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Finanziamenti per l’Italia nella PAC 2014 e agevolazioni per le imprese femminili

All’interno della nuova PAC 2014 ci sono fondi per l’Italia pari a 20.8 miliardi di Euro, di cui 18.6 destinati all’attuazione dei programmi regionali e 2.2 a programmi nazionali. I programmi nazionali, coordinati con un Programma Operativo Nazionale (PON), si muoveranno seguendo quattro linee di intervento:

·  gestione del rischio (1.6 miliardi di euro);

·  infrastrutture irrigue (300 milioni di euro);

·  biodiversità animale (200 milioni di euro);

·  rete rurale nazionale (100 milioni di euro).

La gestione del rischio verrà affrontata in un convegno che si terrà a fine gennaio ad Assisi dal titolo “Futuro della gestione del rischio in agricoltura tra cambiamenti climatici a nuova PAC” e organizzato dal Ce.S.A.R. (Centro per lo Sviluppo Agricolo e Rurale).

Il piano irriguo nazionale sta assumendo una notevole rilevanza a seguito dei frequenti eccessi di pioggia o scarsità di acqua che stanno colpendo ripetutamente l’agricoltura italiana. La misura prevede interventi connessi alle strutture irrigue e non alla bonifica ambientale in senso lato, in quanto tali interventi non possono essere posti carico del settore agricolo. Confagricoltura è intervenuta sul tema in quanto l'irrigazione e la qualità del servizio irriguo costituiscono fattori di sviluppo fondamentali per le imprese.
Secondo Confagricoltura è necessario rendere più moderne le reti di adduzione e distribuzione, ristrutturandole per ridurre le perdite di distribuzione, razionalizzare e ridurre i consumi. Inoltre il Presidente di Confagricoltura ritiene opportuno incentivare quanto più possibile la creazione di bacini artificiali aziendali, non sufficientemente presenti. Ciò permetterà, qualora ce ne fosse il bisogno, di effettuare irrigazioni di soccorso nei periodi siccitosi, utilizzando acque accumulate nelle stagioni piovose. Infine, serve una gestione sostenibile e integrata del suolo, promuovendo opportune pratiche conservative nonché attuando un piano di protezione e di difesa dell'assetto idrogeologico.

All’interno del capitolo della biodiversità animale, verranno finanziate le attività nazionali e regionali relative al miglioramento della biodiversità animale (informazioni, banche dati, controlli utili alla selezione). La riorganizzazione del sistema allevatoriale deve rispettare il principio di separazione fra le attività di miglioramento della biodiversità, poste a carico nazionale, da quelle di consulenza da attivare a livello regionale.

Per conoscere e capire meglio la PAC e le opportunità che essa offre, AGRIREGIONIEUROPA ha attivato un corso gratuito di E-Learning proprio sulla PAC 2014-2020. Il corso è suddiviso in sette moduli contenenti brevi lezioni di circa 5-10 minuti l'una. Esso è rivolto a tutti coloro che si interessano a vario titolo di agricoltura e di sviluppo rurale e che hanno una preparazione universitaria di base.

Con il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 dicembre 2013 sono state introdotte modalità semplificate di accesso al Fondo di Garanzia per le imprenditrici e le società a prevalente partecipazione femminile. Le imprese che accedono a questo strumento hanno la possibilità di presentarsi a banche o a confidi con la garanzia dello Stato. Lo Stato, infatti, si assume una parte del rischio del prestito che l'intermediario concede, facilitando così il finanziamento delle PMI femminili. Le risorse della Sezione Speciale, pari a 20 milioni di euro, sono impiegate per interventi di garanzia diretta, controgaranzia e cogaranzia del Fondo mediante compartecipazione alla copertura del rischio. Il 50% della quota è riservata alle nuove imprese o "start up". Informazioni dettagliate sul Fondo sono reperibili sul sito della “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità".

Per saperne di più:
Corso e-learning sulla PAC
Confagricoltura
Agricoltura24
Ce.S.A.R. (Centro per lo Sviluppo Agricolo e Rurale)
Fondo di Garanzia

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L’impronta idrica è troppo elevata. Urge un programma di razionalizzazione dell’acqua irrigua

Il 28 novembre 2013 si è tenuto a Roma il convegno "Water and Food Security: Food-Water and Food Value Supply Chains” organizzato dall’INEA, che ha visto la partecipazione di esponenti nazionali e internazionali del settore. Largo spazio è stato dato all’impronta ecologica idrica (water footprint) soprattutto nel bacino del Po.
Il territorio del bacino del Po, ricchissimo d’acqua, è caratterizzato, nello stesso tempo, da un uso estremamente intensivo della risorsa disponibile. La grande disponibilità di acqua è dovuta alla presenza di un idrosistema eccellente grazie alla catena alpina che immagazzina l’acqua dolce sotto forma di coltre nevosa e ghiacciai; una volta rilasciata, l’acqua confluisce in pianura, dove i grandi laghi raccolgono e modulano il deflusso. Da qui si dipartono le principali reti irrigue lombarde e piemontesi, che intercettano l’acqua prima che questa percoli nel sottosuolo permeabile dell’alta pianura. Parte dell’acqua percolata riemerge nella bassa pianura e poi defluisce nel Po.

La grande disponibilità idrica ha determinato un modello irriguo povero in termini di tecnologie innovative per un uso efficiente dell’acqua o risparmio idrico (le cosiddette tecnologie water saving). Di conseguenza l’impronta ecologica idrica dell’Italia è molto elevata: i prelievi di acqua sono tra i più alti del mondo e l’efficienza di uso tra le più basse.
Il sistema irriguo in agricoltura risulta essere una delle cause di quest’elevata impronta idrica. L’acqua impiegata in agricoltura, definita “acqua alimentare”, si distingue tra acqua “blu” (acqua dolce derivata dai fiumi o estratta dal sottosuolo) e “acqua verde” (acqua trattenuta nel suolo dopo le piogge). L’acqua verde rappresenta circa 1’80% dell’acqua utilizzata per l’agricoltura e l’allevamento, mentre il 20% rimanente è acqua blu. Agricoltori e allevatori gestiscono circa il 90% dell’acqua alimentare. Il restante 10% è gestito da altri soggetti che commerciano, trasportano, trasformano e immettono sul mercato il cibo.

Per la gran parte, la domanda di irrigazione è soddisfatta da sistemi collettivi (consorzi di bonifica), ma una quantità consistente di agricoltori si servono anche, o solo, di proprie infrastrutture di captazione (pozzi, laghetti ecc).
La gran parte delle reti di irrigazione non è a pressione, ciò significa che l’acqua può essere incanalata solo sfruttando la gravità. Le modalità di allocazione tra le diverse colture sono rigide, basate su turni predefiniti, senza possibilità di attivare una fornitura in tempo reale alle colture più vulnerabili. L’effetto paradossale è quello di utilizzare enormi quantità di acqua per irrigare colture a basso valore aggiunto, e rischiare, nel contempo, di non averne abbastanza a disposizione per le colture a più elevato valore aggiunto, qualora queste ultime si trovino “in coda”, sia dal punto di vista geografico sia stagionale, nell’accesso alla risorsa. Questa rigidità ha ripercussioni negative soprattutto in situazioni stagionali anomale in quanto, essendo le scelte sulle coltivazioni da effettuare prese all’inizio di stagione, ci si trova nell’impossibilità di effettuare qualsiasi modifica.

La strategia auspicata e in parte già intrapresa dall’Italia per migliorare l’efficienza del sistema irriguo vede l’impiego di nuove tecnologie e il coinvolgimento delle amministrazioni locali e degli Enti di gestione.
Il Prof. Antonio Massarutto dell’Università Bocconi, vede tra le innovazioni tecnologiche attuabili l'investimento nelle reti di irrigazione esistenti per arrivare a consentire un’erogazione “a domanda”. In questo caso le reti dovrebbero essere convertite in sistemi a pressione e dovrebbero essere modificate le tariffe in modo da poter utilizzare il prezzo istantaneo come strumento per ridurre l’impiego per gli usi meno produttivi.

È attivo in Italia il Sistema Informativo Nazionale per la Gestione delle Risorse Idriche in Agricoltura (SIGRIAN). Questo programma è impiegato nella gestione e programmazione nazionale, regionale e subregionale della risorsa idrica a fini irrigui.

Per gli agricoltori è attiva la piattaforma informatica Sistema Intelligente Irriframe” in grado di fornire un consiglio irriguo puntuale e preciso su ogni tipologia di coltura. Il sistema è in grado di combinare i dati del bilancio idrico suolo/pianta/atmosfera con i costi dell’intervento irriguo e quindi fornisce all’agricoltore indicazioni precise su tempi e modi di irrigazione ottimali.

Per saperne di più:
INEA
UVB (Unione Veneta Bonifiche)

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Mucche a basse emissioni

ll progetto RuminOmics è un programma finanziato dalla Comunità Europea a cui partecipano quattro enti di ricerca: Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Università di Nottingham (UK), Wageningen University and Research Centre (NL) e AgResearch New Zealand (NZ). Lo scopo principale di questo progetto è trovare soluzioni sostenibili ed economicamente vantaggiose per abbattere le emissioni di gas serra negli allevamenti. La ricerca non è ancora terminata ma gli studiosi hanno di recente reso pubblici i progressi finora raggiunti.

Il progetto prende in considerazione il maggiore numero possibile di aspetti che in qualche modo possono essere collegati alle emissioni di gas serra. Innanzitutto si è guardato alle emissioni di metano dei bovini, questo, infatti, è un fattore che ha il suo peso nel conteggio globale delle emissioni ad effetto serra. Il potere del metano come gas serra è pari a 25 volte quello dell’anidride carbonica e il metano di origine animale corrisponde al 80% del metano totale emesso dall’agricoltura, ovvero il 35% di tutto il metano emesso di origine antropica (fonte FAO).

I ricercatori del progetto RuminOmics hanno visto che la quantità di metano prodotta dipende dal tipo di bovino e dalla sua dieta. Studi hanno evidenziato che a seconda del tipo di bovino preso in esame le emissioni possono raddoppiare o anche triplicare. Una parte degli studi si è quindi concentrata sulla selezione di un tipo di bovino in grado di produrre la stessa quantità di latte ma a più basse emissioni ad effetto serra.
Un’altra sezione è dedicata alla dieta vista la chiara correlazione tra quest’ultima e la quantità di emissioni.
Dalle prime stime emerge che la combinazione di bovini a basse emissioni con una dieta apposita potrebbe portare ad una riduzione di emissioni di metano anche di un quinto.
Un’altra sezione è dedicata alla microbiologia del rumine dei bovini. I ricercatori hanno fondate ragioni per credere che la genetica influisca anche sulla microbiologia dell’intestino, ma per esserne certi hanno bisogno di ulteriori studi.

Le ricerche genetiche finora condotte si sono limitate a miglioramenti di aspetto, fertilità e dimensioni. I ricercatori del progetto RuminOmics confidano che in un futuro abbastanza prossimo anche il fattore “basse emissioni” potrà attrarre gli allevatori di bovini. Aggiungono, infatti, che a loro avviso una diminuzione di produzione di metano dovrebbe portare ad una maggiore produzione di latte. Questa affermazione deriva dal fatto che per la formazione del metano il bovino utilizza dell’energia che, in un certo senso, viene “sottratta” da altre attività quale appunto la produzione di latte. Di conseguenza, limitando le emissioni, il bovino ha una maggior quantità di energia da convogliare sulla produzione di latte.

Per il momento, l’unico miglioramento di applicazione immediata per abbattere le emissioni di metano consiste nel modificare la dieta. La selezione genetica e l’analisi microbiologica dell’apparato digerente richiedono tempi maggiori. I bovini, infatti, hanno un rumine, uno stomaco e un sistema digerente molto più complesso del nostro.
I ricercatori stimano che per avere una selezione di bovini che presenti una riduzione di emissioni pari ad un 10% ci vorranno ancora 10-15 anni. Però, aggiungono, con la selezione del genotipo giusto probabilmente non saranno necessarie diete speciali e questo comporterebbe un abbattimento dei costi.
I risultati delle ricerche aprono strade per applicazioni analoghe anche in altri ruminanti quali capre e pecore.

Il progetto continuerà ancora per due anni e si stima che i primi risultati saranno disponibili sul mercato in 3-5 anni.

Per saperne di più:
Youris.com
Progetto RuminOmics
Università Cattolica del Sacro Cuore
University of Nottingham
Wageningen University and Research Centre
AgResearch New Zealand