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017_06 fragole

L’importanza dell’innovazione varietale e dei criteri di conservazione delle fragole per affermarsi nel mercato

Distinguersi nell’innovazione varietale è basilare per mantenere una posizione leader nel mercato. L’Italia lo fa in quanto sono proprio italiane le varietà che si stanno diffondendo in Europa, Canada e Stati Uniti. Un esempio di cultivar molto diffusa è la fragola Clery, cultivar precoce selezionata dal CIV – Centro Innovazione Varietale. L’azienda vivaistica Mazzoni, socia fondatrice del CIV, ha al suo attivo un grande numero di varietà con caratteristiche specifiche per diverse condizioni climatiche e tecniche produttive, dalla coltura tradizionale in pieno campo alla coltivazione fuori suolo in serre riscaldate e illuminate. Sono proprio di quest’azienda le cultivar di recente introduzione: Kamila, Rania e Nabila, che oltre a rispondere alle richieste del consumatore di alti livelli qualitativi (i valori zuccherini che raggiungono punte di 10 gradi Brix) presentano una grande tolleranza alle malattie. L’impiego di fumiganti risulta quindi ridotto e questo comporta una maggior sostenibilità ambientale di tali cultivar.
Per le novità in ambito della coltivazione spicca Novamont, che a Fruit Logistica 2014 ha presentato in anteprima mondiale i primi film in Mater-Bi® destinati alla pacciamatura della fragola, una coltura di lungo ciclo per la quale fino ad oggi non erano ancora disponibili teli biodegradabili in grado di garantire una funzione pacciamante per l’intera durata del ciclo colturale.
Alla fine del ciclo colturale la caratteristica di biodegradabilità del telo in Mater-Bi® – certificata conformemente alla normativa internazionale – consente di lasciare il telo nel suolo; l’attività dei microrganismi ne determinerà la mineralizzazione completa e la successiva trasformazione in anidride carbonica ed acqua.

Le novità sulla conservazione delle fragole vengono da uno studio irlandese pubblicato di rente su Science Direct. Lo studio dimostra come sia possibile prolungare la conservazione delle fragole mediante il trattamento a plasma freddo.
Attualmente, le fragole fresche vengono confezionate direttamente in campo nei contenitori clamshell e inviate ai punti vendita. Ciononostante, il decadimento post-raccolta delle fragole è rapido a causa della loro suscettibilità alla manipolazione e facilità di deterioramento con sviluppo di muffe.
Per limitare la formazione di muffe ed effettuare una disinfezione del prodotto, in alcune paesi le fragole sono trattate con prodotti a base di cloro. Tuttavia tale pratica non è consentita in tutti gli Stati.

Innovativa risulta quindi l’idea dei ricercatori irlandesi, che hanno applicato la tecnica del plasma freddo a pressione atmosferica a confezioni chiuse di fragole.
Sono state provate diverse condizioni per il trattamento e conservazione post trattamento. Il trattamento ottimale prevede la creazione di una scarica a barriera dielettrica (DBD) di 60kV pulsata a 50Hz attraverso due elettrodi posti ad una distanza di 40 mm. Per non aumentare la temperatura dei campioni, il sistema DBD deve presentare una potenza di 15-20 W.
Le fragole sottoposte a tale trattamento sono conservate in confezioni chiuse contenenti aria e il 42% di umidità relativa e sono sottoposte a tale trattamento a pressione atmosferica per 5 minuti.
Con questo trattamento, la microflora naturalmente presente sulle fragole (batteri aerobi mesofili, lieviti e muffe) viene ridotta di un valore di 2 log10 entro 24 h senza significative ripercussioni sul tasso di respirazione, colore e consistenza dei frutti.

Per saperne di più:
Science Direct
CIV-Consorzio Italiano Vivaisti
Mazzoni Group
Novamont

In allegato:
CS_pacciamatura fragola.pdf

017_05 paglia

L’umile paglia è risorsa di energia e salvaguarda l’ambiente

Uno studio condotto dall’Istituto Regionale per l’Agricoltura di Thueringian (TLL ), il Centro Tedesco di Ricerche sulla Biomassa (DBFZ) e il Centro Helmholtz per le Ricerche Ambientali (UFZ) e pubblicato sul Journal of Applied Energy, ha rivalutato l’importanza della paglia come fonte di energia rinnovabile e mezzo per abbassare le emissioni di gas ad effetto serra.

La paglia rappresenta la frazione maggiore degli scarti agricoli in Germania, tuttavia non viene sfruttata in maniera estensiva nonostante non competa in modo rilevante con la produzione di cibo, mangimi o fibre.
La ricerca tedesca analizza in dettaglio il potenziale energetico della paglia allo stato attuale e la variazione delle emissioni ad effetto serra se la paglia venisse impiegata nella produzione di energia al posto dei normali combustibili fossili. Al tempo stesso, lo studio verifica e calcola la richiesta presunta da parte dell’agricoltura di tale materiale. La paglia gioca infatti un ruolo fondamentale nell’agricoltura, sia nel bilancio umico del suolo sia nell’allevamento. Difatti, una parte della paglia deve essere lasciata sul suolo agricolo per evitare che parte dei nutrienti venga definitivamente estratta dal suolo e per ripristinare la sostanza organica.

Il 58% degli scarti agricoli tedeschi è formato da paglia e la produzione annua di paglia da cereali è pari a circa 30 Tg (teragrammi, ovvero milioni di tonnellate). L’agricoltura richiede circa 5 Tg per l’allevamento e tra gli 8 e i 13 Tg per la sostenibilità del suolo. Per calcolare la quantità utile di humus nel suolo gli scienziati hanno utilizzato tre modelli diversi che hanno portato a tre risultati diversi; da qui la forchetta di intervallo sul quantitativo necessario per la rigenerazione del suolo. La paglia restante, pari a circa il 50%, può essere impiegata per la produzione energetica senza apportare svantaggio alcuno per l’agricoltura, il suolo o l’allevamento.
L’impiego di tale quantitativo di paglia nel comparto energetico comporterebbe una diminuzione delle emissioni di gas serra stimabile tra gli 8 e i 35 g CO2-eq. MJ−1. La riduzione nelle emissioni, qualora la paglia venisse impiegata per generare calore ed elettricità, sarebbe ancora maggiore; si stima una riduzione dei gas effetto serra del 73-92% rispetto all’impiego di combustibile fossile. La paglia potrebbe infine essere impiegata per la creazione di biocombustibile di seconda generazione; in questo caso si andrebbe incontro alle nuove direttive europee che mirano a coprire con i biocombustibili il 10% del settore trasporti.

Per sfruttare la paglia serve un impianto adeguato. Gli studiosi hanno preso come riferimento un impianto danese. La Danimarca è il leader mondiale per la produzione di energia dalla paglia, ed è proprio lì che esiste l’impianto cui fa riferimento la ricerca. Quest’impianto è capace di ottenere 5 miliardi di kW/h annui di energia dalla paglia.
Purtroppo le previsioni effettuate sono a livello nazionale, a livello regionale infatti la produzione di paglia non è costante. Quindi, mentre ci sono regioni la cui plusvalenza nella disponibilità di paglia supera il 50%, ce ne sono altre che non ne hanno nemmeno a sufficienza per supplire ai propri fabbisogni. Pertanto si consiglia di prevedere stazioni di distretto, ambientalmente più sostenibili.
Qualora venisse impiegato tutto il surplus di paglia, stimabile tra gli 8 e 13 Tg, per la produzione di calore ed elettricità, si potrebbe fornire l’elettricità a 1.7-2.8 milioni di abitazioni e riscaldamento a 2.8-4.5 milioni di abitazioni.

Per saperne di più:
Helmholtz Center for Environmental Research
Journal of Applied Energy

017_04 facceJPI

Piano biennale su agricoltura, sicurezza alimentare e cambiamenti climatici

Il 22 ottobre 2013 a Parigi, nella sede dell’INRA, si è celebrato il terzo anniversario dell’Iniziativa Comune Programmatica su Agricoltura, Sicurezza Alimentare e Cambiamento Climatico (FACCE-JPI). In tale sede è stato anche lanciato il primo programma biennale 2014-2015 proprio per far fronte alle nuove sfide, quali adattamento climatico, volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli, penuria di scorte alimentari e aumento dei gas ad effetto serra. Vista la multidisciplinarità dei problemi da affrontare, il programma mira a correlare maggiormente la ricerca con le pratiche agricole utilizzando progetti multi-attore, che coinvolgono cioè tutte le parti interessate (ricercatori, agricoltori, consulenti, imprese …) fin dall’inizio dei progetti. Inoltre per ogni singolo progetto si cerca di partire dal basso, ovvero dalle richieste dell’utente finale. Lo scopo è quello di trovare, attraverso un approccio integrato e multidisciplinare, delle soluzioni realizzabili per ottenere un’agricoltura sostenibile.

Il mandato ufficiale del programma FACCE-JPI tocca 5 punti chiave:

  • sicurezza alimentare sostenibile in condizioni di cambiamento climatico;
  • crescita e intensificazione in una agricoltura sostenibile;
  • raggiungimento di un compromesso ottimale tra bisogni alimentari, salvaguardia della biodiversità e degli ecosistemi;
  • adattamento al cambiamento climatico;
  • mitigazione del cambiamento climatico.

Tra gennaio e marzo 2014 l’inizio dei primi progetti internazionali appartenenti al piano biennale 2014-2015: prevedono il coinvolgimento di diversi partner e stati. I temi trattati sono i seguenti:

  • mitigazione dei gas a effetto serra (11 progetti per un totale di 15 milioni di euro);
  • sicurezza alimentare e cambio della destinazione d’uso del suolo (10 milioni di euro per progetti ancora in fase di selezione);
  • adattamento dei sistemi colturali europei al cambiamento climatico (23 milioni di euro per un unico progetto che coinvolge 18 nazioni);
  • promozione delle sinergie tra catena alimentare, biodiversità ed ecosistemi (progetto di 10 milioni di euro che coinvolge 14 nazioni).

Tra le attività previste per il 2014 c’è l’avvio di un “Centro di Conoscenze” (Knowledge Hub) e di una “Rete di Conoscenze” (Knowledge Network).
Il primo Centro serve per la diffusione delle conoscenze in ambito epidemiologico alla luce dei cambiamenti climatici, focalizzato soprattutto su parassiti e malattie emergenti. L’intenzione è quella di fortificare le infrastrutture esistenti e di sviluppare ricerche partecipative e nuovi modelli epidemiologici.
La seconda è invece uno strumento da creare ex novo. È simile al Centro di Conoscenza, ma prevede la partecipazione di società consortili di ricerca che si concentrano sullo sviluppo di soluzioni per un’intensificazione della sostenibilità di agricoltura e allevamenti.

Durante il 2014 saranno organizzati due workshop, il primo si terrà a Madrid il 21 maggio prossimo su “Salute e malattie negli animali da allevamento e mitigazione dei gas ad effetto serra”, e un secondo in data ancora da definirsi su “Implicazioni del cambiamento climatico e della variabilità del clima sulla sicurezza alimentare”.

Per saperne di più:
FACCE-JPI
Workshop di Madrid