Articoli da inserire nella Newsletter del PSR Lombardia

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Bisogna ridurre l’uso di antibiotici nella suinicoltura

Gli antibiotici vengono largamente impiegati anche sugli animali. Le modalità d’uso sul bestiame è collegato al tipo di sistema produttivo e di allevamento. Il quantitativo totale di antibiotico somministrato dipende dalla specie, dal sistema produttivo e dalla tipologia di batteri presenti in ogni stalla.

Secondo gli studi pubblicati dall’Unione Europea, circa l’80% di tutti gli antibiotici utilizzati vengono somministrati agli animali. Esistono in commercio 27 classi di antibiotici per gli animali e, a parte 9 classi che sono specifiche per animali, le altre sono normalmente impiegate anche per curare gli esseri umani.
Negli allevamenti gli antibiotici vengono impiegati per il trattamento di animali malati ma anche per profilassi o per meta-profilassi (ovvero su animali che sono stati a contatto con animali che hanno già mostrato i segni della malattia). Inoltre, in diversi paesi del mondo è ancora diffusa la pratica vietata in Europa che prevede l’impiego di antibiotici per velocizzare e massimizzare la crescita.

L’uso di antibiotici ha visibilmente un impatto diretto sull’animale, ma pone altre e nuove problematiche.
Innanzitutto esiste una preoccupazione a livello di sicurezza alimentare a causa degli effetti diretti e indiretti sulla popolazione di batteri normalmente presenti soprattutto nel tratto gastrointestinale dell’animale da macello. Quindi, l’uso continuativo di antibiotici può portare ad una resistenza da parte dei batteri direttamente attaccati dall’antibiotico, e può instaurare delle dinamiche di resistenza incrociata per cui anche altri batteri, non collegati direttamente all’antibiotico in uso, diventano più resistenti alle terapie antibiotiche. L’insorgenza di resistenze ha un conseguente impatto negativo diretto sul benessere e la produttività degli animali e un impatto indiretto sulla salute degli esseri umani in quanto esposti a batteri resistenti alle cure antibiotiche disponibili.

A seguito di queste considerazioni la Commissione Europea ha dato inizio al gruppo di lavoro di collaborazione internazionale sull’innovazione (EIP – European Innovativation Partnership) sul tema dell’uso di antibiotici negli allevamenti di suini con lo scopo di ridurne l’uso.
Il gruppo di lavoro approfondirà i seguenti temi:

  • sviluppo e integrazione di strategie per ridurre l’uso di antibiotici per proteggere la salute e il benessere dei suini;
  • lista delle buone pratiche;
  • ricerca di trattamenti alternativi che possono coinvolgere la gestione della stalla, l’alimentazione e l’impiego di erbe;
  • analisi delle implicazione economiche (costi/benefici, competitività e rischio);
  •  studio degli aspetti veterinari;
  • esame dell’impatto della genetica;
  • esplorazione sulla fattibilità di importare pratiche già in uso in altri tipi di allevamenti.

A seguito del meeting tenutosi nel’ottobre 2013 nei Paesi Bassi, il gruppo di lavoro neoformato ha identificato i tre assi su cui concentrare le ricerche in modo da rispondere a tutti i quesiti e le richieste poste dall’Unione Europea. Dette aree principali sono state così identificate:

  • Le alternative agli antibiotici: misure per migliorare il sistema immunitario e la costituzione tramite l’impiego anche di vaccinazioni, additivi e complementi alimentari, immuno-modulatori, nuovi vaccini e modalità di applicazione.
  • La gestione degli allevamenti: struttura e tipologia delle stalle, bio-sicurezza, eutanasia, sistemi per il rilevamento diagnostico precoce, formazione del personale, veterinari e consulenti.
  • Il cambiamento del comportamento dell’allevatore e del veterinario che prenda in considerazione anche l’impatto economico con costi e benefici a livello di singolo allevamento.

Per l’Italia al gruppo di lavoro partecipa Giovanna Parmigiani, presidente della Federazioni Suini – Confagricoltura.

Per saperne di più: European Commission

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Nuovi prodotti per il controllo biologico

Sostituire il controllo chimico con alternative biologiche è un tema di grande attualità per agricoltori e silvicoltori anche perché aumentano le restrizioni sull’uso di pesticidi nei singoli Paesi in ottemperanza coi regolamenti dell’Unione europea. Non bisogna poi trascurare il rischio della resistenza crescente di tanti patogeni al controllo chimico. L’unione Europea sta pertanto sostenendo il mercato del controllo biologico cofinanziando il Progetto europeo “BIOCOMES: new biological control products for farmers and foresters” coordinato dal dr. Jürgen Köhl di Wageningen UR in Olanda. Il progetto ha avuto inizio il primo dicembre 2013 e terminerà il 30 novembre 2017. Presta particolare attenzione alla sostenibilità economica dei prodotti durante tutto il processo di sviluppo, come pure alla sostenibilità ambientale.

Al progetto partecipano 27 diverse istituzioni di 14 paesi. L’Italia partecipa al progetto con l’Università di Padova, dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali (TESAF).
Già nel 2007 l’Unione Europea si era mossa in questo senso creando ENDURE, una rete di enti di ricerca e istituti con interessi nel controllo integrato (Integrated Pest Management – IPM). A tale progetto aderiscono per l’Italia il CNR e la Scuola Superiore di Sant’Anna.
Il nuovo progetto segue le direttive europee in materia di pesticidi e cerca di fornire soluzioni valide e sostenibili. Soltanto due mesi fa BIOCOMES ha dato la notizia di aver selezionato ben 11 prodotti efficaci per il controllo biologico che saranno sviluppati per essere introdotti sul mercato prossimamente. I prodotti selezionati risultano di grande interesse agricolo in quanto andranno a combattere:

  • la ruggine del grano;
  • la monilia delle drupacee (Monilinia fructicola);
  • la fusariosi del mais e malattie ad essa collegate;
  • gli afidi delle piante da frutto;
  • la cavolaia o nottua del cavolo (Mamestra brassicae);
  • gI insetti minatori (Tuta absoluta);

La possibilità di combattere insetti e malattie con alternative biologiche è un fattore di primaria importanza anche perché altri studi hanno dimostrato come sia difficile sviluppare resistenza ai prodotti impieganti controlli biologici.

Oltre allo sviluppo di prodotti idonei per il controllo biologico, BIOCOMES sta sviluppando due tecniche innovative che possono portare ad un aumento della produttività. Queste tecniche si basano sulla produzione in vitro di virus entomopatogeni e sul miglioramento tecnologico per le fasi di crescita successive dei nematodi entomopatogeni.
I nematodi entomopatogeni si trovano naturalmente in tutti i suoli e possono infettare e uccidere altri insetti presenti nel suolo. Questi nematodi attaccano in modo specifico gli insetti e quindi un’accurata selezione potrebbe portare ad una regolamentazione delle popolazioni di insetti dannosi.

Sul sito di BIOCOMES sono a disposizione informazioni su come affrontare insetti dannosi e malattie con metodi di controllo biologico. Esperti BIOCOMES sono comunque a disposizione per eventuali consigli su trattamenti biologici e sono raggiungibili attraverso la pagina web “Contact”.

Per saperne di più:

Endure
Biocomes (Biological control manufacturers in Europe develop novel biological control products to support the implementation of Integrated Pest Management in agriculture and forestry)
CNR
Scuola Superio di Sant’Anna
Università di Padova

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L’importanza degli allevamenti di precisione

L’allevamento di precisione, “iFarming”, risponde alle esigenze di intensificare gli allevamenti e creare al tempo stesso allevamenti certificati,  accettabili dal punto di vista ambientale e del benessere animale. La necessità di cambiare la tipologia attuale di allevamento nasce anche a seguito di studi che prevedono nei prossimi 40 anni un aumento del consumo di carne di circa il 40% e una diminuzione del numero di allevatori. Per rispondere a questa sfida, la soluzione sostenibile possibile sta nell’iFarming e nell’attenzione focalizzata sul benessere animale. Infatti, in allevamenti dove l’allevatore potrà con maggior difficoltà seguire i singoli capi, date le quantità, bisogna fare in modo che sia lo stesso animale a indicare il suo stato di salute. La soluzione offerta dall’iFarming prevede l’impiego di sensori in grado di effettuare il monitoraggio in automatico e in continuo degli ambienti e dei parametri relativi all’animale. Un animale in salute produce di più e meglio, quindi con questo tipo di allevamenti si ottiene un miglioramento del benessere animale accompagnato da aumenti nel profitto.

Sullo stato dell’arte, risultati di progetti pilota e prospettive future dell’iFarming, si è discusso nel corso dei due eventi tenutisi recentemente. Il primo si è tenuto il 21 maggio 2014 a Utrecht (Paesi Bassi) ed è stato organizzato da Fancom. Fancom è uno dei partner del progetto Europeo PLF (Precision Livestock Farming – Allevamenti di Precisione), finanziato all’interno del 7° Programma Quadro a cui partecipa anche l’Italia con l’Università di Milano.
Il secondo evento si è tenuto il 18 e 19 giugno scorso a Parigi all’interno del congresso internazionale “SmartAgriMatics 2014”.  Si è discusso sugli strumenti per un allevamento di precisione. “Smart AgriMatics 2014” è stato sponsorizzato dai progetti Europei eFoodChain, FIspace e ICT-AGRI.

Sono stati presentati i risultati di ricerche e sperimentazioni in campo agricolo e animale. In particolare, si sono portati esempi su come aumenti del 40% la produttività nei polli di allevamento se l’animale sta bene e si trova nella migliore situazione possibile. Comunque si stima che la produttività raggiunta in queste condizioni sia ancora inferiore al 70% del reale potenziale.
Situazioni di benessere si possono trovare anche all’interno di allevamenti intensivi, sebbene questi ultimi siano classificati come “innaturali” e quindi non vengano direttamente percepiti come luoghi idonei per il benessere animale. L’errore è causato dal fatto che bisogna cambiare il punto di vista: non sono gli esseri umani a dover considerare l’ambiente confortevole, ma è il comportamento dell’animale ad attestarlo. Degli studi hanno difatti dimostrato che in allevamenti di polli l’animale non percepisce un vero benessere dalla presenza di finestre, ma da un ambiente confortevole, con cibo e acqua e salutare.
In un tipico allevamento di precisione, per esempio di tipo avicolo, devono essere presenti:

  • sensori per misurare la quantità di acqua e di cibo ingerita e il peso dei polli;
  • telecamere per monitorare le attività dei polli;
  • microfoni per captare suoni e rumori.

I segnali raccolti vengono tradotti da algoritmi in indicatori chiave capaci di indicare all’operatore lo stato di benessere e quindi di guidare l’allevatore nella gestione quotidiana, al fine di mantenere al meglio il benessere dell’animale e la sostenibilità dell’allevamento.
Infatti, un ambiente poco confortevole, tipo polveroso, rumoroso o con emissioni gassose, viene immediatamente percepito dall’animale che modifica negativamente sia il suo comportamento, sia la sua resa. I sensori captano la variazione e danno l’allarme in modo che l’allevatore possa intervenire e migliorare le condizioni ambientali.

L’ottimizzazione degli interventi e il miglioramento delle condizioni degli animali, comporta anche una diminuzione nelle emissioni di gas serra (GCG). Gli allevamenti, rimangono tuttavia delle fonti di GCG, l’iFarming rappresenta la pratica migliore finora conosciuta (Best Available Technique) per affrontare il problema.

Per saperne di più:
Smart Farming for Europe (EU-PLF)
Seminario iFarming
Fancom
SmartAgriMatics
Università degli Studi di Milano