*Indra testa il primo drone ambientale per la protezione di fiumi e zone costiere

  • L'UAV, che raccoglie campioni e analizza la qualità dell'acqua in tempo reale, sarà commercializzato entro l'anno ed è stato realizzato con le società spagnole Sixtemas e Adantia.
  • Con un peso massimo al decollo di 25 chilogrammi e sistema di controllo ottimizzato, il drone risulta facile da usare e trasportare.
  • Nell’ambito della stessa iniziativa, Indra lavora anche su una nave senza equipaggio dotata di un sistema robotico per monitorare la qualità dell'acqua in mare e negli oceani.
     

Indra, una delle principali società di consulenza e tecnologia, insieme alle società spagnole Sixtemas e Adantia, ha testato con successo il primo drone ambientale in grado di automatizzare la raccolta di campioni nei fiumi e nelle aree costiere, così da offrire informazioni in tempo reale sui parametri di qualità dell'acqua. Il sistema sarà pronto per la commercializzazione entro l’anno.

“L'Italia con uno sviluppo costiero di circa 7.900 km, più di 1.000 laghi e circa 1.200 fiumi di cui 58 che si sviluppano per oltre 100 chilometri potrebbe richiedere sistemi di monitoraggio di questo tipo per preservare gli ecosistemi fluviali e costieri e monitorare i bacini idrici”, ha spiegato Francesco Casertano, responsabile di sicurezza digitale in Italia. Nell'ambito del progetto, Indra è stata responsabile, in collaborazione con la società galiziana Aeromedia, dello sviluppo di mezzi automatici per l'acquisizione di campioni e dati, in grado di controllare la qualità dei bacini idrici e a preservare gli ecosistemi fluviali e costieri.
La soluzione moltiplicherà il numero di campioni che possono essere raccolti e garantirà agilità senza precedenti nel rilevare eventuali perdite o anomalie. Renderà inoltre possibile la raccolta di campioni in luoghi difficili da raggiungere, rafforzando la sicurezza dei professionisti coinvolti in questo tipo di compiti. 

Il sistema aereo senza pilota si basa su un multi-rotore che può sopportare fino a 25 kg di peso massimo al decollo, con un sistema di controllo ottimizzato. Ha diversi dispositivi e sensori in grado di determinare automaticamente la profondità e lo stato del fondo dei fiumi e delle coste, misurare l'altezza dello strato fotico – quello in cui penetra la luce solare -, acquisire e sfruttare in tempo reale i dati di qualità dell'acqua e possibilità di campionamento, sia a livelli di profondità specifici sia nell'intero strato fotico. Un sistema unico, che si distingue per l'integrazione di un gran numero di capacità in un piccolo dispositivo, facile da trasportare e da utilizzare.
Permette di raccogliere dati e campioni senza la necessità di una barca e di smaltirli immediatamente. Il suo utilizzo consente dunque di risparmiare tempo ed eseguire un monitoraggio dell'acqua molto più accurato.

La prossima sfida: proteggere gli oceani

Il progetto MAR 2 per l'automazione del campionamento oceanografico attraverso veicoli senza pilota fa parte del programma "Soluciones" della Civil UAVs Initiative, in cui vengono sviluppati prodotti e servizi di elevata maturità tecnologica che possono raggiungere il mercato e essere rapidamente commercializzati.

In questo contesto, Indra sta lavorando in collaborazione con le società spagnole Seadrone e il Galician Technology Center AIMEN ad un altro progetto aggiuntivo che migliorerà la raccolta di dati e campioni nelle acque costiere e oceaniche.

Si tratta di una nave con equipaggio opzionale che sarà dotata di un sistema robotizzato per l'acquisizione dei dati e campioni d'acqua, oltre che il loro successivo trattamento. Questo sistema sarà in grado di raccogliere, classificare, etichettare, archiviare e conservare automaticamente tutti i campioni.

Grazie ad esso è possibile coprire la sorveglianza di aree marine molto estese e raccogliere informazioni di alta qualità a costi ridotti.

Indra è anche la società che il governo spagnolo ha nominato per coordinare la partecipazione spagnola a FCAS, il programma europeo più ambizioso per lo sviluppo di un sistema di sistemi basato su un aereo di nuova generazione, che volerà a fianco di numerosi UAV.

(Fonte comunicato stampa IDRA)

* Le case di riso di “RiceHouse” protagoniste a klimahouse 2020

RiceHouse – la start-up di Tiziana Monterisi che trasforma gli scarti derivanti dalla lavorazione del riso in materiali per la bioedilizia – festeggia 4 anni di successi e annuncia, anche per il 2020, la sua presenza a Klimahouse di Bolzano


Proprio alla fiera di Bolzano RiceHouse presenta “RISORSA”,  il nuovo sistema costruttivo per l’involucro prefabbricato. Una parete a elevate prestazioni termiche e acustiche, priva di sostanze nocive per la salute delle persone, altamente traspirante che permette di regolare l’umidità degli ambienti indoor purificandone le concentrazioni di inquinanti grazie alle proprietà dell’argilla.

La startup, tra le più innovative nel campo delle costruzioni, realizza una linea completa di prodotti edili trasformando gli scarti della produzione risicola, altrimenti destinati a essere bruciati, perché inadatti all’allevamento. Grazie alla miscela di calce, lolla e paglia, i materiali firmati RiceHouse sono leggeri, altamente termici, traspiranti, sani, formaldeide free e 100% made in Italy. Inoltre, essendo completamente naturali, i prodotti della startup arrivati a fine vita non andranno a impattare sull’ambiente, in quanto biocompostabili e biodegradabili. Le proposte RiceHouse, infine, sono indicate sia per ristrutturazioni sia per nuove costruzioni.

Dall’inizio della sua attività, nel 2016, ad oggi  RiceHouse ha ottenuto un successo dietro l’altro. I prodotti della startup, che spaziano dagli intonaci ai massetti, dall’ecopittura ai pannelli di chiusura o di rivestimento a secco, sono ormai presenti in un numero sempre maggiore di cantieri e hanno permesso all’architetto Tiziana Monterisi di stringere importanti collaborazioni, ampliare il proprio portfolio clienti, oltre a essere costantemente impegnata su diversi progetti, fortemente innovativi.

I Progetti

La grande versatilità dei prodotti RiceHouse è facilmente declinabile in progetti diversi, che però puntano tutti a ridurre al minimo l’impatto ambientale, dando vita a case passive. Si passa quindi da progetti di ricostruzione, come per esempio Casa UD a Chamois (AO) – che grazie all’elevato isolamento della paglia di riso non necessita di un impianto tradizionale di riscaldamento neppure durante l’inverno, quando vengono raggiunte temperature molto basse -, a progetti di ristrutturazione e riqualificazione energetica, quali Casa NP a Sciolze (TO), dove l’insieme degli interventi di isolamento e di finitura con intonaci biocompositi in calce di lolla hanno consentito di ottenere un edificio a bassa energia grigia, che minimizza le dispersioni e sfrutta gli apporti solari passivi; passando per progetti di edilizia per il terziario, come Cavour98 a Montopoli (PI), un edificio in fase di realizzazione che accoglierà un centro estetico, interamente concepito secondo i principi di progettazione nZEB (Nearly Zero Energy Buildings), utilizzando esclusivamente materiali a base di riso, oltre all’apporto passivo del sole, alla vegetazione e all’illuminazione naturale; fino a progetti internazionali come Casa ZS a Aurigeno in Svizzera costruita interamente – dalla struttura in legno all’isolamento in paglia di riso per i muri perimetrali – con materiali naturali RiceHouse.

Le collaborazioni

Grazie alle ottime performance registrate negli anni precedenti, per la commercializzazione dei propri prodotti, RiceHouse ha scelto di continuare ad affidarsi a un partner solido come Nordtex, azienda altoatesina che distribuisce prodotti ecologici per il comfort e l’efficienza energetica delle abitazioni.

Si rafforza, inoltre, la collaborazione con Wasp, azienda leader nel settore della stampa 3D: dopo il grande successo di “Gaia”, una casa di ultima generazione stampata in 3D con i materiali completamente naturali di RiceHouse, i bio-materiali firmati RiceHouse sono stati impiegati per la realizzazione di “Tecla”, un habitat eco-sostenibile disegnato da Mario Cucinella e stampato con la tecnologia 3D di Wasp. Proprio quest’ultimo progetto, sarà illustrato dai protagonisti durante una tavola rotonda in agenda per venerdì 24 gennaio presso Klimahouse.

Ma non è tutto! Per il 2020 RiceHouse ha già firmato nuove importanti partnership con aziende del calibro di Repower, Terna e Vortice.
 


Il comunicato stampa completo in allegato

Emergenza polveri sottili e riscaldamento con legna e pellet: le soluzioni ci sono ma manca l’informazione

Legambiente, Kyoto Club, Aiel: BASTA FAKE NEWS, ad inquinare sono gli apparecchi obsoleti da sostituire con i nuovi che abbattono le emissioni dell’80% e informare i cittadini sul conto termico che finanzia la rottamazione utilizzato solo al 30%.


 Il nuovo anno sul fronte dell’inquinamento e della qualità dell’aria è cominciato male, con livelli da emergenza in tutta Italia. Una guerra che fa 80mila vittime l’anno, così l’ha definita il Ministro Costa. Traffico e riscaldamento sono sul banco degli imputati e in molti, come Legambiente Lombardia hanno chiesto “misure drastiche: meno auto, meno traffico, più riscaldamento che non inquina”. Se sul tema del traffico i cittadini hanno le idee chiare, sul fronte del riscaldamento c’è ancora molta confusione e, soprattutto, poca informazione. Per esempio le biomasse legnose (legna e pellet), ossia la seconda fonte di riscaldamento delle famiglie italiane (oltre il 21% del totale), da un lato sono accusate di essere tra le cause di inquinamento, e dall’altro sono ritenute fondamentali perché rappresentano la prima fonte di energia rinnovabile (oltre un terzo del totale). Ma qual è la verità? “Ad inquinare non sono le biomasse legnose ma l’uso ancora troppo diffuso di apparecchi vecchi e inquinanti” spiega Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club, che denuncia: “dobbiamo smetterla con le solite fake news e far sapere invece qual è la realtà delle cose e soprattutto cosa bisogna fare. Innanzitutto sostituire i vecchi apparecchi con quelli di nuova generazione che abbattono le emissioni fino all’80 per cento, un’enormità”. Le cifre parlano di quasi il 60% di stufe a legna o pellet con oltre cinque anni e il 18% con più di dieci anni. “Sono anni in cui la tecnologia ha fatto passi da gigante – aggiunge Marino Berton, coordinatore dell’Associazione Italiana Energie Agroforestali, che sottolinea –  lo dimostra il fatto che, quando per l’emergenza smog vengono posti dei limiti agli impianti di riscaldamento, non riguardano mai quelli di nuova generazione. Bisogna capire quindi che rottamare le vecchie stufe a legna e pellet è fondamentale nella lotta all’inquinamento, è come passare da un’auto Euro 0 a un’auto euro 6”. 

Fonte  www.italiacherinnova.it

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