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Proteggere il capitale naturale: via per uno sviluppo economico sostenibile

Il World Economic Forum ha stimato che una crisi ambientale potrebbe danneggiare significativamente l’economia globale, dal momento che la metà di essa, ovvero 44 trilioni di dollari, dipende direttamente dal capitale naturale. Città più ricche di vegetazione e stili di vita rispettosi dell’ambiente e in accordo con i cicli naturali sono la via per uno sviluppo economico sostenibile


Le città giocano un ruolo fondamentale per lo sviluppo economico, la sostenibilità ambientale ed energetica e per il progresso umano. Nonostante occupino solamente il 3 per cento della superficie terrestre, le città ospitano il 50 per cento della popolazione mondiale, producono il 70 per cento della CO2 e consumano l’80 per cento delle risorse naturali a livello globale. Inoltre, occorre considerare che circa l’80 per cento della crescita economica mondiale deriva dalle città, ma anche un terzo dei 2 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi generali attualmente a livello globale. Questi numeri rendono chiaro il motivo per cui alle città è stato riconosciuto un ruolo centrale rispetto ai nuovi obiettivi che la pandemia da Covid-19 ha posto all’attenzione di istituzioni, amministratori e stakeholder di tutto il mondo. I rapporti delle più importanti Agenzie internazionali (FAO, OECD, UNDP) sono concordi sul fatto che entro il 2050 il 70 per cento della popolazione mondiale vivrà nelle città e che il 90 per cento della crescita della popolazione urbana si registrerà in Africa e in Asia (Figura 1). Un obiettivo, che la FAO ritiene pregnante per il futuro della città, è rappresentato dall’iniziativa “Città verdi”, che prevede il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni urbane e periurbane in almeno 100 città del mondo (15 città metropolitane, 40 città intermedie e 45 cittadine), sulla base di 1000 centri urbani entro il 2030.

 

Figura 1. Popolazione espressa in miliardi nelle diverse aree di sviluppo nel periodo 1975-2050 (Fonte: Cities in the World. A new perspective on urbanisation.© OECD/EU 2020).

 

Ne consegue una sfida cruciale per le città, cui viene riconosciuto il dovere di difendere l’ambiente naturale nonché di formare e sviluppare luoghi sicuri, sani e vivibili in grado di salvaguardare il capitale umano e naturale. In tale obiettivo, si inserisce lo sviluppo e il mantenimento di sistemi alimentari sostenibili, della vegetazione urbana e l’accrescimento della resilienza ai cambiamenti climatici e ad eventuali future emergenze sanitarie che potrebbero limitare gli approvvigionamenti di cibo.  Secondo la FAO, la perdita di biodiversità costituisce una delle grandi minacce cui è esposto il nostro pianeta che va assolutamente contrastata al fine di impedire potenziali rischi quali crisi alimentari e idriche, disastri ambientali, conflitti interstatali e migrazioni climatiche. La perdita di biodiversità, causata dall’eccesso di urbanizzazione, ha portato infatti alla perdita di aree di coltivazione e conseguentemente alla scomparsa di alberi e vegetazione che hanno fortemente compromesso le normali funzioni ecosistemiche rispetto ai cicli biologici relativi all’acqua, al fosforo, all’azoto e al carbonio. I risultati più evidenti del processo incontrollato di urbanizzazione hanno portato non soltanto alla perdita di biodiversità, ma hanno anche aumentato i rischi di inquinamento, di diffusione di malattie trasmesse da vettori e amplificato gli effetti negativi del cambiamento climatico. A tal proposito, il Global Economic Risks Report del WEF (World Economic Forum), ha stimato che, dal momento che oltre la metà dell’economica globale, ovvero 44 trilioni di dollari, dipende direttamente dal capitale naturale, una crisi ambientale potrebbe produrre effetti deleteri sulla nostra economia. La riqualificazione urbana, l’aumento delle aree agricole, l’arresto del consumo di suolo, la progettazione di ambienti urbani con maggiori spazi per la vegetazione e la diversità naturale si profilano come una opportunità che non va ignorata se si vuole promuovere un progresso economico in accordo con i cicli naturali e con il benessere umano.


Per approfondire:

  • Cities in the World. A new perspective on urbanisation.© OECD/EU 2020.
  • https://urban.jrc.ec.europa.eu/thefutureofcities/climate-action#key-messages.
  • https://datatopics.worldbank.org/what-waste/trends_in_solid_waste_management.html.
  • WEF (World Economic Forum), New Nature Economy Report, 2020.
  • Jamison Ervin. UNDP. I rischi di perdita di biodiversità per le città.

 

Foto d'intestazione: La Défense, Parigi (Foto: www.ecowave.it)

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Unione europea: via libera alla riduzione del 55 per cento delle emissioni di gas serra al 2030

Il Consiglio europeo approva il piano di riduzione delle emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030. Previste misure a sostegno di efficienza energetica e rinnovabili nell’industria, nei trasporti e nell’edilizia, e “pozzi di carbonio” in agricoltura


Nell’ultimo Consiglio europeo, tenutosi lo scorso 11 dicembre, gli Stati membri hanno assunto l’impegno comune di ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 55 per cento (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030, nel quadro del più ampio obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Nonostante l’Accordo di Parigi del 2015, cui hanno aderito sia l’Unione europea che i suoi Stati membri, preveda di contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 °C con volontà di mantenerlo entro gli 1,5 °C, la temperatura media è già aumentata di oltre un grado centigrado rispetto ai livelli preindustriali e i paesi del G20 continuano ad essere responsabili dell’80 per cento delle emissioni a livello globale, di cui, peraltro, il 10 per cento è attribuibile all’area Ue. Per conseguire l’ambizioso obiettivo della riduzione del 55 per cento delle emissioni di gas serra di qui ai prossimi dieci anni, la Commissione europea ritiene prioritarie alcune misure volte a migliorare l’efficienza energetica e a promuovere una maggiore diffusione delle energie rinnovabili in tutti i settori produttivi: edilizia, industria, trasporti, agricoltura, ecc. In particolare, stando alle valutazioni effettuate dalla Commissione sui Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC) degli Stati membri, entro il 2030 le misure adottate a favore dell’efficienza energetica potrebbero incrementare la quota di risparmio di energia fino al 36 per cento rispetto al consumo finale, mentre l’impiego delle rinnovabili, anch’esso incentivato dalle misure messe in campo dalla Commissione, dovrebbe essere incrementato fino al 33,7 per cento. A questo proposito, la Commissione punta a raddoppiare la quota di energia elettrica da rinnovabili dall’attuale32per cento al65per centoentro il 2030. Quanto al settore dei trasporti, secondo le previsioni della Commissione, i carburanti rinnovabili dovrebbero passare dal 6 per cento del 2015 al 24 per cento nel 2030 (Figura 1).

 

Figura 1. Percorso dell'Ue perla neutralità climatica al 2050(COM(2020) 562 final).

 

Per quanto riguarda poi l’agricoltura, occorre sottolineare che nell’ambito degli obiettivi di riduzione delle emissioni si inseriscono, per la prima volta, i cosiddetti “pozzi di carbonio”(riferiti alla capacità dei suoli e degli alberi di sequestrare la CO2). In particolare, è stato stimato che una più accurata gestione delle foreste europee porterebbe ad assorbire annualmente il doppio della CO2. Inoltre, secondo uno studio di Naturwald Akademie, commissionato da Greenpeace, se il disboscamento nelle foreste europee fosse ridotto di un terzo, il loro potenziale di assorbimento del carbonio potrebbe essere aumentato da 245,4 milioni di tonnellate di CO2 all'anno a 487,8 milioni di tonnellate, con notevoli benefici per biodiversità. Non meno importante per raggiungere l’obiettivo della riduzione del 55 per cento delle emissioni entro il 2030 è la diminuzione del consumo di prodotti di origine animale destinati all’alimentazione che potrebbe potenzialmente ridurre le emissioni di oltre 30 milioni di tonnellate entro il 2030(COM(2020) 381 final). I sistemi alimentari, infatti, sono tra le principali cause dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale, tenuto conto anche del fatto che l’agricoltura di tipo industriale, molto diffusa tra le aziende agricole, è fortemente energivora e dipendente ancora molto dalla chimica di sintesi per i fertilizzanti e i fitosanitari. In Europa e nel mondo il settore agricolo contribuisce direttamente a circa un decimo delle emissioni di gas serra totali e se nel calcolo si includesse l’uso del suolo (deforestazione e allevamenti) si arriverebbe quasi al 23 per cento (Climate change and Land IPCC Special Report). Per aumentare la pratica dell'uso del suolo come pozzo di assorbimento si dovrebbe prevedere un migliore utilizzo della bioenergia (biomassa da rifiuti e residui) mediante l’impiego di coltivazioni sostenibile, come ad esempio le colture energetiche per evitare la produzione di biocarburanti di prima generazione da colture alimentari. Le emissioni diverse di gas diversi dalla CO2 (metano, protossido di azoto e i gas fluorurati), che rappresentano quasi il 20 per centodelle emissioni di gas a effetto serra a livello europeo, provengono in gran parte dall’agricoltura, ma potrebbero essere ridotte mediante la diffusione di pratiche di agricoltura biologica e il ricorso alla digestione anaerobica per la produzione di biogas. In questo contesto i piani strategici della PAC (Politica Agricola Comune) rappresentano certamente un’opportunità per sostenere la riduzione delle emissioni da agricoltura mediante l’utilizzo di incentivi diretti agli agricoltori e ai gestori forestali, i quali contribuiscono a sequestrare più carbonio dai suoli agricoli e dalleforeste. I nuovi "regimi ecologici" previsti dalla PAC rappresentano in questo senso un’opportunità per promuovere l’agricoltura biologica e le pratiche agricole sostenibili per il sequestro del carbonio nei suoli agrari e nelle foreste. Secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), il ripristino di suoli degradati contribuirebbe a catturare fino a 63 miliardi di tonnellate di carbonio a livello globale, compensando così una quota delle emissioni di gas serra. Mentre, secondo un recente progetto di ricerca europeo (Caprese-Soil), le foreste e i suoli tenuti a pascolo rappresentano il  mezzo più sostenibile per sequestrare il carbonio nel suolo. Nel lungo periodo, la Commissione europea ha previsto che il sequestro del carbonio da suoli agricoli (carbon farming) e la certificazione degli assorbimenti saranno considerati pratiche sempre più comuni. Non meno importanti, nel quadro degli obiettivi europei, sono infine gli incentivi per agricoltori e aziende agricole che impiegano pannelli solari sugli edifici e i capannoni rurali per la produzione di energia rinnovabile.


Per approfondire:

  • FAO and ITPS. 2015. Status of the World’s Soil Resources (SWSR) – Main Report.
  • Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l'Europa. Investire in un futuro a impatto climatico zero nell’interesse dei cittadini. Bruxelles, COM(2020) 562 final.

 

Foto d'intestazione: Carlo Alberto Campiotti

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Coltivazioni indoor e vertical farms: soluzione per un’agricoltura meno energivora e più sostenibile

Agricoltura indoor e vertical farm rappresentano una soluzione efficace per rispondere alle esigenze alimentari di una popolazione in forte crescita a livello globale e per aumentare la resilienza e la capacità di adattamento delle città ai cambiamenti climatici e agli shock ambientali e sanitari


Una vertiginosa crescita demografica

Entro il 2050 la popolazione urbana potrebbe aumentare di 2,5 miliardi di unità, raggiungendo i due terzi della popolazione complessiva a livello globale (Figura 1). Già oggi, il 55 per cento della popolazione mondiale vive e lavora in città e consuma circa l’80 per cento di tutto il cibo prodotto a livello globale (UN, 2014).

 

Figura 1. Stima dell’aumento della popolazione mondiale al 2050 (modificato da UN, 2014)

 

Lo scenario prospettato comporta necessariamente un significativo aumento della produzione agricola per far fronte alle esigenza alimentari di una popolazione sempre più vasta, ma tutto ciò ha delle ricadute in termini di sostenibilità energetica e ambientale. A questo proposito, negli ultimi dieci anni è fortemente cresciuta l’attenzione verso nuove forme di agricoltura, verticale, urbana e periurbana, incentrate soprattutto sull’accorciamento delle catene di approvvigionamento alimentare mediante la realizzazione di fattorie urbane o di vertical farms in edifici urbani abbandonate (ex fabbriche e capannoni industriali dismessi). In particolare, nelle vertical farms le piante alimentari, soprattutto le specie vegetali da foglia, da piccoli frutti, aromatiche e medicinali, vengono coltivate in ambiente chiuso (indoor), integrato con illuminazione LED, secondo tecnologie idroponiche e in accordo con i criteri di efficienza energetica e impiego di sola energia rinnovabile (Kozai et al., 2020).

 

La lezione della pandemia

La pandemia da Covid-19 ha messo in luce la necessità di realizzare sistemi produttivi extra-stagionali in grado di garantire la sicurezza degli alimenti e di rispondere a shock improvvisi capaci di compromettere il regolare approvvigionamento alimentare. Secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), "la pandemia da COVID-19 ha sconvolto i sistemi alimentari urbani in tutto il mondo, ponendo una serie di sfide alle città e ai governi locali, i quali saranno obbligati ad affrontare i rapidi cambiamenti nella disponibilità, accessibilità e convenienza alimentare" (FAO, 2020). Di qui la necessità di soluzioni in grado di rendere i sistemi agricoli più sostenibili sul piano dei consumi energetici e rispetto alla catena del valore alimentare, e meno vulnerabili in termini di logistica, qualità, sicurezza, salute e occupazione del personale. Secondo la strategia della Commissione europea denominata “Farm to Fork” (F2F), i futuri sistemi alimentari dovranno:

  • avere un impatto ambientale neutro o positivo e aumentare la biodiversità;
  • contribuire a mitigare il cambiamento climatico e adattarsi ai suoi impatti;
  • garantire la sicurezza alimentare, la nutrizione e la salute pubblica, assicurandosi che tutti abbiano accesso a cibo sufficiente, sicuro, nutriente e sostenibile;
  • preservare per tutti l'accessibilità economica al cibo;
  • generare rendimenti economici più equi sia per gli agricoltori che per i produttori;
  • promuovere la competitività del settore e il commercio equo;
  • sostenere l’agricoltura biologica e la riduzione di pesticidi;
  • eliminare gli sprechi alimentari e aumentare le diete a base di cibi vegetali.

Le Istituzioni, gli stakeholders, le amministrazioni cittadine, i produttori e i consumatori dovranno programmare la realizzazione di infrastrutture, edifici e logistica urbana che siano in grado di interagire funzionalmente con i nuovi sistemi virtuosi di produzione alimentare.

 

Agricoltura indoor e vertical farms per città più resilienti e sostenibili

La pianificazione di sistemi alimentari innovativi e sostenibili fondati prevalentemente su un modello di agricoltura urbana verticale genera nuove opportunità per la sicurezza alimentare, la resilienza, la mitigazione e l'adattamento al cambiamento climatico e a eventuali shock ambientali e sanitari. Tali strutture riciclano acqua, residui e non richiedono pesticidi per la produzione di colture orticole, riducendo i costi di produzione e aumentando i raccolti. Se adeguatamente progettati e gestiti, questi sistemi possono contribuire in modo significativo alla produzione annuale di ortaggi freschi nelle aree urbane. L’agricoltura urbana, se caratterizzata da elevata sicurezza e sostenibilità, meccanizzazione e automazione, risulta un modello economicamente competitivo non solo per le aziende che operano nel settore agricolo ma per gli stessi consumatori. Le vertical farms, se realizzate in aree aperte, come tetti, terrazzi, facciate libere, serre bioclimatiche, risultano vantaggiose dal punto di vista energetico, ambientale e microclimatico, in quanto riducono i costi per l’energia necessaria al processo produttivo, ai trasporti e al confezionamento dei prodotti. Inoltre, attraverso la fotosintesi e la traspirazione, le piante coltivate contribuiscono a ridurre la temperatura urbana, a catturare le polveri sottili (particolato) e a sequestrare la CO2 presente in atmosfera. Lo sviluppo di sistemi alimentari urbani più sostenibili e meno energivori, con bassa intensità di carbonio e consumo di risorse, rappresentano quindi una soluzione efficace per aumentare la resilienza delle città e la loro capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.


Per approfondire:

  • L’impatto di COVID-19 sulle condizioni di vita e la salute delle persone e sui nostri sistemi alimentari. Dichiarazione congiunta di OIL, FAO, IFAD e OMS. Newsroom@fao.org.13 ottobre 2020.
  • United Nations, Department of Economic and Social Affairs. Population Division (2014). WorldUrbanization Prospects: The 2014 Revision, Highlights (ST/ESA/SER.A/352).
  • Toyoki Kozai, Genhua Niu and Michiko Takagak. Plant Factory: An Indoor Vertical Farming System for Efficient Quality Food Production, Second Edition. 2020. Copy-right © 2020 Elsevier Inc.

 

Foto d’intestazione: Carlo Alberto Campiotti