4. La difesa parassitaria integrata

Un modo per diminuire l’impiego di fitofarmaci in agricoltura è quello di attuale la difesa parassitaria integrata. Questa procedura implica l’impiego di mezzi fisici, agronomici e biologici, e si ricorre all’uso degli antiparassitari chimici soltanto in casi estremi. Il controllo e il biocontrollo è più facile nelle colture protette in quanto si può intervenire più facilmente sia con mezzi fisici sia sui parametri climatici e quindi limitare l’ingresso o la proliferazione di insetti e acari patogeni. Tuttavia anche in pieno campo è possibile adottare tecniche efficaci che prevedono un limitato impiego di fitofarmaci.

I diversi aspetti della difesa parassitaria integrata

Sono diversi gli accorgimenti che si devono tenere presente nell’applicazione della difesa parassitaria integrata e riguardano la coltura e l’ambiente di coltivazione nel suo insieme. Infatti già la scelta varietale rappresenta un punto chiave, per non parlare della qualità del suolo e quindi del monitoraggio.

 

3.2. Pastorizzazione delle uova crude

La Salmonella (S. enteritidis) si trova in una percentuale ancora elevata in diverse uova, tanto da limitarne il consumo da crude o non abbastanza cotte.

 Batteri di S. enteriditis
Crediti immagine: World Poultry

Le salmonelle sono bacilli Gram-negativi, asporigeni, anaerobi facoltativi. Nell’uomo sono causa di due patologie infettive:

  • la febbre tifoide e paratifoide
  • le salmonellosi minori

L’infezione da salmonella è trasmessa per via oro-fecale attraverso l’ingestione di cibi o bevande contaminate.
Una ricerca portata avanti dal Dipartimento dell’Agricoltura Statunitense (USDA – U.S. Department of Agriculture) ha trovato una soluzione veloce ed efficace per pastorizzare le uova crude senza alterarne le caratteristiche (gusto, tessitura, colore) .

Il nuovo metodo esiste al momento solo a livello di prototipo ma dimostra un’efficacia del 99%. Il metodo potrebbe diventare una valida alternativa a quello in uso attualmente (immersione per un ora in acqua calda). Il nuovo metodo prevede l’irraggiamento con onde radio dell’uovo che in contemporanea viene ruotato e spruzzato con acqua (per evitare il surriscaldamento). Le onde radio scaldano l’uovo dall’esterno all’interno, quindi scaldano maggiormente dove l’uovo è più robusto (nel tuorlo) e meno dove invece è più sensibile (la chiara). Successivamente è previsto un breve passaggio in un bagno tiepido. Questo passaggio permette di trattenere il calore assorbito e quindi completare la pastorizzazione. L’intero processo dura circa 20 minuti, quindi tre volte più veloce del trattamento convenzionale.

 

3.1. Come evitare che i clostridi arrivino nel latte

I batteri del genere Clostridium, detti anche clostridi, rappresentano un problema per le aziende che producono latte destinato a formaggi a media e lunga stagionatura. I clostridi generano infatti delle spore resistenti alle avversità ambientali, che germinano nel formaggio durante la stagionatura causando gonfiori e fermentazioni indesiderate.

I clostridi si trovano normalmente nel terreno e vengono importati in azienda tramite gli alimenti, in particolare foraggi contaminati con terra e/o fertilizzanti organici. Tali foraggi determinano un inquinamento del latte sia diretto, a causa della polverosità che caratterizza questi batteri, sia indiretto, via alimentazione. Non va inoltre dimenticata la possibile contaminazione da parte di mangimi stoccati e conservati in modo scorretto.
Una volta ingeriti dagli animali, i clostridi non vengono degradati ma si moltiplicano per poi essere espulsi con le feci. Le deiezioni rappresentano quindi il maggiore veicolo di contaminazione dell’ambiente di stalla, e di conseguenza del latte. A loro volta, le deiezioni utilizzate per la concimazione organica dei prati aumentano il carico di clostridi nel terreno e conseguentemente nel foraggio contaminato di terra. Si crea così il “ciclo aziendale dei clostridi”, su cui l’allevatore ha la responsabilità di intervenire.

Funzionamento del "Ciclo aziendale dei clostridi"
Crediti immagine: Fondazione E. Mach

 

La quantità di clostridi e di spore che saranno presenti nel latte in uscita dall’azienda dipende però in maniera decisiva dalla gestione della stalla. L’allevatore ha infatti la possibilità, tramite accorgimenti gestionali e buone pratiche, di ridurre il carico di clostridi nella stalla e limitarne la proliferazione.

Consigli della Fondazione E. Mach per ridurre la contaminazione del latte da Clostridi
Crediti immagine: Fondazione E. Mach