6.4. Flusso i nutrienti e sostenibilità in agricoltura

Una ricerca dell’Istituto di Ricerca Agroalimentare Finlandese (MTT) afferma di aver creato un nuovo modello che consente la misurazione della sostenibilità nel settore agricolo. Il concetto di sostenibilità in generale, e in agricoltura in particolare, è spesso oggetto di controversie in quanto si basa più su dei concetti che su qualcosa veramente misurabile. Infatti, nonostante ci siano dei modelli atti a “misurare” la sostenibilità in agricoltura, questi presentano diversi limiti e spesso i risultati ottenuti sottostimano o sovrastimano l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente in maniera da rendere il risultato fuorviante.

Grafico sul significato di sostenibilità
Crediti immagine:bankESA

La ricerca mette in evidenza i limiti dell’attuale modello in uso, ovvero quello sostenuto dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che si basa principalmente sul calcolo dei nutrienti in entrata nel sistema.
I parametri presi in esame, però, possono venire pesantemente influenzati dalle condizioni metereologiche, nonché dall’operatore e dai rumori di fondo. Infatti, l’Istituto finlandese lamenta che tali misurazioni si prestano ad errori e a difficoltà interpretative in quanto sono presenti numerosi fattori di disturbo (rumori di fondo nelle misurazioni) a volte difficili da separare. Questi inesattezze in fase di misurazione possono portare ad un errore non trascurabile nella valutazione del parametro finale. Inoltre, il modello in uso è di tipo “statico”, pertanto male si adatta a una situazione dinamica come quella ambientale.

Il modello suggerito dall’OCSE, attualmente in uso, è abitualmente impiegato a livello politico-istituzionale per l’applicazione in norme e politiche europee e viene usato per il calcolo e la determinazione di aree potenzialmente inquinate da eccesso di nutrienti.
L’Istituto finlandese MTT, che mette in evidenza i limiti di tale modello e ne propone uno che considera migliore, si sta muovendo per ottenere l’impiego di questo suo modello a livello politico-legislativo, in quanto più affidabile e riproducibile del precedente, e in grado di fornire dati e indicatori più idonei a livello decisionale.

Modello di funzionamento per valutare la sostenibilità agricola (SA)
Crediti immagine: IISD

La proposta finlandese nasce al termine di uno studio, durato 48 anni, che ha coperto moltissimi aspetti dell’agricoltura. Tuttavia, la soluzione per la corretta definizione del modello, è venuta da una ricerca più recente che analizzava in dettaglio l’impatto ambientale degli allevamenti di vacche da latte. Il modello messo a punto si adatta non solo alla realtà finlandese ma può essere tranquillamente esportato in altri paesi. Infatti, al momento tale modello è stato sperimentato con successo già in 14 diversi stati europei.
Il modello parte dall’idea di calcolare un flusso dinamico di dati e sfrutta concetti e modelli sviluppati per industrie e banche per il calcolo di produttività ed efficienza. I parametri che vengono presi in considerazione sono ancora i nutrienti, ma invece di individuare i nutrienti immessi nel sistema si analizza il flusso di nutrienti in uscita dal sistema. Gli anni di ricerca hanno infatti rivelato una correlazione diretta tra il flusso di nutrienti in entrata con il flusso dei nutrienti in uscita, la differenza è che questi ultimi sono più facilmente monitorabili. I nutrienti possono defluire dal sistema attraverso diversi ambienti, quindi le analisi si svolgono su acqua, suolo e aria.
Questo modello ha inoltre il vantaggio di prendere in considerazione anche l’accumulo dei nutrienti nei vari ambienti come pure la natura dinamica dello stesso ciclo dei nutrienti.

 

6.3. La fertilizzazione fogliare

Una ricerca spagnola condotta da alcuni ricercatori dell’Università di Alcalà e del Politecnico di Madrid e pubblicata sulla rivista Environmental and Experimental Botany ha provato come sia possibile effettuare efficacemente la fertilizzazione fogliare. Questo metodo di fertilizzazione viene applicato direttamente sulle foglie e serve da complemento al metodo di fertilizzazione tradizionale (via apparato radicale). Le piante cresciute impiegando questo metodo risultano essere di alta qualità e particolarmente idonee per la forestazione.

Lo studio ha preso in esame quattro diversi fertilizzanti a base di azoto (urea, nitrati, ammonio e glicina) e due specie mediterranee usate in genere nella reintegrazione boschiva: il leccio (Quercus ilex L.) e il pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.). Negli esperimenti si è provveduto ad effettuare la fertilizzazione direttamente sulle foglie.
L’alimentazione fogliare è usata in agricoltura per avere un controllo rapido e preciso della nutrizione della pianta. Questa tecnica, però, non era mai stata testata su questo tipo di piante e sui boschi.
Per poter studiare l’effetto e l’efficacia nell’adsorbimento di ciascun fertilizzante, i ricercatori hanno impiegato fertilizzanti marchiati con l’isotopo stabile dell’azoto, e quindi hanno analizzato il comportamento di entrambe le specie arboree.

 Fasi della ricerca di fertilizzazione fogliare

Dai risultati ottenuti, i ricercatori hanno osservato che l’urea ha il miglior quoziente di assorbimento, seguita da ammoniaca, glicina e quindi nitrati. Queste differenze tra i quattro fertilizzanti si possono spiegare attraverso un’analisi delle proprietà fisico-chimiche di ciascuno di essi, in particolare la differenza tra loro in polarità, igroscopicità e solubilità.

Tra le due specie arboree si è visto un adsorbimento fogliare maggiore per il leccio rispetto al pino. Anche in questo caso, la differenza di comportamento è spiegabile attraverso le diverse proprietà anatomiche a livello fogliare quali, ad esempio, la densità degli stomi.
I ricercatori hanno inoltre evidenziato che, all’interno in ciascuna specie, esiste una correlazione tra la permeabilità cuticolare e l’adsorbimento fogliare, e questa relazione può variare a seconda del tipo di fertilizzante impiegato.
Interessanti sono anche i dati ottenuti con l’impiego della fonte organica di azoto (la glicina). Al momento, infatti, non ci sono molti dati in letteratura a questo proposito.

I risultati ottenuti evidenziano come la fertilizzazione fogliare porti ad un aumento del contenuto di azoto nella pianta, sia del leccio come nel pino. Tutti i prodotti impiegati hanno riportato un risultato positivo. L’analisi dettagliata dei risultati mostra due aspetti molto importanti:

  • l’urea risulta essere il fertilizzante più efficiente
  • entrambe le specie studiate possono adsorbire la glicina intatta per via fogliare.

Inoltre, le differenze osservate sulla velocità di adsorbimento tra le due specie consente ai ricercatori di sviluppare dei modelli per poter prevedere il comportamento di altre specie arboree.
Questo metodo di fertilizzazione risulta essere uno strumento efficace per completare il regime di fertilizzazione soprattutto in presenza di suoli poveri di nutrienti o aridi. Le specie arboree così trattate presentano un miglioramento qualitativo.
Questo tipo di fertilizzazione può trovare largo impiego nei vivai, nelle aree boschive e in zone in cui l’adsorbimento per via radicale risulta difficile. 

 

6.2.1. La nuova normativa sul digestato

La digestione anaerobica è assimilabile ad una biotecnologia in quanto determina delle modificazioni chimico fisiche del refluo/ ingestato e può essere impiagata per produrre energia rinnovabilee fertilizzanti. Il processo è virtuoso in quanto da rifiuti che devono essere smaltiti si  arriva a fertilizzanti utilizzabili in agricoltura consentendo una forte sostenibilità economica e ambientale.

Tuttavia la normativa sui nitrati ha posto delle limitazioni al riutilizzo dei reflui zootecnici in agricoltura, ma il decreto di dicembre 2014 con il riconoscimento di un valore fertilizzante per una parte di digestato apre la porta a nuove possibilità future ed ad un utilizzo virtuoso dei reflui zootecnici.