efficienti e sarà più facile tracciare e rimuovere le sostanze pericolose e i contaminanti dalle materie plastiche riciclate;
  • Stimolare il cambiamento in tutto il mondo. Oltre a fare la propria parte, l'Unione europea lavorerà con i suoi partner in tutto il mondo per proporre soluzioni globali e sviluppare standard internazionali.

 

La Cina sospende l’importazione di rifiuti dall’Europa

Secondo dati delle Nazioni Unite, nel 2016 la Cina e la regione amministrativa speciale di Hong Kong hanno importato da Europa, Stati Uniti e Giappone circa 10,3 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, pari al 70% dei rifiuti (plastici) raccolti e selezionati in tutto il mondo. Il mercato dell’import dei rifiuti in Cina valeva nel 2016 circa 21,6 miliardi di dollari (4,6 miliardi nella sola Hong Kong). Nel 2017 il Governo cinese aveva notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) che da gennaio 2018 avrebbe imposto divieti all’importazione di 24 tipologie di materiali riciclabili, raggruppabili  in quattro categorie: plastica, carta straccia, rifiuti tessili e scorie di alcuni minerali. La recente misura è in linea con nuovi piani annunciati dal Governo cinese per proteggere l’ambiente dai rifiuti sporchi o contenenti sostanze inquinanti e pericolose, che spesso giungono nei porti del Paese. In una nota ufficiale, pubblicata nei giorni scorsi, il Governo di Pechino ha inoltre annunciato che da marzo saranno intensificati i controlli sulla qualità dei rifiuti importati dall’estero.

La recente chiusura delle “frontiere” cinesi all’importazione dei rifiuti prodotti in Europa avrà effetti significativi sull’industria europea del riciclaggio. Finora, solo il 15% della plastica made in Ue riciclata rimaneva all’interno dei confini europei, mentre l’85% veniva inviato in Cina per essere trattato. L’importazione di rifiuti plastici verso la Cina è incominciato a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, quando il Paese ha iniziato a importare rifiuti solidi dall’estero per alleviare la carenza di alcune materie prime. Nel corso degli anni si sono sviluppate nel Paese grandi aree di lavorazione e smaltimento dei rifiuti, ubicati soprattutto nelle provincie di Canton, Zhejiang e Shandong, aree costiere e principali porti cinesi. Tuttavia, il mercato dell’import di rifiuti destinati al riciclo è cresciuto notevolmente, in concomitanza con una maggior produzione di plastica a livello globale, e la Cina è diventata la prima destinazione di spazzatura per altri paesi (Figura 2). La recente decisione  del Governo cinese potrebbe però cambiare presto le cose e giocare un ruolo chiave nell'indirizzo della politica industriale globale.

 

Figura 2. Discarica a Nanjing (“Nanchino”), una delle più importanti città del Paese, considerata il secondo polo commerciale della Cina orientale dopo Shanghai

 

L’Unione europea fissa nuovi obiettivi

La nuova stretta sull’importazione dei rifiuti da parte della Cina preoccupa in particolare l’Unione europea che adesso dovrà mettere in campo nuove misure per il riciclo e il riutilizzo dei prodotti, in particolare, dei prodotti di plastica. In questa direzione, l’Unione europea ha già approvato il Pacchetto Ue sull’economia circolare ad aprile 2017 e ha annunciato ora, oltre alla Strategia comune per il riciclo della plastica, anche una serie di obiettivi da aggiungere agli impegni presi precedentemente. Tra questi, gli obiettivi principali sono:

  • La nuova Direttiva relativa agli impianti portuali di raccolta che sarà ora sottoposta al Parlamento europeo e al Consiglio per l'adozione;
  • In linea con quanto disposto dalla comunicazione "Legiferare meglio", la Commissione presenterà la proposta in materia di prodotti di plastica monouso nel corso del 2018;
  • I portatori di interessi hanno tempo fino al 12 febbraio 2018 per apportare il proprio contributo alla consultazione pubblica in corso;
  • La Commissione europea intende avviare la revisione della direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggi ed elaborare orientamenti per la raccolta differenziata e lo smistamento dei rifiuti affinché siano pronti nel 2019.

 

I commenti delle Ong. WWF: “Bisogna agire prima del 2030”

La nuova Strategia annunciata nei giorni scorsi dalla Commissione europea è stata accolta da commenti sostanzialmente positivi da parte delle associazioni ambientaliste di tutto il mondo. Tuttavia, pochi giorni fa il WWF, in un comunicato stampa, ha sottolineato: «l’orizzonte del 2030 appare un po’ troppo lontano rispetto all’effettiva emergenza che la plastica sta assumendo, giorno dopo giorno». Dagli anni ’50 del Novecento ad oggi, fa sapere l’Organizzazione, con la maggior diffusione dell’uso della plastica in tutto il mondo, abbiamo prodotto 8,3 miliardi di tonnellate di plastica, di cui abbiamo gettato in natura almeno 6,3 miliardi. Dati estremamente preoccupanti e sui quali il WWF invita i governi di tutto il mondo ad intervenire con urgenza.  «Il mondo non può continuare con il modello di spreco attuale», si legge invece in un comunicato stampa di Greenpeace, «basato sulla crescita indefinita in un mondo finito. E invece di trovare nuovi posti dove spedire la spazzatura, governi e industria dovrebbero trovare un modo più semplice per ridurne la quantità». Commenti a parte, è giunto il momento che industria, politica e società civile facciano uno sforzo collettivo nell’adozione di modelli economici più sostenibili basati sul riciclo dei prodotti e sull’economia circolare.


Fonti per approfondire:

  • Lamb et al. Plastic waste associated with disease on coral reefs. Science 359, 460–462 (2018) 26 January 2018.

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Al via da quest’anno il Bonus Verde per la riqualificazione di case e condomini

Il verde nelle città riduce i consumi energetici e migliora il comfort microclimatico degli edifici. Al via il Bonus Verde per il 2018: riconosciuta detrazione Irpef pari al 36% per interventi di “sistemazione a verde”.


I vantaggi delle “infrastrutture verdi”

Le “infrastrutture verdi” orizzontali (tetti verdi – green roofs) e verticali (pareti verdi – green walls) rappresentano degli eco-sistemi naturali realizzati con essenze vegetali adattabili su terrazzi, balconi e facciate di parti strutturali di edifici. Si realizzano attraverso substrati naturali oppure direttamente su terriccio e mantenute con sistemi di fertirrigazione automatica o manuale. Pareti e tetti verdi (green roofs and walls) mitigano le interazioni energetiche che l’edificio ha con l’ambiente esterno, migliorando le condizioni di comfort microclimatico per gli spazi esterni e interni. Nei periodi estivi, pareti e tetti verdi limitano i picchi di temperatura estivi grazie all'evapotraspirazione delle piante e alla riduzione dell'irraggiamento solare diretto e, allo stesso tempo, consentono di mitigare gli effetti fisici delle cosiddette isole di calore (Urban Heat Island – UHI) nei centri cittadini caratterizzati da traffico intenso (Figura 1). Le UHI causano un picco del carico elettrico del 3-8% per ogni grado centigrado di incremento della temperatura estiva.  

 

Figura 1. Effetti fisici delle Urban Heat Islands (UHI)

 

Le “infrastrutture verdi” migliorano l’efficienza energetica degli edifici

Attraverso l’impiego di sistemi vegetali si hanno poi vantaggi in termini di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. L’adattamento di coperture vegetali sugli edifici riduce la radiazione solare incidente e di conseguenza i consumi di energia elettrica per il condizionamento. I vantaggi in termini di miglioramento dell’efficienza energetica sono mediamente compresi nell’ordine del 3-10% nei periodi invernali (riduzione di energia per il riscaldamento) e tra l'8 e il 15% nei periodi estivi (riduzione di energia per il raffrescamento) rispetto ai costi annuali della climatizzazione microclimatica. Grazie al fenomeno dell’evapotraspirazione, inoltre, le piante rilasciano acqua sotto forma di vapore consumando una grande quantità di energia termica. Considerando che nel passaggio di stato – da liquido a vapore – per ogni grammo di vapore occorrono circa 700 kWh, che altrimenti sarebbero assorbiti dagli edifici e rilasciati come calore, i vantaggi in termini energetici sono notevoli.

La quantità di radiazione intercettata dalla coltre vegetale si misura con il parametro LAI – Leaf Area Index – Indice di Area Fogliare espresso in percentuale di radiazione intercettata (o trasmessa) nelle diverse fasi stagionali (Figura 2). Il valore del LAI uguale a 0 corrisponde al suolo nudo, mentre valori del LAI superiori indicano le diverse densità fogliari. 

 

Figura 2.  Parametro LAI – Leaf Area Index – Indice di Area Fogliare (fonte: ENEA RAEE 2017)

 

Gli obiettivi europei

Nell’Unione Europea il 40% dell'energia per il riscaldamento e il raffreddamento viene usata nel settore residenziale, il 37% nell’industria e il 18% nei servizi. L’Unione Europea stima la richiesta di energia elettrica, per il condizionamento climatico dell’aria per il 100% degli edifici utilizzati per scopi civili e commerciali (case, negozi, uffici) in 60 Mtep al 2020 per servizi localizzati sia in aree rurali che in aree urbane.

Di seguito, sono indicati alcuni tra i riferimenti istituzionali per migliorare l’efficienza energetica degli edifici:

  • Direttiva 2002/91/CE sulle prestazioni energetiche degli edifici (Energy performance of Building Directive). Prevede l’estensione della valutazione delle prestazioni energetiche di un edificio anche al regime estivo come evidenziato dalla sostituzione del concetto di “prestazione termica invernale” con quello più ampio di “prestazione energetica globale”;
  • Direttiva 2010/31/UE. Prevede che gli edifici costruiti dopo il 31 dicembre 2020 dovranno essere ad energia “quasi zero”;
  • Direttiva 2012/27/UE.Entrata in vigore in Italia con il decreto ministeriale d.c. 102/2014, prevede che gli Stati dovranno elaborare una strategia per favorire la ristrutturazione degli edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati. Le pubbliche amministrazioni già dal 2018 dovranno attenersi alla costruzione di edifici ad energia “quasi zero”;
  • COM (2013) 249 final – “Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa”. Sottolinea l’importanza per il settore dell’edilizia di soluzioni basate sulle infrastrutture verdi come giardini pensili e muri verdi. Queste “infrastrutture verdi” possono contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, consentendo di risparmiare energia per il riscaldamento e il raffreddamento con diversi altri vantaggi, come una migliore ritenzione idrica e purificazione dell’aria e una maggiore biodiversità;
  • Strategia Energetica Nazionale (SEN). Prevede lo sviluppo diprogetti che integrino ambiente, clima, energia e un Piano di ampio respiro incentrato sull'efficienza energetica. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, si prevede di tagliare le emissioni del 39% al 2030 e del 63% al 2050, rispetto ai livelli del 1999 (circa 520 milioni di tonnellate di CO2 equivalente).

In questo contesto, il verde ha assunto sempre maggiore importanza come elemento funzionale nella riqualificazione degli edifici. Il verde, quando applicato all’involucro edilizio, migliora gli aspetti visivi dell’edificio e soprattutto non necessita di ulteriori spazi dedicati che potrebbero sottrarre ulteriore superficie edificabile.

La numerosa bibliografia scientifica sull’applicazione del verde sugli edifici riporta i seguenti dati per quanto riguarda l’applicazione delle coperture vegetali sugli edifici nelle città:

  • roofs (tetti) rappresentano il 20% della superficie nelle città;
  • Un green roofs può assorbire fino al 50% dell’acqua piovana;
  • 25 m2di superficie fogliare generano O2per una persona;
  • 1 mdi superficie verde elimina 0,2 kg di particolato in aria.

 

Al via il Bonus Verde per il 2018

La Legge di Bilancio 2018 riconosce una detrazione Irpef pari al 36% per spese sostenute per interventi di “sistemazione a verde” (Figura 3) di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari singole o condomini, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e costruzione di pozzi, e realizzazioni di coperture a verde e giardini pensili. Tra le spese incentivabili rientrano anche quelle relative a “progettazione e manutenzione” dei lavori. La detrazione si applica su un importo massimo di spesa di 5.000 euro per unità immobiliare, sostenuta ed effettivamente rimasta a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale vengono effettuati gli interventi verdi.

Le regole per usufruire del Bonus Verde sono le seguenti:

  • Sono riconosciute le spese sostenute dai contribuenti che detengono l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi riguardanti aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e di pozzi sia privati che condominiali;
  • È  riconosciuta la detrazione anche per le spese relative ad interventi su parti comuni esterne di edifici condominiali fino ad un massimo di euro 5.000 per unità abitativa. In questo caso, la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che la stessa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • Per usufruire della detrazione, ripartita in dieci quote annuali di pari importo, le spese devono essere effettuate con mezzi di pagamento tracciabili;
  • Sono ricomprese nell'agevolazione le spese di progettazione e manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi indicati.

 

Figura 3. Tipologia di edificio verde (foto: Andrea Campiotti)     


Nota:

L'immagine d'intestazione dell'articolo mostra il "Vertical Garden" realizzato al biologo francese Patrick Blanc a Parigi, presso il Museo Quai Branly. La foto è stata scattata da Andrea Campiotti (autore dell'articolo).

rifiuti principale

L’Italia è tra le eccellenze europee nella gestione dei rifiuti

L’Italia si conferma tra i paesi più virtuosi a livello europeo nella gestione dei rifiuti, con il 79% dei rifiuti raccolto ogni anno. Prima la Germania. Seguono Italia, Francia e Gran Bretagna. Presentato a Roma il rapporto “L’Italia del Riciclo 2017” realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dal FISE-Unire. Resta ancora elevata la quantità di rifiuti pro-capite prodotta dai cittadini nelle principali città italiane.


“L’Italia del Riciclo 2017”

La quantità di rifiuti destinata al recupero è più che raddoppiata dal 1999 al 2015, passando da circa 29 a 64 milioni di tonnellate, mentre l’avvio a smaltimento si è drasticamente ridotto da 35 a 18 milioni di tonnellate. Nel complesso, l’Italia si conferma tra i paesi più virtuosi a livello europeo, subito dopo la Germania, con il 79% di rifiuti raccolto ogni anno, seguita da Francia e Gran  Bretagna. Questo è quanto emerge dal rapporto “L’Italia del Riciclo 2017”, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da FISE Unire (Unione Nazionale Imprese Recupero) e presentato a Roma lo scorso 14 dicembre (Figura 1). Secondo il rapporto, nel 2016, sono stati avviati a riciclo 8,4 milioni di tonnellate di imballaggi, il 3% in più rispetto al 2015. I dati migliori sono stati riscontrati nelle filiere di alluminio, acciaio e legno. Sono rimasti stabili invece quelli relativi alla carta (80%) e all’acciaio (77,5%). Per quanto riguarda i rifiuti organici, che rappresentano la parte principale dei rifiuti che vengono riciclati, è stato registrato un aumento di percentuale: dal 40% del 2011 si è passati al 41,2% nel 2016, raggiungendo i 107,6 kg per abitante.

 

Figura 1. Roma, 14 dicembre 2017, presentazione del rapporto “L’Italia del Riciclo 2017” (foto: Andrea Campiotti)

 

Tuttavia, la quantità di rifiuti pro-capite prodotti nelle maggiori città italiane (Roma, Milano, Napoli e Palermo) risulta essere ancora tra le più elevate in Europa (oltre 500 kg per abitante), circa il 40% in più rispetto a Praga e Madrid e il 25% in più rispetto a  Berlino. La figura 2 mostra la quantità di rifiuti prodotti in Italia (t/a) secondo il “Rapporto Rifiuti Urbani 2017” dell’ISPRA. 

 

Figura 2. Rifiuti urbani prodotti in Italia (t/a) secondo il “Rapporto Rifiuti Urbani 2017” (fonte: ISPRA)

 

«L'industria italiana del riciclo – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel corso dell’evento – ha raggiunto livelli di eccellenza in Europa, sebbene occorra un ulteriore avanzamento sia tecnologico sia normativo per raccogliere le opportunità ambientali ed economiche offerte dall’economia circolare». Ad oggi, sottolinea il rapporto, sono oltre 10.500 le imprese italiane che svolgono attività di gestione, recupero e smaltimento dei rifiuti. Ronchi ha aggiunto: «Il piano nazionale dell’Industria 4.0 deve interessare anche il settore dell’economia circolare. Sarebbe utile un’Agenzia nazionale per l’efficientamento del settore». Sul tema è intervenuto anche il Sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo che ha ribadito: «L’Italia è leader nel settore dell’economia circolare, tuttavia, c’è poca consapevolezza tra le persone. Dobbiamo rendere più chiare e omogenee le norme circa il riciclo dei prodotti e riconoscere agevolazioni fiscali sia ai cittadini sia alle imprese.».

 

La situazione dei rifiuti in Europa

Secondo Eurostat, l’Ufficio Statistico dell'Unione Europea, nel 2015 i paesi membri dell’Unione Europea hanno prodotto circa 242 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di cui oltre il 68% (circa 165,7 milioni di tonnellate)in soli cinque Stati (Italia, Spagna, Regno Unito, Germania e Francia). Attualmente in Europa, il settore della gestione dei rifiuti genera un fatturato complessivo di 155 miliardi di euro e ne produce quasi 50 di valore aggiunto. Tuttavia, a livello europeo, ancora si bruciano o si mettono in discarica oltre il 50% dei rifiuti prodotti, mentre la prevenzione dei rifiuti, la rigenerazione, la riparazione e il riciclaggio potrebbero generare – secondo dati della Commissione Europea – risparmi netti per le imprese europee pari all'8% del fatturato annuo, riducendo al contempo l'emissione di gas serra del 2-4%. Si stima inoltre – sulla base dei dati disponibili al 2013-2014 – che rispetto ai rifiuti prodotti e alle tecnologie oggi impiegate per la produzione di energia da rifiuti (termovalorizzatori, impianti di incenerimento, impianti di digestione anaerobica e altre tecniche), si potrebbe ottenere una produzione di energia pari almeno a 676 PJ (1 PJ equivale a 252 miliardi di kcal, cioè l’energia contenuta in circa 25 mila tonnellate equivalenti di petrolio). Inoltre, grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più innovative, si potrebbe aumentare di oltre un quarto l’energia prodotta (Towards a better exploitation of the technical potential of waste-to-energy, EUR 28230 EN, 2016).

 

Il ruolo del compost in Italia

In Italia la quantità di frazione organica (umida e verde), che rappresenta la porzione principale deirifiuti urbani raccolti e avviati a riciclaggio, ha raggiunto pro-capite i 107,6 kg per abitante ogni anno, con una percentuale che è passata dal 40% del 2011 al 41,2% del 2016. In particolare, secondo l’ISPRA, gli impianti di compostaggio hanno prodotto nel 2016 circa 1,6 Mt di compost che, dal punto di vista normativo, viene classificato come “Ammendante Compostato Verde” (ACV). Con questa definizione si indica un materiale solido granulare ottenuto mediante il processo di compostaggio di scarti organici costituiti principalmente da residui vegetali derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato (sfalci d’erba, potature, ramaglie), da residui di coltivazioni agricole e/o di lavorazione del legno. L’ACV viene usato come fertilizzante per la coltivazione di colture di pieno campo e per la manutenzione del verde ornamentale e ricreativo.

 

Figura 3. Quantità di rifiuti organica riciclato in Italia nel periodo 2011-2016 (fonte: ISPRA)

 

Il CIC (Consorzio Italiano Compostatori) ha riportato recentemente la necessità di mettere a punto una filiera della produzione di compost in grado di utilizzare le migliori tecnologie di recupero del rifiuto organico e di sviluppare strategie di valorizzazione e commercializzazione del compost funzionali all’impiego nel settore agricolo, floro-vivaistico, forestale e paesaggistico. Inoltre, il CIC  ha sottolineato di non trascurare la produzione di biometano per il trasporto e/o da immettere in rete che ormai rappresenta una grossa opportunità per le imprese. Secondo il CIC, i 23,5 milioni di tonnellate di “ammendanti compostati”, prodotti negli ultimi 25 anni, hanno reso disponibili sul mercato dei fertilizzanti circa 300.000 tonnellate di azoto, 190.000 di potassio e 170.000 di fosforo. In ultima analisi, l’uso del compost, di provenienza certa e privo di contaminanti, in sostituzione di concimi minerali e di sintesi per la fertilizzazione del suolo agricolo, consentirebbe di recuperare sostanza organica per reintegrarla nei terreni, contribuendo ad aumentare la fertilità biologica dei suoli, a ripristinare i siti contaminati da composti tossici e ad evitare fenomeni di erosione dei suoli.