Intervento di restauro realizzato da Monica Vial, promosso dalla Veneranda Arca di S. Antonio e finanziato dal Lions Club Padova Antenore
Il dalmata Matteo Ferchio (1583-1669), teologo pubblico all’Università di Padova per trentacinque anni, strenuo sostenitore della dottrina di Giovanni Duns Scoto (1265-66/1308), polemista e capace di contrattacchi critici tinti di fiere polemiche, fu un pensatore e un docente insieme geniale e versatile, capace di passare dalla teologia alle lettere, alla matematica, alla medicina e all’oratoria e alle lingue antiche. L’opera commemorativa a lui dedicata, situata nel pilastro tra la Cappella delle Benedizioni, già di Santa Caterina, e la Cappella di Santa Rosa, è tornata alla sua originaria bellezza grazie all’intervento di restauro di Monica Vial.
Realizzato nel 1671 ad opera di un pittore del XVII secolo per volontà di padre Felice Rotondi da Monteleone, successore di Ferchio nella docenza universitaria, il monumento si compone di una parte lapidea, una elaborata cartouche ornata con elementi memori dei decori a grottesche che inquadra una scritta su pietra nera.
L’affresco, sopra e sotto la struttura, contiene nella parte alta la raffigurazione di Giovanni Duns Scoto, solis aemulus, in un contesto allegorico tra la raffigurazione di san Giovanni Evangelista e dell’Immacolata. La raffigurazione della Vergine, così declinata, richiama la forza della dottrina scotista che fu profondamente immacolista, e trasmise al mondo francescano tale radicata convinzione che solo nel 1854, con papa Pio IX, divenne dogma di fede. Nella parte inferiore, due putti reggono un cartiglio con una scritta che ricorda l’insegnamento dei maestri del Santo nella cattedra universitaria di metafisica e teologia.
La struttura della lapide mostra il forzato inserimento in basso di un listello in cui si ricorda colui che volle la costruzione dell’opera, cioè il suo successore, il padre Felice Rotondi da Monteleone, al quale, con tutta probabilità appartiene lo stemma inserito nella cartouche in basso, chiaramente di un frate francescano, con un animale passante.
Il testo sulla lapide in pietra nera ricorda e addita al riguardante l’effigie (oggi scomparsa) di Ferchio, che insegnò per 35 anni e morì nel 1669, e che il suo monumento fu voluto dal successore, appunto Felice Rotondi nel 1671, eletto nel 1695 ministro generale.
I lavori di restauro, realizzati da Monica Vial, hanno interessato il monumento nel suo insieme. Dalla parte affrescata sono state rimosse la patina ossidata e le impurità, consolidate le zone che dimostravano dei distaccamenti, ed eseguito un ritocco ad acquarello. La pulitura e la rimozione delle impurità hanno interessato anche la parte lapidea e la lapide di marmo nero. Nello stemma che presentava due profonde fessurazioni sono stati inoltre inseriti due perni in vetroresina. Sulla lapide di marmo mero è stato eseguito un lavoro di lucidatura, l’applicazione di una cera multicristallina e il ripasso delle lettere con acquerello a tono.
L’attribuzione a Lorenzo Bedogni da Reggio
Nella pochissima letteratura sul monumento si fa il nome di Lorenzo Bedogni da Reggio quale suo autore: un architetto e pittore molto attivo in basilica e a cui Ferchio stesso aveva commissionato un altro affresco, nel chiostro del Noviziato, di inquadramento della porta di accesso dell’ambiente destinato al teologo pubblico (di chi insegnava all’università) intorno alla metà degli anni Quaranta. Sono diversi i lavori che Bedogni fece in basilica, il più importante dei quali è il riassetto del presbiterio, alla metà del secolo, quando il coro, originariamente davanti all’altare maggiore fu spostato dietro allo stesso, nella posizione in cui oggi lo vediamo, e la recinzione lapidea del presbiterio fu ugualmente modificata. Nel 1652 Giorgio Guglielmo di Hannover lo assunse quale proto per rinnovare molti edifici nei suoi domini e dalla Germania Bedogni tornò in Italia e poco dopo morì intorno al 1670. Il monumento Ferchio non può quindi spettargli e mostra anzi, nella parte superiore, una bella qualità, che l’affresco del chiostro del Noviziato, molto deteriorato, non ci permette più di scorgere.
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