* Il Rapporto Annuale 2018 del Centro di Coordinamento RAEE

Superata per la prima volta nel nostro paese quota 300mila tonnellate di RAEE gestiti in un anno.
Lo rivelano i dati del Rapporto Annuale 2018 del Centro di Coordinamento RAEE. Aumentano anche i ritiri effettuati dai siti di conferimento. Cresce il Sud, ma rimaniamo ancora dietro a Francia, Germania, Inghilterra e Spagna.


Superata per la prima volta quota 300mila tonnellate di RAEE

Secondo il Rapporto, nel corso dell'ultimo anno, nel nostro Paese sono state ritirate e trattate 310.610 tonnellate di RAEE. Una quantità superiore del 4,84% rispetto a quella del 2017, quando l'ammontare totale aveva raggiunto le 296.274 tonnellate. Il dato fa segnare un record positivo per l'Italia che, per la prima volta, supera quota 300mila tonnellate di RAEE raccolti e trattati in un anno. Rispetto al passato si è assistito anche a una generalizzata crescita funzionale del servizio: sono aumentati sia i ritiri effettuati dai siti di conferimento, sia la diffusione dei siti stessi. Il numero dei ritiri dei RAEE è passato da 167.947 del 2017 ai 179.397 del 2018, con una crescita del 6,82%. Sono stati invece 4.883 i “siti” adibiti per il conferimento dei RAEE in tutto il Paese. La maggior parte di questi è costituita dai 4.212 Centri di Raccolta Comunali (CdR) che, nel 2018, hanno raggiunto una media nazionale pro capite di 7 ogni 100mila abitanti. Ben al di sopra di tale soglia si piazzano le eccellenze della Val D'Aosta e del Trentino Alto Adige con, rispettivamente, 21 e 20 CdR ogni 100mila abitanti. Indietro, con forti ritardi da recuperare, ci sono, invece, la Sicilia e il Lazio con appena 3 Centri ogni 100mila abitanti.

La crescita delle regioni del Sud

Alla buona notizia della crescita nazionale si lega quella del trend positivo ottenuto dal Sud Italia. Qui, dove tra terra ferma e isole vivono oltre 19 milioni di persone, i RAEE trattati nel 2018 sono stati 68.617 tonnellate, pari a 3,54 chilogrammi per abitante (kg/ab). La cifra è ancora molto lontana dalle 171.158 tonnellate del Nord (6,17 kg/ab), dove, però, vivono oltre 27 milioni di persone. Più vicino è il Centro Italia che, con una popolazione di 13,3 milioni di abitanti, ha gestito una quantità di RAEE pari a 70.835 tonnellate ed equivalenti a 5,30 kg/ab. A livello nazionale cresce il dato medio pro capite che, per il 2018, si è attestato sui 5,14 chilogrammi di rifiuti raccolti per abitante, contro i 4,89 dell'anno precedente. La Regione più virtuosa si conferma ancora una volta la Val D'Aosta con 10,50 chilogrammi di RAEE per abitante, mentre in fondo alla classifica c'è la Sicilia con 2,89 chili pro capite. 

 

Fonti


Bibliografia

Giannuli Aldo: Uscire dalla crisi è possibile, Ed. Ponte alle Grazie, Milano, aprile 2012
Marx Karl: Teorie sul plusvalore, Editori Riuniti, Roma 1971
PAPA Francesco: Laudato si’, 2° enciclica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, Roma 2015
Shiva Vandana: Le guerre dell’acqua, Ed. Feltrinelli, Milano 2004.

 

Studi e ricerche

Brevetto Foreste (Yunga) 2013
Crown Corporation Public Healt Ontario, Canada 2016
Fisher Brian: Accademia delle Scienze, California (USA)
Global Carbon Project, Giappone 2015
Global Justice Now, 28.11.2016
Intergovernmental Panel on Climate Change, Report 2014 – 2016
International Land Coalition, 18.11.2012
Key World Energy Statistics, 2013
Ministero degli Affari Esteri, 02.12.2014
Nature Communication 2015
Potsdam Institute for Climate Impact 2014
Programme for Endorsement of Forest certification schemes (PEFC)
Stoemer Eugene: Università del Michigan, Iowa (USA) Wangari Muta Maathai, 1940 – 2011World Meteorological Organization 2014
World Wide Fund (WWF), aprile 2015.

 

Riviste

AdnKronos, Roma, 27.08.2015
Alcorn T, 2013, The Lancet 381
Corriere della Sera, 25.07.2015
Le Scienze, 26.06.10
Libre 22.03.2014
National Geographic, marzo – ottobre 2011
Nature Climate Change, 2013
Review of Environmental Economics and Policy, 24 maggio 2011
Structural Change and economic Dynamics, dicembre 2009

Sito web

www.buongiornoAfrica.it, 2013

 

L’era antropocenica

 


Il termine “antropocene” è stato coniato negli anni ’80 del secolo scorso dal biologo dell’Università del Michigan Eugene Stoermer, dello Stato dello Iowa (U.S.A.) e indica che l’era in cui viviamo, con specifico riferimento alle condizioni del Pianeta Terra, è caratterizzata dalle continue e distruttive manipolazioni dell’uomo. Ponendo il focus sullaseguente equazione letteraria:

< cibo : vita = ecologia : economia >

notiamo l’imperativo secondo cui, come non c’è vita senza cibo, non ci può essere economia senza ecologia, una ecologia intesa come rispetto per l’ambiente e tutela della biodiversità e facente parte integrante di una economia sostenibile. Il nostro pianeta ha una funzione ben precisa, quella di creare un habitat per forme di vita complesse; mediante la pulsazione delle foreste si sviluppa un equilibrio stabile tra i loro esseri viventi. Mentre nelle foreste le varie forme di vita collaborano per mantenere in salute il Pianeta Terra, l’uomo si adopera per modificare questo meccanismo non curandosi delle conseguenze. Secondo la più grande organizzazione al mondo di certificazione forestale [1] , le foreste, per offrire un contributo all’economia mondiale, devono essere gestite in modo legale osservando i seguenti parametri:

  • a) produzione sostenibile del legname;
  • b) regolazione delle risorse idriche;
  • c) calcolo di assorbimento di carbonio;
  • d) definizione dei limiti di proprietà, di privati o di comunità, sulle aree forestali.

Il ricercatore Brian Ficher, dell’Accademia delle Scienze in California, sta studiando il cambiamento dell’ecosistema, come stiamo modificando il suono delle foreste, i colori, le varie forme di vita, anche quelle del sottobosco.
Sostanzialmente le foreste sono vitali per l’intero pianeta perché esse assorbono il 25% dell’anidride carbonica attraverso le foglie regolando peraltro il clima.
Essendo l’uomo dedito all’emissione continua di gas serra (metano CH4, CO2, ossido di azoto N2O, vapore acqueo), assistiamo ad un fenomeno straordinario: le grandi piante più assorbono CO2 e più crescono rapidamente dato che fissano all’interno del proprio legno, grandi quantità di carbonio rispetto a quelle piccole.  Siamo a conoscenza che nel 2014 è stato emesso nell’atmosfera il più alto quantitativo di anidride carbonica (o biossido di carbonio) degli ultimi 800mila anni, circa 40 mld di tonnellate, nel 2012 furono 34,5 mld [2].
Le attività umane che dominano gli ecosistemi, industrializzazione, deforestazione, combustione di vari elementi, cementificazione, non solo incrementano i gas serra nell’ atmosfera, ma riducono soprattutto la capacità del pianeta di affrontare tale problema, si distrugge più di quanto il pianeta riesce a produrre, proporzionalmente siamo 
nell’ordine di 6 a 4.
Il forcing radioattivo dei gas serra che produce il riscaldamento climatico, è cresciuto del 32% nel periodo 1990 – 2012 [3]. La temperatura globale è aumentata di 0,8°C dalla Rivoluzione Industriale, i ghiacciai e le calotte polari si restringono, aumenta il livello del mare di 3 mm l’anno e molte città e isole sono destinate a scomparire. Secondo gli accordi internazionali, non si devono superare i 2°C rispetto all’era preindustriale. C’è da aggiungere che l’incremento della CO2 acidifica l’acqua del mare distruggendo la barriera corallina e la complessa catena alimentare che supporta.
In Siberia il permafrost (suolo ghiacciato riveniente dall’ultima glaciazione avvenuta tra 18 mila e 11 mila anni fa) [4].   che occupa 1/5 dell’area terrestre inizia a sciogliersi, rilasciando altro gas serra in atmosfera.
Per milioni di anni la vita sul Pianeta terra è stata parte integrante di un unico grande sistema, tutto funziona in modo coordinato per sostenere nell’insieme le varie forme di vita. Il nostro pianeta, per una legge fisica e naturale non è destinato a cambiare, anche se provochiamo disastri, e nel lungo termine Esso si rigenera e con Esso anche le creature esistenti, magari trasformate grazie alla “magia dell’evoluzione”. Noi invece ci siamo evoluti in breve tempo e in breve tempo ci stiamo distruggendo: la Natura agisce su una scala temporale diversa dalla nostra.
Gli scienziati e i pochi governi responsabili ci avvisano, a giusta ragione, che il Pianeta Terra  ha bisogno di essere salvato: ma forse non sarà in pericolo la Terra, bensì noi.
Non possiamo arrogarci il diritto di padronanza della Terra, abbiamo solo l’obbligo di custodirla e di accudirla a garanzia del nostro stesso futuro.

 

 


[1] Programme for Endorsement of Forest certification schemes (P E F C)
[2] Dal rapporto 2015 del “Global Carbon Projet”, comitato scientifico internazionale con sede in Giappone
[3] Dati del  World  Meteorological  Organization  2014
[4] Rivista Le Scienze del 26.06.2010 (Ed. Italiana di Scientifica American). 

Torna su