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Via libera del Parlamento europeo al pacchetto sull’economia circolare

Il nuovo pacchetto sull’economia circolare prevede il riciclo totale di almeno il 55% dei rifiuti urbani entro il 2025, fino ad arrivare ad una quota del 65% nel 2035. Prevista inoltre la riduzione degli sprechi alimentari del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030. Quota dei rifiuti smaltiti in discarica non oltre il 10% entro il 2035.


L’Unione europea imbocca la strada dell’economia circolare. Lo scorso 18 aprile il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva il pacchetto europeo sull’economia circolare contenente quattro nuove direttive che vanno a modificare quelle attuali in materia di rifiuti, discariche, imballaggi, veicoli a fine vita, pile e accumulatori esausti, RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche). Il testo del pacchetto è stato definitivamente approvato dal Parlamento europeo, anche se manca ancora qualche passaggio prima che entri ufficialmente in vigore. Il testo approvato dovrà infatti tornare al Consiglio europeo per un’ulteriore approvazione (formale) per poi essere pubblicato, entro 20-30 giorni, sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. I paesi membri dell’UE avranno un periodo massimo di due anni per recepire le nuove direttive in materia di economia circolare. Il pacchetto stabilisce nuovi target: entro il 2025, almeno il 55% dei rifiuti urbani domestici e commerciali dovrà essere avviato a riciclo. L’obiettivo salirà al 60% nel 2030 e al 65% nel 2035. Inoltre, entro il 2025, il 65% dei materiali da imballaggio in circolazione dovrà essere riciclato. La quota dovrà salire, secondo le stime della Commissione europea, al 70% entro il 2030. Vengono poi fissati dei sotto-target distinti per materiali da imballaggio, come plastica, legno, metalli ferrosi, alluminio, vetro, carta e cartone (Tabella 1). Le nuove norme pacchetto fissano al 10% (entro il 2035) la quota dei rifiuti da smaltire in discarica. A questo proposito, bisogna sottolineare che l’Italia, tra i principali paesi promotori del pacchetto, ha smaltito in discarica, nel 2016, circa il 28% dei totale dei rifiuti prodotti, ovvero 26,9 milioni di tonnellate di rifiuti (circa 123 chili pro capite).

 

Materiale

Entro il 2025

Entro il 2030

Tutti i tipi di imballaggi

65%

70%

Plastica

50%

55%

Legno

25%

30%

Metalli ferrosi

70%

80%

Alluminio

50%

60%

Vetro

70%

75%

Carta e cartone

75%

85%

Tabella 1. Sotto-target distinti per materiali da imballaggio specifici secondo il nuovo Pacchetto. Tutti i target potranno essere rivisti a partire dal 2024 (fonte: Commissione Europea)

 

Il pacchetto stabilisce infine l’obbligatorietà della raccolta differenziata per alcuni particolari tipi di rifiuto, indicando specifici target da raggiungere: rifiuti tessili entro il 2025; umido e rifiuti organici (bio-waste) entro il 2023; rifiuti pericolosi domestici (vernici, pesticidi, oli e solventi) entro il 2022. In linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs), la Commissione europea si propone, attraverso il nuovo pacchetto sull’economia circolare, di ridurre gli sprechi alimentari del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030, incentivando al contempo la raccolta dei prodotti invenduti e la loro redistribuzione in condizione di sicurezza (Figure 1 e 2).

 

Combattere lo spreco di cibo: eliminare impatti sulla sicurezza del cibo e della catena alimentare

Figura 1. Fonte: Commissione europea (rielaborata da http://ec.europa.eu/stopfoodwaste)

 

Figura 2. Fonte: Think.Eat.Save (rielaborata da UNEP/Think-Eat-Save, FAO, WRAP, 2014)

 

«I rifiuti organici costituiscono oltre un terzo dei rifiuti urbani in tutta Europa e sono una componente essenziale per raggiungere gli obiettivi di riciclaggio e messa in discarica di nuova adozione», ha dichiarato Massimo Centemero, Direttore del Consorzio Italiano Compostatori (CIC). «In particolare – ha aggiunto Centemero – compostaggio e digestione anaerobica dei rifiuti organici producono materie prime seconde che la direttiva quadro sui rifiuti definisce come un’opportunità di innovazione e crescita». Secondo i dati del Consorzio, nel 2016, la trasformazione dei rifiuti organici in compost in Italia ha contribuito a stoccare nel terreno 600.000 t di sostanza organica e ha permesso di risparmiare 3,8 milioni di CO2 equivalente/anno rispetto all’avvio in discarica. L'elevata purezza merceologica (nelle città italiane è superiore al 95%), l'introduzione – l’Italia è stato il primo paese in Europa – dei manufatti compostabili, l’efficienza impiantistica e la qualità del compost, sottolinea il CIC, fanno dell’Italia un’eccellenza europea in questo settore. L'innalzamento dei target di riciclaggio dei rifiuti urbani, l'inserimento di un limite di rifiuti da smaltire in discarica pari al 10%, la riduzione degli sprechi alimentari (30% nel 2025 e 50% nel 2030), fa sapere la Commissione europea, avranno ricadute concrete in termini economici, ambientali e occupazionali: 600 miliardi di euro risparmiati ogni anno dalle imprese a livello europeo; 617 milioni di tonnellate di CO2 emesse in meno entro il 2035; 1 milione di posti di lavori in più nei prossimi 10 anni nel settore della gestione dei rifiuti (50 mila specializzati nella gestione dei rifiuti organici).

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Nasce l’Agenda urbana per lo Sviluppo Sostenibile delle città

Pubblicata da ASviS e Urban@it, l’Agenda urbana nasce con l’obiettivo di portare avanti delle politiche urbane per “rendere le città più inclusive, sicure, resilienti e sostenibili”, come previsto anche dall’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Secondo l’ASviS, qualità dell’aria, povertà ed esclusione sociale, sicurezza delle abitazioni rappresentano le principali problematiche delle città italiane.


Cosa prevede l’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030

Le città rappresentano oggi circa il 3% della superficie terrestre. Nonostante occupino una parte limitata del pianeta, sono responsabili del 60-80% dei consumi di energia e del 75% delle emissioni di CO2 a livello globale. Nel 2015, il 54% della popolazione mondiale, circa 4 miliardi di persone, viveva nelle città e, secondo la FAO, saranno almeno 5 miliardi entro il 2030. Tuttavia, oltre 800 milioni di persone nel mondo vivono ancora in baraccopoli e il loro numero è in costante aumento. Secondo le Nazioni Unite, il 95% dell’espansione urbana prevista per i prossimi anni si registrerà soprattutto nei paesi che oggi vengono considerati “in via di sviluppo”.

L’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile prevede, entro il 2030, di incrementare il numero di aree urbane sostenibili e inclusive a livello globale, garantendo a tutti la disponibilità di alloggi adeguati e sicuri e l’accesso ai servizi di base e ad un sistema di trasporti efficiente e sostenibile. Prevede, inoltre, entro lo stesso arco temporale, di diminuire in modo sostanziale le perdite economiche dirette rispetto al prodotto interno lordo globale causate da calamità naturali, comprese quelle legate all’acqua, e la protezione dei poveri e delle persone che si trovano in situazioni economiche tali da renderli più vulnerabili a tali fenomeni. Con l’Obiettivo 11, le Nazioni Unite si impegnano poi a ridurre notevolmente l’impatto ambientale negativo pro-capite della città, con particolare attenzione alla qualità dell’aria e alla gestione dei rifiuti urbani, e a fornire l’accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri e inclusivi per tutti.

 

Il Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors), che coinvolge 300 Comuni dell’Unione europea, prevede di diminuire le emissioni di CO2 entro il 2020.


Figura 1. Target di riduzione delle emissioni di CO2 in 300 Comuni dell’Unione europea

 

L’Obiettivo 11 prevede, inoltre, l’attuazione di politiche integrate e piani tesi all’inclusione, all’efficienza delle risorse, alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici, alla resilienza ai disastri, promuovendo una gestione olistica del rischio dei disastri a tutti i livelli, in linea con l’Accordo di Sendai per la riduzione del rischio di disastri 2015-2030. A questo proposito, un sondaggio realizzato nel 2014 su200 città europee ha evidenziato che solamente il 65% delle città (in Europa) ha sviluppato e messo in atto un piano ambientale per adattarsi ai cambiamenti climatici. In particolare, soltanto il 25% delle 200 città-campione ha messo in atto un piano di adattamento e/o di mitigazione ai cambiamenti climatici (Reckien et al.2014)con infrastrutture verdi per ridurre i rischi di emissioni di gas serra, inquinamento e alluvioni (Figura 2).

 


Figura 2. Infrastrutture verdi nelle aree metropolitane in Europa

 

Nasce l’Agenda urbana per lo Sviluppo Sostenibile

Portare avanti delle politiche urbane per “rendere le città e gli insediamenti umani più inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili”, come previsto dall’obiettivo 11 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, e individuare le principali sfide dei prossimi anni sulle quali orientare l’azione delle autorità pubbliche (Governo, Regioni, Comuni). Con questo obiettivo nasce l’Agenda urbana per lo Sviluppo Sostenibile (Figura 3), pubblicata mercoledì scorso dall’ASviS (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile) e dal Centro nazionale per le politiche urbane (Urban@it).

 

Figura 3. Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile – "Obiettivi e proposte”

 

L’Agenda urbana, spiega un comunicato stampa dell’ASviS, mostra come i sindaci possano trarre ispirazione dall’Agenda 2030 per affrontare in modo coordinato le principali problematiche sofferte dalle nostre città, dalla lotta alla povertà all’efficienza energetica, dalla mobilità sostenibile all’inclusione sociale.

Per l’Italia, l’Agenda illustra gli indicatori Eurostat sul “grado di urbanizzazione” e sottolinea come i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, insieme ai 12 temi prioritari dell’Agenda urbana per l’Unione europea (“Patto di Amsterdam”, 30 maggio 2016) e agli obiettivi della Strategia nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (approvata dal Cipe – Comitato interministeriale per la programmazione economica il 22 dicembre 2017), potrebbero contribuire a sviluppare le azioni necessarie per lo sviluppo sostenibile. Infatti, le amministrazioni delle città, specialmente delle città metropolitane, potrebbero fare riferimento agli obiettivi e ai contenuti riportati in questi documenti sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale come quadro di riferimento per gestire politiche più innovative, superando le logiche settoriali che spesso caratterizzano gli interventi realizzati sul territorio dai vari soggetti coinvolti.

 

Le principali problematiche delle città italiane secondo l’ASviS

L’Agenda urbana si propone come strumento-guida per il Governo, le amministrazioni locali e le organizzazioni della società civile che operano e agiscono per rendere migliori le nostre città. In particolare, essa indica alcuni punti per cui l’Italia si posiziona agli ultimi posti nella classifica dei paesi europei, in primis, la qualità dell’aria (richiamata nell’Obiettivo 3 dell’Agenda 2030). Inoltre, l’ASviS sottolinea che, nel 2015, il 20,1% della popolazione urbana italiana è stata esposta a concentrazioni eccessive di polveri sottili, soprattutto PM2,5 e PM10 (Figure 4 e 5). Tra i paesi europei, l’Italia riporta, purtroppo, anche il più elevato numero di morti premature correlate al PM2,5 (quasi 60 mila ogni anno) e ad altri inquinanti atmosferici come ozono e biossido d’azoto.

 

Figura 4. Concentrazione di PM10 nelle città europee

 

Figura 5. Concentrazione di PM2.5 nelle città europee

 

Sulla qualità dell’aria, l’Agenda propone come obiettivo per le aree urbane (in Italia) il non superamento del limite massimo stabilito dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) pari a 2,5 µg/mc entro il 2025. Un obiettivo che può essere raggiunto, secondo l’Agenda, realizzando una serie di azioni concrete sul settore dei trasporti e degli impianti di riscaldamento delle abitazioni, promuovendo, al contempo, infrastrutture verdi nelle città.

Per quanto riguarda poi la povertà e l’esclusione sociale, che costituiscono l’Obiettivo 1 dell’Agenda 2030, la situazione italiana resta critica rispetto a quella media europea. Attualmente, in Italia, ci sono circa 4,5 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà (meno di 1000 euro lordi mensili), la maggior parte delle quali vive nelle città (dati ISTAT, 2014). L’Agenda si propone come obiettivo principale per le aree urbane la riduzione di 1,7 milioni di persone in condizioni di povertà entro il 2025, da realizzare sia attraverso politiche sociali da parte delle istituzioni, mirate al potenziamento della qualità dei servizi in tutte le regioni d’Italia, sia con lo sviluppo del welfare locale e l’elaborazione di un Piano nazionale di lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

Per quanto riguarda la sicurezza delle abitazioni (richiamata nell’Obiettivo 11 dell’Agenda 2030), l’ASviS sottolinea che, nel 2015, l’11,3% della popolazione italiana urbana viveva in condizioni di grave disagio abitativo, a fronte di una media europea pari al 5,2%. L’obiettivo proposto dall’Agenda è quello di portare  sotto il 4% il numero di persone che soffrono il disagio abitativo entro il 2030, attraverso l’elaborazione di un Piano strategico per le città italiane a dieci anni. Inoltre si propone l’evoluzione dell’esperienza dei bandi per le periferie, una Strategia nazionale per la rigenerazione urbana e le periferie per quanto riguarda gli aspetti sociali, di sicurezza e di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, potenziando il Piano casa (legge n. 80 del 2014) e attuando l’accordo Governo–Anci per l’accoglienza dei rifugiati.


Fonti per approfondire:

  • Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile;
  • “Agenda urbana per lo Sviluppo Sostenibile – Obiettivi e Proposte”;
  • Agenda urbana per l’Unione europea;
  • UN-Habitat for a better urban future;
  • Dati ISTAT, 2014;
  • “Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile”;
  • L’Utopia sostenibile”, Enrico Giovannini (Laterza, 2018).
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Progetto “iDEAL – Decision support for Adaptation pLan”

 


Eventi meteorologici estremi, intensificazione degli incendi, siccità, alluvioni, frane sono tra gli effetti più diffusi del cambiamento climatico che colpiscono Italia e Croazia. La prevenzione, o almeno la riduzione, di questi effetti potrebbe essere supportata da un settore pubblico meglio organizzato per quanto riguarda l’acquisizione di dati e informazioni e la loro elaborazione. Su queste premesse si basa il progetto “iDEAL – Decision support for Adaptation pLan”, finanziato dal primo bando – lanciato nel 2017 – del programma europeo Interreg Italia-Croazia 2014-2020.

Il progetto iDEAL aiuterà le amministrazioni pubbliche a prendere decisioni appropriate riguardo le misure di adattamento climatico e a sviluppare piani di adattamento climatico coerenti e adeguati nei territori coinvolti: per l’Italia, la zona costiera di Pesaro, Misano Adriatico e Ostuni, oltre all’area veneziana; per la Croazia, la zona costiera di Dubrovnik e la regione istriana.
Questo obiettivo sarà perseguito attraverso un processo condiviso di costruzione di conoscenza e la realizzazione di un Sistema di Supporto alle Decisioni comune per il cui uso, sviluppo e aggiornamento verrà realizzato un programma formativo transfrontaliero.

iDEAL porterà complessivamente allo sviluppo di 5 piani di adattamento climatico, all’individuazione di indicatori per la valutazione delle aree pilota, all’elaborazione di un sistema di monitoraggio del cambiamento climatico.

L’Università Iuav di Venezia, partner del progetto (referente scientifico il Prof. Francesco Musco) ha ospitato l’1 e 2 marzo il meeting di lancio del progetto, avviato ufficialmente il 1° gennaio scorso per una durata di 18 mesi, con un budget di 799.191,80 euro, finanziati all’85% dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – FESR.

All’incontro hanno partecipato rappresentanti dei sei partner progettuali: oltre a Iuav, IRENA – Istrian Regional Energy Agency (capofila), Comune di Pesaro, Comune di Misano Adriatico, City of Dubrovnik Development Agency DURA e Parco Naturale Regionale "Dune costiere da Torre Canne a Torre S. Leonardo” (Ostuni).
Il progetto è stato presentato al pubblico durante un incontro aperto, a cui ha
partecipato Eugenio Morello, esperto del Politecnico di Milano.