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Moria dei kiwi: riconoscerne i sintomi

La moria del kiwi è una patologia che porta ad un progressivo deperimento della pianta fino alla morte della pianta stessa. L’estirpamento delle piante morte o in avanzato stato di malattia aveva evidenziato una grave marcescenza di tutto l’apparato radicale con rare o assenti radici attive. Il Prof. Mazzucchi e il Dr. Giacopini hanno pubblicato di recente un articolo dove mettono in luce quali siano i sintomi radicali anteriori alla fase terminale. Risulta infatti importante poter riconoscere la malattia già dai primissimi sintomi. I sintomi premonitori sospetti sono: poche foglie su una o più branche mostranti disseccamenti parziali, di colore bruno, associati a deformazioni del lembo, attività vegetativa ridotta, sviluppo ritardato dei frutti anche a seguito di buona impollinazione.
Gli autori specificano che per poter attribuire lo stato di malattia ad eventuali infezioni di fitoftore, bisogna controllare delicatamente le radici, operazione che può essere effettuata anche in loco, evitando tagli. Gli esiti di eventuali infezioni di fitoftore sono riconoscibili per la presenza di tratti alterati denominabili a scopo divulgativo come “collari” e “code di topo”.
I “collari” sono come dei manicotti bruni, lunghi alcuni millimetri, singoli o accoppiati, lungo il percorso di radici di diametro intermedio. La “coda di topo” è invece il residuo del cilindro centrale più o meno lignificato di una giovane e sottile radice, dove la tenera corteccia è stata degradata in tutto lo spessore. Nei casi di messa a nudo delle radici con violenti getti d’aria o d’acqua localizzati, si possono facilmente perdere i “collari”, ma non le “code di topo”.

Nei casi monitorati in provincia di Verona, i “collari” e “code di topo” sulle radici terminali di piante in fase intermedia di moria si sono dimostrate ben correlate alla presenza diPhytophthora spp..È parere degli autori che i due tipi di sintomi possano ritenersi indicatori affidabili della presenza di fitoftore (o di altri oomiceti analoghi) nel terreno del frutteto. Si ricorda inoltre che le fitoftore terricole possono causare anche “infezioni latenti” nel senso che infezioni di radichette a bassa frequenza possono non rivelarsi nella parte aerea e le piante rimanere asintomatiche.

Ogni pianta alberga nella propria rizosfera una miriade di microrganismi, tra cui potenziali agenti di infezioni in concomitanza di stress (eccesso di acqua e bassa tensione di ossigeno nel terreno, temperatura adeguata, nel caso delle fitoftore) che da un lato stimolino l’attività riproduttiva del patogeno, dall’altro lato riducano la capacità della pianta di mettere in atto barriere di difesa antimicrobiche efficaci. Una pianta poliennale ben concimata e irrigata di frequente è candidata ad ospitare oomiceti nella propria rizosfera. È verosimile che a seguito di ripetuti stress ambientali favorevoli alle fitoftore, il numero delle infezioni di radichette possa superare una soglia quantitativa critica ed iniziare a indurre comparsa di sintomi nella parte aerea. Di fatto, osservazioni ipogee di campo indicano che inizialmente, quando sono lesionate solo le parti terminali e periferiche dell’apparato radicale, le parti aeree, possono essere ancora asintomatiche.
I disseccamenti fogliari iniziali della moria e la diminuzione di attività vegetativa, lo sviluppo ritardato dei frutti comunemente riferiti a disfunzione dell’apparato radicale potrebbero in realtà essere indotti direttamente o indirettamente anche dalle abbondanti “elicitine”, liberate dalle fitoftore nei punti di infezione, tossine proteiche note per loro effetti sistemici nelle piante.
Rilevare precocemente la presenza di sintomi premonitori sulle radichette offre ai frutticoltori occasione di valutare con poca spesa il livello di rischio di moria nel proprio frutteto. Nei casi di ritrovamento positivo, anche in piante non sintomatiche nella parte aerea, sarà opportuno far monitorare il frutteto per la presenza di fitoftore mediante analisi microbiologiche appropriate.

Il 13 febbraio a Taurianova (RC) è organizzato il workshop “ Actinidia 2014 – Difesa sostenibile: Nematodi e batteriosi”. In tale sede esperti del mondo accademico e imprenditoriale faranno il punto della situazione e sulle prospettive future.

Per saperne di più:
Freshplaza
Prof. Umberto Mazzucchi, Email
Giacopini A., Agrea Centro Studi Srl, Email

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Aumentano le conoscenze sulla diffusione delle specie aliene invasive

La Fondazione Edmund Mach coordinerà un grande progetto di ricerca internazionale, denominato Lexem, che si propone di approfondire la conoscenza sulla biologia di alcuni insetti, in particolare zanzara tigre, zanzara coreana e Drosophila suzukii, e di individuare metodi appropriati per il controllarne la diffusione.
Partito ufficialmente a metà gennaio con un meeting a San Michele all’Adige, il progetto può contare su un finanziamento della Provincia autonoma di Trento, sulla collaborazione di diversi enti tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Centro europeo per il controllo delle malattie e di parecchi enti di ricerca sia in Italia sia all’estero.
La Lombardia è presente con l’Università Bocconi, il Politecnico di Milano e l’Istituto Zooprofilattico.

In Europa ci sono più di mille specie considerate invasive e tra queste specie ci sono numerosi insetti di interesse sia sanitario (ad esempio la zanzara tigre e la zanzara coreana) sia agricolo (ad esempio la Drosophila suzukii). Il nord Italia sta affrontando l’invasione di queste specie che, per definizione, sono quelle intenzionalmente o accidentalmente trasportate dall’uomo al di fuori del loro areale biogeografico e si sono dimostrate invasive.
Le specie si dicono invasive quando, superato il periodo di acclimatazione, mostrano capacità di espansione nel nuovo ambiente e provocano danni ecologici, economici e/o alla salute pubblica.

Per prevedere la diffusione di una specie in un nuovo habitat gli ecologisti fino ad oggi hanno impiegato un modello matematico sviluppato nel 1937. Tuttavia questo modello ha da sempre dimostrato i suoi limiti in quanto non essendo mai stato testato in condizioni controllate era incapace di riprodurre la variabilità della velocità di propagazione che era invece visibile in pratica. A mettere mano sul modello e ad apportare le necessarie modifiche ci hanno pensato dei ricercatori di Eawag (Swiss Federal Institute of Aquatic Science and Technology) e di EPFL (École Polytechnique Fédérale de Lausanne) che hanno da poco pubblicato i loro risultati sul PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences).
I ricercatori svizzeri sono riusciti a modificare il modello e a verificare le loro predizioni in laboratorio.
Innanzitutto hanno preso in considerazione il fatto che il processo demografico delle popolazioni è soggetto a delle variazioni che non dipendono direttamente dai fattori ecologici, infatti non tutti gli individui si riproducono allo stesso modo nonostante vivano nelle stesse condizioni. I ricercatori sono riusciti a descrivere tale fattore impiegando un calcolo delle probabilità applicato ad una funzione che permette di quantificare le differenze aleatorie e individuali a livello della riproduzione.
Ai calcoli del modello sono seguite le osservazioni sperimentali.
Per i loro esperimenti i ricercatori hanno utilizzato un tubo di plexiglas di due metri di lunghezza riempito di soluzioni nutritive in cui hanno introdotto degli organismi, ciliati unicellulari, ad una delle estremità.
La velocità di propagazione sperimentale calcolata in base ai dati è stata confrontata con quella predetta dal modello. I risultati sperimentali si allineano molto bene con il modello teorico proposto che quindi risulta essere valido.

Gli autori di questa ricerca auspicano l’impiego di questo modello anche per organizzare la ripopolazione di specie minacciate o in pericolo di estinzione; infatti la conoscenza della diffusione di una specie può aiutare sia a limitarne sia a incentivarne la propagazione.
Operazioni di questo tipo sono già state applicate negli Stati Uniti e hanno portato a un’ottimizzazione delle misure di protezione per le specie animali minacciate.

Per saperne di più:
Fondazione E. Mach
EAWAG (Swiss Federal Institute of Aquatic Science and Technology)

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Il progetto “multi attore” tra le novità importanti del Programma “Orizzonte 2020”

Il programma Orizzonte 2020 succede al Settimo Programma Quadro e riguarda il periodo 2014 – 2020. È il programma di innovazione e sviluppo più importante della Comunità Europea e presenta un budget superiore a quello precedente. Lo scorso 14 gennaio a Roma si è tenuto un convegno proprio per illustrare l’intero programma con attenzione alle novità, tra cui spicca la suddivisione dei progetti in “multi attore” e a “reti tematiche”.

I progetti “multi attore” consistono nella partecipazione, per l’intero periodo del progetto, di tutti gli utenti finali assieme ai soggetti coinvolti nella ricerca (agricoltori, divulgatori, ricercatori…). Infatti il coinvolgimento fin dalle prime fasi del progetto degli utenti finali, direttamente interessati a soluzioni innovative da applicare sul campo, dovrebbe portare a maggiore efficacia nella definizione degli ambiti di ricerca e sperimentazione, nella pianificazione e diffusione dei risultati.

I progetti "reti tematiche" mirano a favorire lo scambio di conoscenze in tutta l'UE. Hanno lo scopo di raccogliere le attuali conoscenze scientifiche e le migliori pratiche sul tema prescelto e quindi di sviluppare materiali informativi sui risultati che siano facilmente accessibili e comprensibili agli utenti finali.

I primi bandi sono stati pubblicati l’11 dicembre 2013. Per il 2014, nel quadro della priorità per le “Sfide per la società”, Orizzonte 2020 si concentra sullo sviluppo di tecnologie in grado di aiutare la società a dissociare i suoi attuali livelli di benessere dal consumo non sostenibile delle risorse coi conseguenti danni collaterali per l’ambiente. I temi che interessano anche l’agricoltura e i relativi stanziamenti sono:

  •  i rifiuti: una risorsa da riciclare, riutilizzare e da cui recuperare materie prime (73 milioni di euro);
  •  l’innovazione per le risorse idriche: promuoverne il valore in Europa (67 milioni di euro);
  •  sicurezza alimentare sostenibile (risorse stanziate per il 2014: 138 milioni di euro);
  •  crescita blu: sviluppare appieno il potenziale dei mari e degli oceani (100 milioni di EUR).

I primi bandi aperti riguardano soprattutto l’innovazione per le risorse idriche. In particolare la call  WATER-4b-2015 è completamente dedicata a questo tema. Bisogna presentare un progetto in unica fase sul tema di nuove soluzioni per la gestione idrica in agricoltura.
Anche il progetto in due fasi  WATER-2b-2015  riguarda l’agricoltura e si concentra sulle problematiche inerenti alla pressione crescente sul suolo, risorse idriche ed ecosistemi dovuta alla maggior richiesta di cibo, acqua, materiali ed energia. I progetti da presentare dovrebbero sviluppare modelli multidisciplinari che coinvolgano l’adattamento al cambiamento climatico, un impiego più efficiente di energia, suolo e acqua e un miglioramento della produttività agricola.
Anche il progetto in due fasi WATER-5c-2015  si concentra sulle problematiche relative all’approvvigionamento idrico e all’impiego dell’acqua. Questa volta l’acqua è vista come un bene comune; pertanto vengono richieste cooperazioni con paesi terzi.
Tra gli argomenti da sviluppare troviamo lo sviluppo di tecnologie, sistemi, strumenti e/o metodologie per gestire in modo sostenibile l’impiego dell’acqua in agricoltura.

Altro settore interessante è la gestione dei rifiuti all’interno dell’azienda agricola.
Gli inviti relativi al tema 7 dedicato ai rifiuti saranno lanciati nel corso del 2014.

Per l’acquacoltura si rimanda ai capitoli “Crescita blu: sviluppare appieno il potenziale dei mari e degli oceani” (Blue Growth: Unlocking the potential of Seas and Oceans). Alcuni inviti su questo tema sono già attivi.

Gli inviti già aperti hanno scadenza il 12/3/14 per i progetti a multi attore e il 26/6/14 per quelli a reti tematiche.

Per facilitare l’incontro tra gli agricoltori e gli altri attori si stanno adoperando le organizzazioni di settore, a partire dal Copa-Cogeca (fronte unito degli agricoltori e delle loro cooperative nell’Unione Europea).

La copertura dei costi può arrivare al 100%, come per il progetto di Ricerca e Sviluppo, per gli enti senza scopo di lucro e i partenariati composti da almeno tre organizzazioni provenienti da tre paesi diversi. I progetti possono altresì essere cofinanziati dal PEI (Partenariati Europei per l'Innovazione). La presenza di soggetti divulgatori è necessaria.

Per saperne di più:
Horizon 2020
Portale Call della Comunità Europea
Copa-Cogeca
Rete Rurale