Produzione di piante e fiori in Europa

Florovivaismo in Italia. Il contributo delle tecnologie ecocompatibili al suo sviluppo. Introduzione

Introduzione

Il florovivaismo [1] è un comparto importante dell’agricoltura italiana, con un valore della produzione pari mediamente a 2,6 miliardi di euro, quasi 29.000 ettari impegnati ed oltre 100.000 addetti, cui vanno aggiunti gli occupati in una serie di attività collegate, dai costitutori e moltiplicatori di materiale di produzione ai lavoratori delle industrie che fabbricano impianti, macchinari di vario genere, vasi, materiali per il confezionamento ecc., agli addetti alla vendita (fioristi, ambulanti, centri di giardinaggio, distribuzione organizzata) (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, 2014). Tali dati potrebbero risultare molto più significativi, considerando quelli che vengono unanimemente riconosciuti come punti di forza del nostro florovivaismo, ossia le condizioni pedoclimatiche favorevoli, l’elevata qualità media delle produzioni, frutto di un know how acquisito nel tempo e di una grande professionalità degli operatori, la ricchezza delle varietà della flora mediterranea, l’immagine positiva che il made in Italy conserva nel mondo. Da alcuni anni, tuttavia, il settore vive una situazione difficile, stretto tra una crisi economica, dalla quale l’Italia fa fatica ad uscire e che comporta ovviamente una contrazione dei consumi di beni voluttuari, e una concorrenza agguerrita da parte di competitor esteri, europei e non. Tra questi ultimi, oltre ad Israele, hanno assunto da molto tempo una posizione di rilievo nel mercato globale diversi Paesi africani (Kenya, Zambia, Uganda, Zimbabwe), latino americani (Ecuador e Colombia) e asiatici (India e Cina), che ai bassi costi di produzione, il più delle volte legati allo scarso rispetto dei diritti sociali e alla scarsa sensibilità ambientale, hanno potuto aggiungere spesso sensibili agevolazioni commerciali previste da accordi internazionali. In questo modo, oltre ad esportare verso Paesi tradizionalmente “grandi consumatori”, come USA, Canada, Scandinavia, Germania, Austria ecc., hanno conquistato anche i mercati di Paesi a duplice vocazione di produttori e consumatori, quali Giappone, Messico, Brasile e, in Europa, Olanda, Francia e la stessa Italia. Quanto ai concorrenti europei, i florovivaisti italiani risentono negativamente della maggiore capacità organizzativa, logistica e di marketing di Olanda, Danimarca e Spagna, oltre che del miglior rapporto qualità-prezzo delle loro produzioni, ottenuto con una serie di misure basate, tra l’altro, sull’introduzione di nuovi metodi colturali, di innovazioni nella realizzazione e gestione delle serre e su interventi di risparmio energetico (Niola, 2003). La debolezza del nostro florovivaismo è dovuta ad una serie di fattori strutturali, quali la scarsa innovazione di processo e di prodotto, con la conseguente dipendenza dai brevetti stranieri, gli insufficienti investimenti per la ricerca, la promozione e il marketing, le dimensioni aziendali esigue, la frammentazione dell’offerta, l’inadeguatezza delle infrastrutture e della logistica e le strutture produttive obsolete [01], [02].
A queste criticità si aggiungono, poi, gli alti costi di produzione e l’elevato impatto ambientale. Proprio su quest’ultimo aspetto si sta concentrando negli ultimi tempi l’attenzione degli operatori, in quanto si ritiene che l’impiego di metodi ecocompatibili, insieme agli interventi sul prodotto, sulle tecniche produttive e sulla commercializzazione, potrebbe fornire un buon contributo allo sviluppo del comparto.

Produzione di piante e fiori in Europa
La produzione di fiori e piante in EU (stati membri) nel 2011, basata su valori e prezzi di produzione correnti (fonte: EUROSTAT).

  “Floricoltura sostenibile…. Sumflower  Manuale e Linee Guida
Gestione sostenibile della floricoltura nella Riviera di Ponente, ”
a cura di: Mauro G. Mariotti, Enrica Roccotiello 

 


[1] E’ un’attività costituita da 2 componenti: la floricoltura, che comprende il segmento dei fiori recisi, il fogliame ornamentale, le piante ornamentali verdi e fiorite, da interno ed esterno, in vaso e in piena aria, e il vivaismo, rivolto alla coltivazione, su scala industriale, di piante da destinare al commercio all’ingrosso e al minuto.

Premiate le 13 Bio startup italiane più innovative.

Sabato 27 giugno 2015 l’Ordine Nazionale dei Biologi ha presentato  a EXPO2015 i vincitori del concorso nazionale lanciato per diffondere la cultura del fare impresa con idee innovative nel settore della biologia.

Un dispositivo orale (un bite) che rallenta la masticazione, aumenta i tempi necessari per assumere cibo e diminuisce l’impulso ad assumerne, permettendo di perdere peso senza ricorrere a diete drastiche. Un integratore alimentare a base di spirulina, alga acquatica ricca di benefici per la salute. Una nuova tecnica di addestramento cinofila che permette ad un cane di riconoscere l’odore delle cimici dei letti. Un metodo per l’estrazione della bava delle lumache, utile per la cosmesi, senza danni per l’animale. Un processo per creare sapone dagli oli esausti della ristorazione.

Sono solo alcune delle idee innovative delle 13 bio startup, vincitrici del bando Bio Plug In, le migliori idee di impresa nei settori della nutrizione, della tutela dell’ambiente e della sicurezza alimentare.

Il bando è nato con l’obiettivo di diffondere tra gli iscritti all’ONB(Ordine Nazionale biologi) la cultura del fare impresa con idee innovative nel settore della biologia.

I primi progetti selezionati saranno in mostra a Expo 2015 all’interno dello spazio espositivo dei biologi, un’occasione per promuovere verso il grande pubblico le bio-idee in cerca di finanziamenti. I vincitori hanno inoltre avuto l’opportunità di frequentare un corso di alta formazione grazie a Officine Formative, la scuola d’impresa di Intesa Sanpaolo. e di entrare in contatto con le aziende partner per dar vita al proprio progetto. Altri premiati avranno accesso a corsi on line, attraverso la piattaforma di Officine Formative e alla banca dati dell’ONB, per facilitare l’arrivo di finanziamenti.


Elenco vincitori (con link a schede di diversi progetti)

APULIA KUNDI (Flavia MILONE, Raffaele SETTANNI, Danila CHIAPPERINI)

BIO SWAP (Chiara COSTANZA, Francesco DRAGOTTA)

SEMPLICEMENTE NATURA (Antonio GENTILE, Grazia POLIERI, Vincenzo DONVITO)

POSTAZIONE M.E.A.T. (Alberto GRILLI)

NUOVI SISTEMI DI MONITORAGGIO DELLA CATENA DEL FREDDO (Alberto MEREU, Daniele CHIRIU)

NAHANI SCENT (Claudia PUCCI)

LA ROMAN BAG (Maria Lucia GAETANI)

SATIVA STYLE (Lucilla OSTELLARI, Fabia FRANCO, Mauro FERRARESE)

DENTA SLIM-UP (Roberta CAROTENUTO)

COLORIBO (Grazia DI PILATO, Bice PERRINI)

SHELF LIFE (Valentina PELLEGRINO PRATELLA)

BIOKIT (Barbara DI MAGGIO, Isabella PACIOLLA)

BILO (Valeria CAPUZZI)

 

Per altre informazioni: www.onb.it

 

1. Fanghi degli impianti di trattamento delle acque reflue in Veneto

Sommario 

 I fanghi prodotti dalla depurazione biologica delle acque reflue urbane vengono destinati a smaltimento in discarica, a compostaggio, ad impiego in agricoltura e ad incenerimento. La produzione e gestione dei fanghi di depurazione biologica fa riferimento alla direttiva 86/278/CEE, al D.Lgs. n. 99/1992 e, in regione Veneto, alla DGRV n. 2241/2005 per quanto riguarda l’utilizzo in agricoltura e al D.Lgs. 152/2006, alla L.R. 3/2000 e alla DGRV n. 568/2005 per le operazioni di smaltimento e recupero. Per valutare i quantitativi prodotti ed il destino finale sono stati utilizzati i dati desunti dai MUD (modello unico di dichiarazione) presentati dai produttori dei fanghi disponibili nell’ultimo quinquennio. Il recupero mediante compostaggio (R3) è risultato la destinazione principale; quantità di poco inferiori sono ancora avviate a trattamento biologico (30-40%, D8) mentre meno del 20% viene avviato in discarica (D1) e solamente il 5-10% viene utilizzato in agricoltura (R10).


Management of sewage sludges produced by biological treatment of urban wastewater in Veneto Region

Summary
Urban sewage sludges produced by biological depuration are sent to landfill dumping, composting, agricultural use and incineration. Sewage sludge production and management is regulated in the Veneto region by Directive 86/278/EEC, Italian Decree n. 99/1982 and regional Deliberation n. 2241/2005 for agricultural use, and by National Decree n. 152/2006, Regional Law 3/2000 and regional Deliberation n. 568/2005 for recovery and disposal. In order to assess the amount of biological sludge produced in Veneto region and its final destination, the Unique Declaration Form (MUD) collected in the last five years have been used. Composting is assessed to be the main sludge destination (50-60%), followed by biological treatment (30-40%, D8), disposal (10-20%, D1) and agricultural use (5-10%, R10).


Introduzione

La depurazione biologica delle acque reflue ha ricadute significative anche nel campo della gestione dei rifiuti per effetto della produzione di rilevanti quantità di fanghi da depurazione, cioè dei residui solidi prodotti attraverso lo sviluppo del fango attivo nel corso dell’ossidazione biologica; tale fango infatti deve essere successivamente separato, disidratato ed infine destinato al recupero o allo smaltimento. La gestione dei fanghi di depurazione costituisce una problematica ambientale rilevante che va affrontata unitamente a quella del rispetto dei limiti previsti per l’accettabilità delle acque reflue nei corpi idrici, per la quale esistono molteplici soluzioni suggerite dalla pratica professionale e dalla manualistica tecnica (Masotti, 1999; Bianucci & Ribaldone Bianucci, 1998; Vismara, 2001; Metcalf & Eddy, 2010).

Dal quadro relativo alla produzione dei fanghi da depurazione biologica in Veneto sulla base dei dati disponibili da elaborazione MUD (ARPAV, Servizio Osservatorio Rifiuti, 2011) emerge che la produzione di fanghi a livello regionale è alquanto eterogenea tra le province e si attesta complessivamente tra 320.000 e 370.000 t/anno.

L’analisi e l’elaborazione dei dati raccolti intende valutare l’andamento della produzione dei fanghi a partire dal 2006 sino al 2009 cercando di stabilire quali siano le motivazioni alla base della notevole eterogeneità nella produzione di fanghi esistente a livello interprovinciale e quale sia la destinazione dei fanghi prodotti negli impianti di depurazione delle acque reflue urbane.