6.2. Progetto LIFE+ RESAFE

Il progetto Life+ RESAFE ha come obiettivo principale il determinare uso di un innovativo fertilizzante che consentirà di ridurre l’impiego di fertilizzanti chimici e minerali in agricoltura, dal momento che i nutrienti necessari per l’azione fertilizzante saranno ottenuti in maniera naturale dai rifiuti organici urbani (UOW), residui organici agricoli (FOR) e dal bio-char grazie all’impiego di una complessa miscela enzimatica.

L’uso di ognuno di questi tre componenti ha un valore ambientale significativo:

  • UOW è prodotto in maniera costante da tutte le attività umane, il che lo rende una fonte di nutrienti ecologica e di qualità. Il suo uso consentirà di diminuire la quantità di rifiuti destinati alle discariche.
  • FOR presenta le stesse caratteristiche e il suo smaltimento, essendo complesso e costoso, rappresenta spesso un problema per gli agricoltori europei.
  • bio-char è un carbone di legna ottenuto dalla pirolisi della biomassa.

L’utilizzo del bio-char può ridurre in maniera consistente l’impatto globale del settore agricolo: quando usato come componente fertilizzante migliora la qualità dell’acqua, accresce la fertilità del suolo e aumenta la produttività agricola. Per queste ragioni il bio-char favorisce in maniera significativa la crescita delle piante e aumenta l’efficacia dei fertilizzanti a base di azoto. Inoltre i suoli arricchiti con il bio-char presentano migliori caratteristiche chimiche (porosità e grandezza delle particelle), maggiore fertilità e produttività e possono supportare una produzione agricola più consistente.

Bio-Char (Crediti immagine: KisOrganics)

Il principale fattore limitante ad un largo uso di fertilizzanti organici è spesso legato ad un uso incorretto dei materiali grezzi che determina una scarsa qualità del prodotto finale. RESAFE è nato proprio con lo scopo di migliorare tutta la catena di produzione, cominciando dal trattamento separato del UOW, FOR e Bio-char.

Il progetto vuole arrivare alla produzione di un fertilizzante caratterizzato da una ridotta salinità, basato su rifiuti organici urbani, bio-char e residui organici agricoli, per rimpiazzare i fertilizzanti chimici e minerali. Inoltre il nuovo prodotto dovrebbe accrescere il potenziale del suolo di contrastare l’azione dei patogeni.

Il progetto LIFE+ RESAFE studia la realtà locale per potersi meglio inserire e offrire pertanto delle soluzioni altamente sostenibili. Vengono quindi analizzate le sostanze organiche di scarto presenti nel contesto territoriale, quali rifiuti urbani, rifiuti derivanti da attività agricole e allevamenti, e biochar (residui della combustione di legno in impianti di produzione di energia elettrica) per poi arrivare alla progettazione di un percorso di produzione di fertilizzanti.

Il processo di compostaggio studiato in collaborazione con diversi enti universitari permette di massimizzare la ritenzione di azoto nel concime, di migliorare le caratteristiche igienico-sanitario del fertilizzante e di ottimizzare l’efficacia sul suolo.

 

6.1. Biofertilizzanti con batteri autoctoni

L’Istituto Basco per la Ricerca e lo Sviluppo in Agricoltura (Neiker-Tecnalia) ha dedicato una linea di ricerca ai biofertilizzanti con lo scopo di individuare e selezionare dei batteri autoctoni idonei ad essere impiegati nelle formulazione dei biofertilizzanti. La creazione di biofertilizzanti validi ad un prezzo accessibile potrebbe risultare estremamente vantaggioso sia per l’ambiente sia per gli agricoltori.

L’agricoltura sostenibile prevede un minor impiego di additivi chimici, siano fertilizzanti o fitofarmaci. I biofertilizzanti si stanno ponendo come delle possibili alternative e, tra questi, risultano particolarmente interessanti i formulati che contengono batteri autoctoni.
I batteri svolgono un ruolo importante in quanto, in un certo senso, aiutano le piante ad assorbire quei nutrienti già presenti nel suolo ma non normalmente fruibili in quanto insolubili. Inoltre, i batteri competono con gli altri microrganismi presenti nel suolo e possono, quindi, anche ostacolare la crescita e lo sviluppo di organismi nocivi per le colture.
Questa tipologia di biofertilizzante, pertanto, potrebbe portare non solo ad una diminuzione dell’uso di fertilizzanti di sintesi, ma pure di fitofarmaci.

I ricercatori dell’Istituto Neiker-Tecnalia hanno selezionato di recente un gruppo di batteri autoctono che ha dimostrato di possedere tutte le caratteristiche fondamentali per poter essere impiegato nella formulazione di biofertilizzanti.
Questi batteri si sono, infatti, dimostrati capaci di:

  • aumentare la disponibilità dei nutrienti presenti nel suolo (rendendoli così assimilabili da parte delle piante);
  • produrre ormoni che stimolano la crescita della piante;
  • stimolare lo sviluppo dell’apparato radicale;
  • impedire lo sviluppo di altri micro-organismi dannosi per la pianta.

Questa specie di batteri è normalmente presente sia nel terreno sia nel tessuto delle piante. Nei vari test effettuati in vitro, questi batteri hanno fornito degli ottimi risultati. Attualmente vengono testati su delle piante di lattuga coltivate in condizioni controllate. La scelta della lattuga come coltura per il test è dovuta ad una semplice convenienza temporale data la sua rapidità di crescita.
Il test comprende l’analisi di diversi tipi di fertilizzati per ottenere il maggior numero di informazioni sulla reale efficacia dei biofertilizzanti in generale.

Laboratorio Neiker Tecnalia per la sperimentazione di biofertilizzanti con batteri autoctoni
Crediti immagine: Neiker Tecnalia

 

Vengono quindi effettuate prove impiegando:

  • biofertilizzanti formulati con l’aggiunta di batteri;
  • biofertilizzanti prodotti in modo artigianale da agricoltori nella zona;
  • biofertilizzanti commerciali (come il bokashi);
  • fertilizzanti di sintesi.

Oltre al potere fertilizzante e alla capacità di aumentare la produttività in suoli poveri, i ricercatori misurano l’impatto del patogeno della Sclerotinia sclerotiorum sulle varie parcelle.
La Sclerotinia sclerotiorum è un fungo che attacca le radice e può causare la sclerotinosi, malattia che porta alla necrosi delle piante. Questo patogeno crea la formazione di strutture nere e rigide (chiamate scleroti) e di una polverina bianca di micelio che si forma sulle piante che ne sono affette.

Sclerotinia sclerotiorum su Phaseolus vulgaris
Crediti immagine:
Rasbak @ Wikimedia Commons

Ad essere maggiormente colpite sono le colture di patate, colza, girasole, fagioli, carote.
Se le prove in vitro verranno confermate, il biofertilizzante formulato con batteri dovrebbe aiutare la pianta a difendersi da sola da questo parassita.
Al termine delle prove in ambiente protetto si procederà con quelle in campo aperto.

 

6. Metodi alternativi di concimazione / fertilizzazione

La fertilizzazione delle colture comprende l’insieme delle pratiche volte a favorire la nutrizione delle piante attraverso l’apporto degli elementi nutritivi e attraverso il miglioramento delle caratteristiche del terreno che influenzano lo sviluppo e la capacità di assorbimento radicale.

La pianta trova gli alimenti nutritivi nel terreno e li assorbe disciolti nell’acqua. Alcuni di questi elementi sono necessari in quantità rilevanti come azoto, fosforo, potassio e calcio; altri sono sufficienti in tracce, come ferro, manganese, zinco, rame, etc.
Tra le tecniche di fertilizzazione si possono distinguere:

  • la concimazione: modifica delle proprietà chimiche del terreno con la sola finalità di soddisfare il fabbisogno nutritivo delle colture;
  • la correzione: regolazione del pH;
  • l’ammendamento: miglioramento delle proprietà fisiche.

Queste finalità, diverse ma complementari, trovano un riscontro a livello normativo nella suddivisione dei fertilizzanti in “concimi” ed in “ammendanti e correttivi”: in base alla Legge 748/84 i primi vengono definiti come “qualsiasi sostanza, naturale o sintetica, idonea a fornire alle colture gli elementi chimici della fertilità a queste necessarie” mentre i secondi come “qualsiasi sostanza, naturale o sintetica, minerale od organica, capace di modificare e migliorare le proprietà e le caratteristiche chimiche, fisiche, biologiche e meccaniche di un terreno”.
Il ruolo della fertilizzazione ed in particolare della concimazione è fondamentale e sta all’agricoltore definire i fabbisogni in elementi nutritivi delle diverse colture, stimare quanto tali fabbisogni possono essere resi disponibili naturalmente dal terreno e quindi fornire il complemento nel modo più efficiente ed economico.