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L’Università di Bologna partecipa al progetto europeo “LOOP-Ports – Circular Economy Network of Ports”

Il Centro interdipartimentale di ricerca per le scienze ambientali del Campus di Ravenna dell'Università di Bologna è tra i partner del progetto pensato per facilitare la transizione verso una economia più circolare nel settore portuale


Anche l’Università di Bologna attraverso il Centro interdipartimentale di ricerca per le scienze ambientali (Cirsa) del Campus di Ravenna partecipa al progetto europeo "LOOP-Ports – Circular Economy Network of Ports", coordinato dalla Fundación Valenciaport e finanziato dall'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) attraverso l'iniziativa EIT Climate-KIC. L'obiettivo principale del progetto LOOP-Ports, che verrà sviluppato in più di due anni, è facilitare la transizione verso una economia più circolare nel settore portuale, dove i prodotti, i materiali e le risorse non siano considerati rifiuti ma possano diventare modelli di business sostenibili e replicabili in porti con caratteristiche simili. Questo progetto contribuirà alla transizione dell'economia europea verso sistemi a circuito chiuso attraverso la creazione di una rete di economia circolare nei porti, che fornirà un sistema di innovazione attorno all'attività portuale e stimolerà le iniziative di economia circolare nei porti. La rete si concentrerà su materiali ad alto potenziale, principalmente metalli, plastica, cementi e biomateriali.
Questo network di porti faciliterà lo scambio di esperienze e di buone pratiche, fornirà raccomandazioni e strategie, promuoverà la formazione e, non ultimo, nuove iniziative commerciali sia nei cluster portuali che in altri ambiti legati a questo settore.

LOOP-Ports coinvolge 13 partner di 6 Stati membri dell'UE (Spagna, Italia, Francia, Germania, Danimarca e Paesi Bassi): Fundación Valenciaport (coordinatore); EIT Climate-KIC S.L; Climate-KIC S.r.l; Climate-KIC GmbH; Danmarks Tekniske Universitet (DTU); NTU International A/S; Nederlandse Organisatie voor Toegepast Natuurwetenschappelijk Onderzoek (TNO); Università di Bologna; Universität Hamburg; Universidad Politécnica de Madrid; Universitat de València; Eco Environnement Ingenièrie (2EI) e Veolia Innove.

Il progetto prevede il coinvolgimento del Centro per l’innovazione di Fondazione Flaminia, ente gestore del Tecnopolo di Ravenna, che promuoverà il collegamento tra i portatori di interesse del territorio.


Fonte

Ufficio Stampa
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

sterGRO

ØsterGRO: una fattoria sostenibile su un tetto di Copenaghen

A Copenhagen, in Danimarca, c'è una fattoria urbana, piccolo modello di agricoltura sostenibile. È realizzata sul tetto di un edificio commerciale, si chiama ØsterGRO.


Costituita inizialmente da un grande orto di 600 mq, ha visto poi aggiungersi un pollaio e un piccolo ristorante. L'esperienza orticola, avviata sul tetto per iniziativa di Kristian Skaarupe e inizialmente coordinata dall'architetto del paesaggio Sofie Brincker, si è poi avvalsa della professionalità dell’italiana Teresa Fresu, agronomo che ha svolto la tesi di agraria proprio sull'agricoltura urbana, alla scuola di paesaggio di Versailles (ENSP) e ha lavorato anche in Argentina su questo tema.
Dalle iniziali 16 famiglie del 2014 aderenti all'urban farm si è passati a 40 famiglie nel 2015, mentre oggi circa 200 iscritti sono in lista di attesa.  È stata creata anche una partnership con una azienda agricola periurbana, a sud di Copenaghen. Mentre Østergro si concentra sulla produzione di erbe aromatiche, insalate, verdura da taglio, fragole, pomodori e peperoncini, l’azienda agricola produce ortaggi "pesanti", cioè tuberi, carote, barbabietole, ecc. Si tratta di una produzione alimentare non tradizionale, resiliente, supportata dalla comunità di persone che condividono i canoni del Km zero. L'hardware, spiega Fresu, costituito dalla struttura edilizia, dal terreno, che utilizza anche il riciclo degli scarti organici prodotti sul tetto e dalle tecniche agronomiche, non conterebbe nulla senza il software: le persone che aderiscono e partecipano al progetto, una piccola comunità che si sposta in bicicletta trasportando sulle cargo bike la verdura ritirata nella fattoria.

La cronistoria e i particolari del progetto nel Pdf  “Agricoltura urbana a Copenaghen: la fattoria sul tetto” sotto allegato.


Fonte: Argav

 

Greenreport_principale

Rapporto GreenItaly 2018: l’Italia tra le prime economie verdi in Europa

Secondo il rapporto GreenItaly 2018, negli ultimi cinque anni, un’impresa su quattro ha investito in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2, mentre i cosiddetti “green jobs” occupano ormai 3 milioni di lavoratori. L’Italia leader in Europa anche per quanto riguarda il riciclo dei rifiuti e l’economia circolare. Con 31,5 miliardi di euro di valore aggiunto generato ogni anno, l’agricoltura italiana si colloca al primo posto nella classifica Ue a 28, davanti a Francia, Spagna e Germania. 


Un’impresa su quattro in Italia ha puntato sulla green economy

L’Italia rappresenta una delle prime “economie verdi” all’interno dell’Unione europea. Negli ultimi cinque anni, oltre 345 mila imprese hanno investito in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2, mentre i cosiddetti green jobs occupano ormai 3 milioni di lavoratori. Questo è quanto emerge dal rapporto GreenItaly 2018  presentato a Roma lo scorso 30 ottobre. Il rapporto è stato redatto dalla Fondazione Symbola e Unioncamere, in collaborazione con Conai e Novamont e sotto il patrocinio del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Nel 2018, sottolinea il rapporto, c’è stata una domanda di 474 mila nuovi contratti relativi a green jobs. Tra le figure professionali maggiormente richieste figurano gli ingegneri energetici, gli agricoltori biologici, gli esperti di acquisti verdi, i tecnici meccatronici e gli installatori di impianti termici a basso impatto ambientale. La prima regione italiana per numero di contratti relativi a green jobs, la cui attivazione è prevista per quest’anno, è la Lombardia, dove se ne contano oltre 123 mila, cioè il 26,1% del totale nazionale. Seguono l’Emilia Romagna e il Lazio con poco più di 45 mila richieste (9,6% del totale nazionale), Veneto con 42.654 (9%) e Piemonte con 38.869 (8,2%). In fondo alla classifica compaiono Puglia con 20.912 (4,4%), Sicilia con 19.994 (4,2%) e Friuli-Venezia Giulia con 11.546 (2,4%). A livello locale, le prime provincie per numero di contratti relativi a green jobs sono Milano (+63.242 nuove posizioni), Roma (+37.570), Torino (+23.478) e Napoli (+16.761) (Figura 1).

 

Figura 1. Distribuzione nazionale dei contratti relativi a “green jobs” la cui attivazione è prevista per il 2018 (fonte: rapporto GreenItaly 2018)

 

L’Italia leader nelle performance ambientali

Il rapporto GreenItaly 2018 riconosce l’Italia tra i leader europei per quanto riguarda le performance ambientali nei seguenti ambiti:

  • Materie prime. Con 307 tonnellate di materia prima per ogni milione di euro prodotto dalle imprese, l’Italia risulta più efficiente rispetto alla media Ue a 28 (455 t), collocandosi al terzo posto dopo Regno Unito (236 t) e Lussemburgo (283 t) (dati Eurostat). 
  • Energia. L’Italia si posiziona al secondo posto nella classica Ue a 28, dopo il Regno Unito, per consumi energetici per unità di prodotto, con 14,2 tonnellate di petrolio equivalente per milione di euro (il Regno Unito ne consuma 10,6 t). 
  • Riduzione delle emissioni. L’Italia si colloca al terzo posto tra le prime cinque grandi economie dell’Unione europea, con 104,2 tonnellate di CO2 per milione di euro prodotto, dietro a Francia (85,5 t) e Regno Unito (93,4 t), ma davanti a Spagna e Germania. 
  • Rifiuti. Con 43,2 tonnellate per ogni milione di euro prodotto, l’Italia si colloca al primo posto tra i Paesi dell’Unione europea per quanto riguarda la riduzione dei rifiuti (la media Ue è di 9,3 t). 
  • Economia circolare. Per ogni chilogrammo di risorsa consumata l’Italia genera 4 euro di PIL, a fronte di una media Ue di 2,2 euro (dati dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia). L’Italia è inoltre il Paese dell’area Ue con la più elevata percentuale di riciclo dei rifiuti urbani ed industriali (il 79% dei rifiuti viene avviato a riciclo a fronte di una media Ue del 38%). Insieme con la Germania, l’Italia è leader in termini di quantità di materie seconde riciclate nell’industria manifatturiera. Ciò comporta un risparmio potenziale pari a 21  milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 58 milioni di tonnellate di CO2 in meno emesse nell’atmosfera.

 

L’agricoltura italiana è la più green d’Europa

L’agricoltura italiana genera un valore aggiunto di 31,5 miliardi di euro ogni anno, cioè il 18% del valore complessivo dell’Ue a 28. Questo fa sì che l’Italia si collochi al primo posto nella classifica Ue a 28, davanti a Francia (28,8 miliardi di valore aggiunto), Spagna (26,4 miliardi) e Germania (17,5 miliardi). I dati emergono da alcuni focus tematici della Coldiretti inseriti nel GreenItaly 2018 che confermano l’importanza del settore nel panorama economico nazionale ed internazionale. Nel 2017, si legge nel rapporto, l’export agroalimentare ha raggiunto il valore record di 41,03 miliardi di euro, con una crescita del 6,8% rispetto al 2016. Tuttavia, sottolinea la Coldiretti, persiste il problema del falso Made in Italy agroalimentare, che ha un valore pari ad oltre 100 miliardi di euro (con un incremento del 70% registrato solo negli ultimi 10 anni). L’Italia si colloca comunque tra i primi Paesi a livello globale per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti alimentari. Nel nostro Paese i prodotto alimentari con residui chimici irregolari rappresentano appena lo 0,4% del totale, a fronte di una media Ue dell’1,2%. Nel 2017, inoltre, l’Italia è stato il secondo Paese al mondo per export di prodotti biologici (quasi 2 miliardi di euro di fatturato), dietro ai soli Stati Uniti (2,4 miliardi di euro). Grazie alle sue molte tradizioni enogastronomiche e alla vastissima biodiversità, sia animale che vegetale, l’Italia può inoltre vantare il maggior numero di indicazioni geografiche protette (IGP) per i prodotti alimentari, ben 296, che fanno del nostro Paese un unicum in Europa.