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La ricerca punta a migliorare produzione e metodo di coltivazione della patata

Due grandi novità potrebbero portare a migliorare la produzione e allargare ancor più la diffusione della patata. La prima notizia viene dal Canada e riguarda la produzione di semi di patata. La seconda viene dall’Olanda e riguarda la possibilità di coltivare patate con acqua irrigua ad alto contenuto salino.

L’attenzione della ricerca sulla patata si spiega con le caratteristiche positive di questo tubero.

L’analisi dimostra infatti che la patata

  • ha una resa superiore a qualsiasi altra coltura e l’85% dell’intera pianta è commestibile (i cereali lo sono solo per il 50%);
  • è nutriente e fornisce più energia di grano, riso e mais;
  • fornisce quasi il 50% della dose giornaliera raccomandata di vitamina C a porzione e 1/5 di quella di potassio;
  • è ricca in fibre (se si lascia la buccia);
  • cresce più velocemente, con meno terra e meno acqua, e in climi più difficili che qualsiasi altra coltura maggiore;
  • è gustosa e versatile.

Le scoperte che possono facilitare ulteriormente la sua diffusione e coltivazione sono state fatte in Canada e in Olanda.
In Canada la ditta Tuberosum Technologies Inc.(TTI) ha trovato come riprodurre la patata dai semi, evitando quindi di usare il tubero. In Olanda la Salt Farm ha trovato una varietà di patata che può essere coltivata con l’acqua di mare.

In Canada, grazie ad un progetto finanziato da Agriculture and Agri-Food Canada, si è riusciti a trovare una soluzione per il maggior problema collegato alla produzione delle patate: lo stoccaggio e il trasporto del tubero da seme. Nel Saskatchewan, infatti, la ditta Tuberosum Technologies Inc.(TTI) ha scoperto che all’interno di un piccolo frutto di patata presente in alcune varietà ci sono semi di piccole dimensioni capaci di far crescere una pianta di patata.
Il problema riscontrato dai ricercatori del TTI sta nel fatto che non tutte le varietà producono i frutti e all’interno di ogni frutto ci possono essere semi diversi. La ricerca quindi si è concentrata nelle modalità per ottenere semi omogenei tra loro all’interno dello stesso frutto.
Questa scoperta potrebbe rivoluzionare l’attuale pratica che prevede l’impiego del tubero per ottenere una pianta di patate. Grazie ad essa i produttori potranno tra breve utilizzare semplicemente un piccolo sacchetto di semi da 100 g al posto di tre tonnellate di patate da semina per seminare un ettaro di coltura.
L’impatto economico di questa scoperta è notevole per diversi motivi:

  • risparmio di spazio per lo stoccaggio;
  • diminuzione dei costi di trasporto;
  • aumento del tempo di conservazione (il seme si può conservare per anni se mantenuto all’asciutto);
  • facilità di trasporto anche oltremare.

Ogni pianta da seme può arrivare a produrre 5.000 semi, dato da mettere a confronto con le 10 patate da semina ottenibile da ciascuna pianta.
I semi saranno commercializzati non appena sarà completato il processo di registrazione.

In Olanda, a Den Burg Texel, la SaltFarm Texel sta riuscendo a coltivare patate, insalata, carote, fragole e cipolle irrigandole con l’acqua di mare diluita.
A capo della Salt Farm c’è un pioniere del biologico, Marc van Rijsselberghe, che per questo progetto ha chiesto anche l’appoggio della Free University of Amsterdam. Le sperimentazioni sono condotte direttamente sul campo, e non sono stati usati né OGM né altre sperimentazioni di laboratorio, ma un’approfondita conoscenza della materia che porta all’impiego e selezione di varietà magari dimenticate ma più resistenti alla salinità. Finora si sono ottenuti ottimi risultati con le patate, infatti è stata trovata una varietà in grado di accumulare sulle foglie il sale in eccesso e di lasciare quindi inalterato il sapore del tubero.
Il possibile impatto positivo sulla produzione mondiale di patate di questa scoperta le ha fatto meritare la vittoria al “Securing Water for Food: A Grand Challenge for Development” a settembre di quest’anno.
Le patate sono già state esportate in Pakistan, dove saranno seminate in enormi spazi finora sterili e se il tubero reggerà alla differenza di clima, la sperimentazione si allargherà presto al Bangladesh,

Per saperne di più:

Agricolture Council of Saskatchewan Inc.
Wired
Salt Farm
Securing Water for Food: A Grand Challenge for Development

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Gli agricoltori olandesi vendono energia al vicino. Un esempio da seguire

In Olanda, nel 2013, è stata creata Vandebron, una Start up che ha lo scopo di collegare direttamente i piccoli produttori, che sul loro terreno hanno una fonte energetica rinnovabile (pala eolica, pannello solare, impianto per il trattamento della biomassa o per il recupero dell’energia idraulica) che produce più di quanto l’azienda stessa consumi di energia rinnovabile, con i potenziali consumatori. Di fatto questa Start up è la risposta a due richieste di mercato da parte di:

  • produttori di energia, che si trovano ad avere un surplus di energia pulita e non sanno a chi o come venderla in modo redditizio;
  • consumatori, che desiderano optare per fonti di energia pulita di provenienza trasparente.

Vandebron ha proprio lo scopo di far incontrare la domanda con l’offerta. Questo collegamento avviene principalmente via web e si sostiene mediante il piccolo canone mensile che versano gli abbonati (consumatori).
I produttori che si iscrivono sono in genere agricoltori che sul loro terreno hanno una fonte di energia che produce più di quanto l’azienda consumi, come nel caso di Bernard e Karin Kadijk che, sul loro terreno hanno una pala eolica in grado di rifornire 600 famiglie della zona.
Altri agricoltori producono un surplus energetico sfruttando il vento, il sole, l’acqua o la biomassa.
L’energia prodotta può essere commercializzata sotto forma di elettricità che dal produttore viene direttamente venduta al consumatore. Ciascun produttore stabilisce il proprio prezzo e la durata del contratto.
Vandebron funziona semplicemente da contatto amministrativo e non percepisce percentuali sulla vendita ma solo una canone mensile di 5€ che il consumatore paga indipendentemente del consumo di energia. Oltre al canone e ai consumi, al consumatore viene chiesto di pagare anche il contributo per la manutenzione della rete di distribuzione (queste voci sono già normalmente presenti nella bolletta); in questo modo al produttore arriva il 100% dell’importo relativo al consumo energetico.

Il funzionamento dello scambio è molto semplice ed è più che altro di tipo amministrativo – finanziario. Infatti, non si crea nessun nuovo collegamento diretto tra il produttore e il consumatore, bensì si sfrutta la rete già esistente. Il produttore immette nella rete l’energia richiesta dal consumatore, il quale riceverà la sua energia direttamente dalla rete di distribuzione nazionale. In questo modo si tutela anche il consumatore stesso in quanto ha garanzia di continuità e stabilità del servizio.
Sia i produttori che i consumatori possono iscriversi mediante il sito web indicando il tipo di energia prodotta/richiesta e il tipo di contratto offerto/desiderato (durata, costi, quantità di energia…). Il consumatore potrà allora scegliere il proprio fornitore tra quelli proposti e quindi mettersi in contatto con lui. Attualmente sul sito sono presenti 12 produttori che riforniscono circa 20.000 famiglie.

Questo servizio funziona bene per l’elettricità, ma purtroppo non è applicabile al biogas. Infatti, la qualità del biogas prodotto a livello locale è nettamente inferiore a quella del gas distribuito dalla rete nazionale. Questa differenza determina l’impossibilità di commercializzare i due gas nella stesse rete di distribuzione.

Vandebron in Olanda è diventato il primo business redditizio presente su scala nazionale sulla produzione di energia rinnovabile.

Anche la legislazione italiana sta cambiando per permettere al privato di vendere il proprio surplus energetico. Attualmente è aperta una consultazione sulle regole applicative per la presentazione della richiesta e il conseguimento della qualifica SEU (Sistemi Efficienti di Utenza) e SEESEU (Sistemi equivalenti SEU) promossa dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) con scadenza il 25.11.2014.

Per saperne di più:

Vandebron (sito in olandese)
QualEnergia.it
Speciale Nuova Normativa

In allegato:
LaNuovaNormativaSEU.pdf
Consultazione.pdf
Delibera518_2014.pdf

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Agricoltura urbana, benefici per la sostenibilità e il benessere

Al mondo esistono diverse proposte e progetti per lo sviluppo dell’agricoltura urbana. Tale sistema risulta importante nella visione di sviluppo sostenibile anche perché un prodotto, quello alimentare in questo caso, viene realizzato dove c’è maggiore domanda, ovvero nei centri urbani. Ovviamente, tali progetti non si fermano qui, ma mirano a ottenere più ampi e fondamentali benefici, come, ad esempio, la limitazione della carenza alimentare a livello mondiale, il riavvicinamento dell’uomo alla natura e la maggiore vivibilità delle città stesse.

Oggi nel mondo ci sono diversi progetti, attuati soprattutto a livello locale. Grandi innovazioni vengono dalla vicina Svizzera, mentre dall’Asia e dagli Stati Uniti arrivano progetti che sono alla base di alcune innovazioni possibili su larga scala.

Ecco alcuni progetti di agricoltura urbana già in funzione:

  • Urban Farmers a Basilea (Svizzera). Questo progetto è attivo dal 2012 e consiste nella realizzazione di una serra funzionante con un sistema acquaponico. La serra, costruita sul tetto della stazione merci di Dreispitz, è collegata ad un allevamento ittico. Le sostanze di scarto dell’ittocoltura servono per concimare le piante e le radici depurano l’acqua delle vasche. In questo modo il sistema risulta a ciclo chiuso. Il progetto è stato riprodotto a Berlino e Zurigo.
  • A Suwon (Corea del Sud) il professore Choi Kyu Hong ha realizzato una fattoria verticale urbana. Si tratta di uno stabile di tre piani con pannelli solari sul tetto per fornire l’energia necessaria al sistema. Questo orto non necessita di terreno, ma solo di energia.
     
  • A San Diego, Mark DeMitchell e Mike Tarzian hanno costruito un sistema di orto idroponico in verticale. Si tratta di una struttura in legno intorno a cui vengono fissati, per formare una serpentina, dei tubi in pvc provvisti di buchi dove porre a dimora le piantine. L’acqua per innaffiare l’orto scorre all’interno della serpentina e rientra in un sistema di riciclo e riutilizzo. Questa soluzione tecnica permette di risparmiare circa l’80% di acqua rispetto a un’aiuola coltivata in modo tradizionale.
     
  • A Singapore, il progetto Sky Green è un esempio di agricoltura urbana verticale a basse emissioni di carbonio con un impiego minimo di terra e di risorse idriche ed energetiche. Una delle particolarità di questo sistema consiste nella rotazione, alla velocità di un millimetro al secondo, della serra per consentire l’illuminazione solare di tutte le piante. È un sistema che in un prossimo futuro potrebbe far fronte fino al 10% al fabbisogno orticolo di Singapore.

Ci sono altre innovazioni applicate in prototipi fruibili su larga scala e altre che invece coinvolgono direttamente il singolo cittadino e il suo balcone. Tra queste citiamo:

  • Peperoncini in verticale e i fiori commestibili salva-ambiente, lanciati dall’azienda Carmazzi di Torre del Lago (LU) alForum della Green Economy organizzato dalla Coldiretti Toscana a giugno 2014. L’azienda ha sviluppato una tecnica di "muri verticali" adatti ad ogni ambiente, dal balcone alla finestra, dove poter coltivare peperoncini, ortaggi e fiori.
     
  • Lo Studio OVA (Hong Kong) propone una versione modulare di serre verticali. La struttura base è composta da un modulo di calcestruzzo inserito all’interno di un grande telaio di acciaio. Si crea così una griglia contenente diverse celle aperte dove container attrezzati possono essere introdotti per fornire i servizi necessari, a seconda delle esigenze.

Il vantaggio di questo prototipo sta nella struttura modulare, che permette l’adattamento sia ai luoghi che alla disponibilità economica (si possono prevedere espansioni in momenti successivi).

Infine, la Svizzera si fa avanti con progetti che mirano ad educare sia il consumatore sia il ristoratore. Particolarmente interessante è il progettoBeelong che ha permesso la creazione di una etichetta, del tipo di quella che siamo già abituati a vedere per il consumo energetico, che indica la sostenibilità ambientale dei menù dei ristoranti. L’etichetta tiene conto di diversi criteri: provenienza degli alimenti, modo di produzione, con particolare attenzione a quella locale, anche urbana, stagionalità, grado di trasformazione, emissioni di CO2. Il bilancio totale è riassunto in una semplice lettera (dalla A alla G) fornendo così una rapida ed efficace informazione sul bilancio ecologico di ciascun ingrediente e quindi permette al ristoratore di adattare il menu magari sostituendo alcuni piatti o semplicemente qualche ingrediente. La fase pilota terminerà a fine dell’anno.

Per saperne di più:

Urban Farmers
Progetto di Suwon (in tedesco)
Progetto di Suwon (in inglese)
Progetto di San Diego
Progetto Sky Green
Coldiretti Toscana
OVA Studio
Beelong