Articoli da inserire nella Newsletter del PSR Lombardia

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Pratiche agricole a sfida dei cambiamenti climatici

Il cambiamento climatico è una delle attuali maggiori sfide ambientali, sociali ed economiche. L’aumento della temperatura terrestre e l’alterazione di equilibri climatici sono dovuti all’aumento della concentrazione nell’atmosfera di alcuni gas denominati gas serra (GHG) in quanto accentuano l’effetto serra. L’agricoltura ha un ruolo importante sia per contrastare sia per assorbire i GHG.

A livello mondiale l’agricoltura contribuisce alle emissioni di GHG per il 10-12%; in particolare essa è ritenuta responsabile del 60% delle emissioni di protossido di azoto (N2O) e del 50% di quelle di metano (CH4).
Nel nostro Paese al settore agricolo sono imputate circa il 7% delle emissioni di gas serra. Secondo il Protocollo di Kyoto sono tre le principali strategie che possono essere adottate per la riduzione delle emissioni in ambito agricolo:

  • diminuzione delle emissioni dirette (riduzione del consumo di combustibile fossile);
  • impiego sostenibile di biocarburanti;
  • incremento della quantità di carbonio sequestrato dal suolo.

Ismea ha messo a punto di recente una metodologia (IAGRICO2) volta a stimare la Carbon Footprint della fase di campo di un’ampia gamma di produzioni nel settore agroalimentare. La novità di questa nuova metodologia sta nell’ampio spazio dato alle peculiarità pedo-geoclimatiche dei contesti territoriali di riferimento e alle pratiche/caratteristiche dell’agricoltura italiana.
La metodologia IAGRICO2 valuta anche l’accumulo di carbonio nella biomassa delle colture legnose pluriennali capaci di stoccare grandi quantità di carbonio nel fusto e nelle radici. La struttura di IAGRICO2 è tale da consentire un calcolo preciso e personalizzato per ogni realtà.

La metodologia IAGRICO2 ha numericamente dimostrato come le pratiche agricole abbiano un impatto non trascurabile sulla capacità di assorbimento e quindi rappresentino dei validi sequestranti di carbonio capaci di bilanciare le emissioni di GHG.
Il nuovo studio condotto da Mipaaf e Ismea ha avuto come obiettivo proprio il valorizzare la gestione ambientale del suolo agricolo in modo da evidenziare quali siano le pratiche migliori per massimizzare la capacità di assorbimento dei GHG.
Dallo studio è emerso che le tecniche agronomiche migliori sono:

  • avvicendamenti colturali e di lungo periodo;
  • copertura parziale o permanente del suolo con vegetazione fotosinteticamente attiva;
  • gestione dei residui colturali ai fini del sequestro del C (interramento con modalità specifiche);
  • ottimizzazione della concimazione e fertilizzazione;
  • impiego di tecniche di concimazione che favoriscano l’ammendamento;
  • presenza di fasce tampone per il contenimento di eventi naturali estremi, azione di carbon sink e produzione di biomassa a fini energetici;
  • impiego di macchine non troppo pesanti e arature poco profonde;
  • attuazione del sovescio;
  • gestione corretta delle potature.

L’attuazione di queste pratiche offrono un contributo importante alla mitigazione delle emissioni a effetto serra e al tempo stesso contribuiscono alla conservazione dei suoli.

Lo studio evidenzia l’importanza della figura dell’agricoltore in questo frangente e ritiene necessario affiancarlo con un adeguato servizio di consulenza per poter raggiungere i migliori risultati possibili.

Per saperne di più:

ENEA
Pianeta PSR
Ricerca e Consulenza sul Cambiamento Climatico

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Il vino in casa invecchia quattro volte più rapidamente

L’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione finanzia il progetto QUALIFU sulla Qualità Alimentare e Funzionale.

Il progetto punta a far convergere competenze scientifiche operanti in settori diversi, con lo scopo di contribuire a conoscere più approfonditamente i prodotti nazionali e ricondurre la dieta quotidiana a un sistema di valori qualitativi e salutistici in grado di compensare gli squilibri derivanti da uno stile di vita troppo spesso scorretto.
Il progetto è organizzato in 4 sottoprogetti, interconnessi tra loro, che coprono le seguenti aree.

  •  Area Alimenti: componenti naturali degli alimenti: molecole nutrienti, funzionali, intelligenti.
  • Area Nutrizione: sviluppo e applicazione di un indice multifattoriale, Impronta Digitale Funzionale (IDF) caratterizzante le proprietà antiossidanti e nutrizionali di alimenti italiani di origine vegetale.
  • Area Nutrizione: alimenti funzionali per l’età avanzata, ottimizzazione e valorizzazione dei prodotti italiani in grado di migliorare la qualità della vita delle persone anziane.
  • Area Scienze Applicate/Alimenti: Sistema Informativo sui Prodotti Agroalimentari Italiani, Tabelle di Composizione degli Alimenti.

La Fondazione Edmuch Mach partecipa a questo progetto e, a primavera scorsa, ha pubblicato sulla rivista Metabolomics i risultati della ricerca dal titolo “L’influenza della conservazione sull’età chimica dei vini rossi”.
La conservazione è un punto fondamentale per assicurare la qualità, la bontà nutrizionale e la sicurezza di ogni prodotto alimentare. Il vino è certamente un alimento che viene conservato anche a lungo dopo l’imbottigliamento e pertanto subisce una trasformazione nella sua composizione. L’invecchiamento del vino a condizioni ottimali di temperatura e umidità porta ad un miglioramento dello stesso, ma uno stoccaggio prolungato in condizioni non idonee può comportare un’alterazione negativa.

Nella ricerca pubblicata vengono descritti i meccanismi che determinano i cambiamenti qualitativi del vino, durante la conservazione, a seconda dell’ambiente dove viene conservato. Lo studio ha messo in luce l’esistenza di reazioni inaspettate e la formazione di nuovi composti e spiega così anche perché il vino si conserva meglio in cantina che in casa.
La ricerca dimostra che nella tipica conservazione domestica l’età chimica del vino accelera di ben quattro volte: molte decine di composti cambiano concentrazione partecipando a reazioni indotte dalla temperatura. In particolare la conservazione domestica induce la formazione di composti, mai osservati prima, che nascono dall’unione tra i tannini e l’anidride solforosa e una classe di pigmenti del vino, denominata “pinotine”, che fa evolvere il colore del vino verso toni più aranciati, aumentandone, appunto, l’età chimica.
Un altro dato interessante emerso dalla ricerca è che, per quanto riguarda i composti di valenza salutistica, svariati composti diminuiscono maggiormente la loro concentrazione nelle bottiglie conservate in casa. Tra questi composti spiccano la vitamina B5 e gli antociani (ossia i pigmenti rossi estratti dall’uva), che in due anni sono diminuiti nell’ordine del 30 per cento in cantina e dell’80 per cento in ambiente domestico.

La ricerca ha coperto un periodo di due anni e ha coinvolto 400 bottiglie di Sangiovese, vino tipicamente da invecchiamento, conservato in vetro scuro con tappo di sughero naturale. Duecento bottiglie sono state collocate nella cantina aziendale della Fondazione Mach, ad una temperatura costante tra i 15 e i 17 gradi e con umidità del 70 per cento; le altre duecento sono state collocate in condizioni simulanti la conservazione domestica, al buio, con una temperatura oscillante, secondo le stagioni, tra 20 e 27 gradi. I vini sono stati campionati ogni sei mesi.
La ricerca si è svolta nei laboratori di metabolomica dotati di strumenti che consentono di misurare contemporaneamente l’evoluzione di circa un migliaio di composti presenti nel vino, e si è avvalsa della collaborazione delle cantine (sperimentale e aziendale) della Fondazione Mach.

Per saperne di più:

Fondazione E. Mach
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
UTAGRI
AIOL
Metabolomics

03_04plantLibra_project

Ricerca sui reali benefici dei prodotti da erboristeria

Il progetto PlantLIBRA finanziato all’interno del 7° programma quadro dell’Unione Europea mira ad analizzare e studiare i complementi alimentari di derivazione vegetale. L’acronimo stesso del nome del progetto PlantLIBRA (Plant Levels of Intake, Benefit and Risk Assessment) mette in chiaro gli obiettivi del progetto che punta non solo ad aumentare la conoscenza scientifica nel settore, ma anche a divulgare le conoscenze acquisite e migliorare la cooperazione internazionale nel settore dove manca, infatti, una documentazione scientifica attendibile.

Viene periodicamente pubblicata una newsletter con l’aggiornamento dei risultati; non sempre i dati scientifici del Progetto supportano quelli della divulgazione non scientifica. Si riportano qui due casi pubblicati, relativi alla capacità dei polifenoli di inibire la manifestazione del diabete di tipo II e la capacità dei semi di lino di contrastare i sintomi della menopausa.

Gli studi effettuati sugli alimenti ricchi in polifenoli, quali caffè, the e diversi integratori alimentari vegetali (PFS – Plant Food Supplements) dimostrano che tali alimenti sono effettivamente in grado di ridurre lo sviluppo di malattie correlate al diabete di tipo II. I polifenoli sarebbero in grado di ridurre lo sviluppo del diabete grazie all’azione sul metabolismo del glucosio perché intervengono sulla digestione o sul trasporto del glucosio stesso.
Il glucosio è il principale prodotto della digestione in una dieta a base di amido e disaccaridi, quali saccarosio, maltosio e lattosio. Grazie alla sua idrofilicità, il glucosio non può attraversare le membrane biologiche, di conseguenza si muove nel corpo tra i vari tessuti utilizzando dei trasportatori. Il glucosio una volta assorbito dall’intestino, entra nel sangue e di qui nelle cellule; la conseguente fosforilazione del glucosio provoca la secrezione di insulina che, stimolando l’assorbimento di glucosio in altri tessuti, riporta la concentrazione di glucosio nel sangue a livello base entro 1-3 ore.

I polifenoli si inseriscono in questo meccanismo con un chiaro effetto positivo sul controllo della glicemia, minimizzando la possibilità di sviluppo di malattie quali il diabete di tipo II .

I polifenoli sono presenti in quasi tutti i cibi contenenti derivati vegetali, inclusa frutta, verdura, cacao, caffè, tè, succhi e in quasi tutti i cibi contenenti parti o estratti vegetali, compresi i PFS.
Gli integratori alimentari che maggiormente risultano efficaci contengono almeno uno dei seguenti estratti: Ginseng americano, Coccina indica, Ipomoea batatas, Silybum marianum e Trigonella foenum-graecum.

Gli studi effettuati sui semi di lino invece non hanno evidenziato nessuna capacità reale nel diminuire i sintomi della menopausa. Il giudizio dei ricercatori non lascia spazio a dubbi in quanto non sono stati rilevati miglioramenti oggettivi per nessun tipo dei tre sintomi per i quali si dice i semi di lino abbiano effetto in menopausa, quali: diminuzione dell’intensità delle vampate, miglioramento della densità ossea e rimodellamento osseo. L’unico dato oggettivo riguarda un debole effetto sulla capacità di circolazione degli ormoni sessuali.
Esistono ovviamente casi isolati che riportano un miglioramento, ma data la loro non riproducibilità non possono essere considerati sufficientemente validi per attestare l’effettiva capacità terapeutica dei semi di lino in questo frangente.

Per saperne di più:

PlantLIBRA
PublMed