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Giornata Mondiale dell’Ambiente: ripristinare gli ecosistemi

Le Nazioni Unite lanciano la sfida: ripristinare gli ecosistemi a livello globale nei prossimi dieci anni


Quando nasce la Giornata Mondiale dell'Ambiente

Nel 1972, in seguito alla Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Mondiale dell’Ambiente (WED), che viene festeggiata ogni anno il 5 giugno con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione mondiale sull’importanza della tutela del nostro pianeta. Tale ricorrenza è stata celebrata per la prima volta nel 1974 con lo slogan “Only One Earth”. Quest’anno il tema della Giornata è il “Ripristino dell’ecosistema”.  

 

Cos’è un ecosistema

Un ecosistema è una comunità di organismi viventi (microrganismi, piante, animali) che vive in associazione con il proprio ambiente fisico con il quale interagisce mediante uno scambio continuo di nutrienti e di energia. Gli ecosistemi possono essere definiti a qualunque scala: anche una piccola pozza di acqua può essere considerata un ecosistema, anche se non permanente. In generale, sono considerati ecosistemi naturali: la foresta, la savana, la steppa, il deserto, la tundra, la macchia mediterranea, gli oceani e qualsiasi ecosistema marino. Praticamente, l’equilibrio degli ecosistemi naturali si riflette sull’ambiente e sulla vita quotidiana di tutta la popolazione: clima e livelli dei gas atmosferici (in primo luogo O2 e CO2), erosione e formazione del suolo, produzione di cibo e insetti impollinatori. Ripristinare gli ecosistemi (tema della WED 2021) significa recuperare quegli ecosistemi che sono stati degradati o distrutti. Il ripristino può avvenire in modi diversi: attraverso la semina attiva oppure eliminando le pressioni sugli ambienti naturali per consentire alla natura di ripristinare livelli di crescita e sviluppo compatibili con la vita degli animali, dei vegetali, degli insetti e dei pesci, ecc. Tuttavia, occorre sottolineare che non è sempre possibile – o desiderabile – riportare un ecosistema alle sue condizioni originarie. Pertanto ambiente e cambiamento climatico devono essere argomenti prioritari all’interno delle agende politiche nei prossimi anni.  

 

Benefici degli ecosistemi

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), il ripristino entro il 2030 di 350 milioni di ettari di ecosistemi terrestri e acquatici degradati potrebbe generare 9 trilioni di dollari in servizi ecosistemici e rimuovere dall'atmosfera da 13 a 26 giga tonnellate di gas serra. Un milione di specie animali e vegetali è minacciato dal rischio di estinzione, soprattutto a causa della perdita di habitat naturali e del degrado ambientale che interessa il 75 per cento della terra del pianeta e il 66 per cento degli oceani (Climate Change and Land Report). Anche il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) pone l’accento sulla necessità di fermare le emissioni di CO2 mediante la protezione dei terreni agricoli, delle praterie, delle foreste, delle zone umide e delle torbiere, in quanto capaci di immagazzinare carbonio e quindi di proteggere l’habitat per la biodiversità, la fertilità del suolo e le risorse d’acqua. La FAO, in particolare, ha più volte ricordato che terreni agricoli sani permettono di ottenere produzioni agroalimentari in grado di sostenere l’aumento della popolazione mondiale, che si stima toccherà quota 9 miliardi entro il 2030, senza abbattere ulteriori superfici di foreste. L’economia del ripristino, inoltre, potrebbe creare milioni di posti di lavoro verdi (green jobs) oltre che favorire l’aumento della resilienza a shock e stress futuri per l’ambiente, le città e la popolazione mondiale. Le azioni di ripristino degli ecosistemi naturali sono poi fondamentali anche per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: lotta al cambiamento climatico (Obiettivo n. 13), sradicamento della povertà (Obiettivo n. 1), conservazione della vita sott’acqua e sulla terra (Obiettivi n. 14 e 15). Il raggiungimento di tali obiettivi richiede l’adozione da parte di tutti i governi di politiche di sviluppo sostenibile, di prevenzione del degrado ambientale, di difesa della natura e di salvaguardia della biodiversità animale e vegetale.


Per approfondire:

  • Ecosystem Restoration Playbook A Practical guide to healing the planet. Developed for World Environment Day 2021. decadeonrestoration.org.
  • The UN Decade on Ecosystem Restoration 2021-2030 “Prevent, halt and reverse the degradation of ecosystems worldwide”. UNEP/FAO Factsheet, June 2020.

 

Foto d’intestazione: https://www.worldenvironmentday.global/latest/official-event-schedule

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Tetti e pareti verdi: isolamento termico e bollette meno care grazie alle vegetazione

Tetti e pareti verdi rappresentano una soluzione naturale per l’isolamento termico degli edifici. Benefici anche per l’ambiente e la salute delle persone


Nell'Unione europea (UE27) il 40 per cento dell'energia finale per il riscaldamento e il raffreddamento viene consumata nel settore residenziale, il 37 per cento nell'industria e il 18 per centonei servizi; da ciò deriva il 36 per cento delle emissioni di gas serra. In tale contesto, il raffrescamento degli ambienti chiusi costituisce ogni anno una quota consistente del consumo di energia. Secondo stime della Commissione europea, l’energia elettrica impiegata per la climatizzazione nel periodo estivo, considerando le diverse tipologie di edifici (pubblici, residenziali, commerciali), rappresenta una quota non inferiore al 30 per cento dei consumi totali e le previsioni mostrano una trend in crescita (COM(2016) 51 final). Il rapporto “Il futuro del raffreddamento” dell’Agenzia internazionale dell’energia sottolinea che nel mondo, alla fine del 2016, erano in uso 1,6 miliardi di condizionatori di cui poco più di 100 milioni di unità nell’area UE (le stesse previsioni ci dicono che saliranno a 167 milioni di unità entro il 2030). A livello mondiale, sottolinea il rapporto, lo stock globale di condizionatori d'aria negli edifici crescerà fino ad arrivare a 5,6 miliardi di unità entro il 2050, mentre la domanda globale di energia richiesta dai condizionatori d’aria, che già oggi costituisce il 20 per cento dell’energia elettrica complessivamente utilizzata per gli edifici, potrebbe triplicare entro la metà del secolo.  Il processo di funzionamento dei condizionatori è basato sull’uso di sostanze chimiche come i clorofluorocarburi e gli idro-clorofluorocarburi che agiscono da “polmone chimico” per il raffreddamento dell’aria interna degli edifici rilasciando emissioni di gas serra (annualmente pari a 1.135 Mt di emissioni di CO2. Tali emissioni costituiscono una tra le principali cause del fenomeno “isola di calore”, sempre più diffuso, particolarmente nelle aree urbane densamente costruite e popolate. Si consideri inoltre che mentre la necessità di riscaldamento per gli edifici è nel tempo diminuita, quella per il raffreddamento è progressivamente salita (Eurostat mediante https://agri4cast.jrc.ec.europa.eu/). Il “Rapporto sullo stato globale del 2019 per edifici e costruzioni”, della Global alliance for buildings and construction, evidenzia che con paesaggi ed edifici adattati ai mutamenti climatici e all'uso locale mediante l’impiego di tecniche di raffreddamento passivo, tra le quali l’aumento della vegetazione nelle città, si potrebbe risparmiare fino al 25 per cento ogni anno dell'energia consumata per il raffreddamento. A tal proposito, a livello europeo, a partire dal 2020, per gli edifici di nuova costruzione sono stati previsti norme e criteri per migliorare l’efficienza energetica, ridurre le emissioni di CO2 e diminuire i consumi elettrici per il condizionamento dell’aria, stimati in 60 Mtep (Figura 1).

 

Figura 1Stime dei consumi elettrici per il condizionamento (COM(2016) 51 final).

 

Con la COM(2013) 249 final “Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa e con la Direttiva (UE) 2018/844, l’Unione europea ha posto l’accento sulle potenzialità che le soluzioni basate sulle “infrastrutture verdi”, come coltri vegetali, giardini pensili, corridoi verdi, piantumazioni di siepi e alberi, possono avere nel settore edile in termini di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. Le coltri vegetali, infatti, si possono configurare come strato isolante naturale per le pareti dell’edificio, in quanto aumentano il valore di R (in edilizia R è un valore che misura l’efficacia di isolamento: ad un valore elevato di R corrisponde un livello di isolamento maggiore). I sistemi vegetali si possono applicare su edifici localizzati inaree industriali o in centri, semicentri e periferie, su edifici pubblici, privati e commerciali. Oltre ai benefici in termini ecologici e sociali per le aree urbane, i sistemi vegetali favoriscono l’attrazione di investimenti e la generazione di incrementi nei valori del capitale costruito. Le piante, infatti, migliorano la biodiversità e sono in grado di assorbire CO2 e inquinanti come i composti organici volatili (COV) e il particolato, contribuendo anche a contrastare il fenomeno delle isole di calore. Purtroppo, l’impiego delle NBS (Nature-based solutions) nel settore edile risulta ancora poco articolato, considerando che la normativa cogente si riferisce soprattutto al verde di tipo orizzontale, ossia distribuito sulle aree pubbliche o collocato sulle superfici piane degli edifici (tetti verdi), mentre risulta essere scarsamente definito il verde verticale (pareti verdi) che, invece, contribuisce a ridurre la penetrazione del calore all’interno degli edifici. Il flusso di calore verso l'interno, infatti, è fortemente influenzato dalla differenza di temperatura tra l'aria interna e la temperatura superficiale delle facciate, verticali e orizzontali, degli edifici. I temi dell’impiego delle coltri vegetali per migliorare la sostenibilità ambientale ed energetica del settore edile e delle potenzialità dei sistemi vegetali per la riduzione dei consumi di energia per la climatizzazione degli edifici in estate sono stati al centro di un corso organizzato in via telematica dalla Città Metropolitana di Roma Capitale in partnership con l’ENEA. Il corso, conclusasi lo scorso 20 maggio, prevede un’ulteriore giornata di approfondimento in programma per il prossimo 18 giugno.


Per approfondire:

https://www.capitalelavoro.it/scuola-delle-energie-giornate-di-approfondimento-di-giugno-2021/.

https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-datasets/-/nrg_chddr2_a.

Foto d’intestazione: Edificio prototipo presso il Centro Casaccia dell’ENEA (Foto: Carlo Alberto Campiotti)

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L’Unione europea accelera verso la neutralità climatica

L’Unione europea fissa i nuovi target: riduzione del 55 per cento delle emissioni di CO2 entro il 2030 e raggiungimento della neutralità climatica al 2050


L'Unione europea ha definito i nuovi target che prevedono la riduzione, dal 40 al 55 per cento, delle emissioni di CO2 entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e l’obbligo di raggiungere la neutralità climatica al 2050 (Figura 1). È stato inoltre istituito un organismo scientifico indipendente dall’Ue con il compito di monitorare i progressi che si faranno di qui ai prossimi quattro anni. I nuovi obiettivi dovranno ora passare per il vaglio del Consiglio dell’Unione europea e dell’Europarlamento. Raggiungere la neutralità climatica dell’Unione europea costituisce un obiettivo cardine nella lotta al cambiamento climatico, nonostante il contributo in termini di emissioni di CO2 da parte degli Stati membri dell’Ue rappresenti solo il 7 per cento delle emissioni globali di gas serra. Attualmente, i settori dove si registrano maggiori emissioni di CO2 sono: trasporti, industria, energia, edilizia e agricoltura; con una significativa parte delle emissioni dovute al consumo di combustibili fossili, che rappresentano ancora oggi l’80 per cento delle emissioni totali di gas serra.

 

Figura 1. Percorso dell'Unione europea verso la neutralità climaticanel periodo 1990-2050(Commissione Europea, COM(2020) 562 final).

 

Secondo l'IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) il sequestro del carbonio nel suolo di terreni coltivati e praterie ha una capacità potenziale di mitigazione pari a 0,4-8,6 CO2-eq/anno. A questo proposito, la Commissione europea ha confermato la proposta di revisione del regolamento LULUCF(Land-Use, Land-Use Change and Forestry), relativo all’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura, stabilendo il tetto di 225 Mt di CO2 equivalenti al contributo degli assorbimenti della CO2 dalle foreste. La velocità di accumulo di CO2 nell'atmosfera può essere infatti ridotta anche grazie al fenomeno della fotosintesi clorofilliana che fissa la CO2 atmosferica sotto forma di carbonio nella vegetazione e nel suolo. Il settore primario dovrà inoltre seguire gli obiettivi delineati dal Green Deal, che prevedono l’impiego di pratiche agricole e tecniche di allevamento più sostenibili e la diffusione di tecnologie più efficienti sotto il profilo energetico per raggiungere zero emissioni entro il 2050. Un contributo importante arriverà poi dalla penetrazione delle energie rinnovabili, dal momento che l’energia elettrica rappresenta ormai la fonte più efficiente dal punto di vista dei costi e dell’impatto ambientale. Le previsioni della Commissione europea indicano che al 2030 la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili dovrebbe almeno raddoppiare rispetto ai livelli attuali, passando dal 32 per cento a circa il 65 per cento. Le rinnovabili sono anche al centro dei programmi europei volti a conseguire il decentramento dell’energia mediante lo sviluppo delle “comunità energetiche” che consentiranno di produrre e condividere energia e contribuiranno a creare nuova occupazione a livello locale. Nel quadro della lotta al cambiamento climatico particolare rilevanza assume il recente annuncio del Presidente degli Stati Uniti Biden, che ha confermato il proprio impegno nel ridurre le emissioni di CO2 del 25 – 28 per cento entro il 2025 e di rientrare presto nell’Accordo di Parigi. Un segnale importante arriva anche dall’Unfccc (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), che ha invitato i governi partecipanti alla prossima COP26, presieduta dal Regno Unito – si terrà a Glasgow dall’1 al 12 novembre – a inserire l’alfabetizzazione climatica nei programmi scolastici in tutto il mondo. L’Italia collaborerà con il Regno Unito ospitando i lavori preparatori della Conferenza sui cambiamenti climatici e l’evento dedicato ai giovani “Youth4Climate 2020: Driving Ambition”, che si svolgeranno il prossimo autunno a Milano.


Per approfondire:

  • Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l'Europa. Investire in un futuro a impatto climatico zero nell’interesse dei cittadini. Commissione Europea, COM(2020) 562 final.
  • Net-Zero Europe. November 2020. McKinsey & Company. www.mckinsey.com.