Articoli da inserire nella Newsletter del PSR Lombardia

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Nuove frontiere nella coltivazione della camomilla

La camomilla (Matricaria recutita) è una pianta medicinale impiegata in medicina tradizionale, alternativa e veterinaria. Mentre l’impiego della camomilla aumenta, specie nel trattamento di problemi di stomaco e intestino, la sua coltivazione in Europa è limitata. Si importa camomilla da Sud America, Egitto e Europa dell’Est, ma la coltivazione potrebbe trovare spazio anche in Europa e dimostrarsi economicamente vantaggiosa se fosse possibile selezionare una varietà che fiorisca per periodi più lunghi e con tempi di raccolta più dilazionati. Dovrebbe anche trattarsi di una varietà facile da sradicare, in modo da rendere possibile l’uso del terreno per altre colture nell’annata successiva. Questa condizione è facilmente ottenibile impiegando piante che producano per la maggior parte semi sterili.
Le varietà con le suddette caratteristiche sono in genere facili da ottenere, perché tipiche delle piante in forma triploide (cellule con tre set cromosomici aploidi anziché i normali due, diploidi). Le piante cambiano spontaneamente e naturalmente il numero di cromosomi per adattarsi meglio alle variazioni ambientali. L’aumento di adattabilità dei poliploidi a condizioni ambientali estreme è dato dal fatto che contengono una maggior varietà genetica e quindi una maggiore probabilità di produrre il genotipo più idoneo. Il ri-arrangiamento genomico e l’instabilità delle piante poliploidi giocano un ruolo nello sviluppo e ne determinano la sterilità. Questa non risulta comunque essere l’unica causa, infatti si ipotizza che lo stesso accrescimento delle dimensioni della cellula possa influenzare la riproduzione.

La camomilla presenta però una genetica conservativa e quindi non produce né spontaneamente né facilmente varietà poliploidi. Infatti all’interno della stessa cultivar i livelli di omogenità ploide è altissima, basti pensare che l’omogeneità raggiunge il 98% per la cultivar Degumille ed è addirittura del 100% per la varietà Bona.

La strada percorsa dai ricercatori dell’Università di Vienna, guidati da Bettina Fähnrich dell’Istituto di Nutrizione Animale dell’Università di Vienna, si è concentrata sia sulla creazione in laboratorio di varietà triploidi sia sull’analisi dell’intero ciclo riproduttivo della camomilla e la creazione di incroci tra varietà diverse.
La ricerca sulla produzione di varietà triploidi in laboratorio non ha ottenuto successi in quanto non solo si sono ottenute solo forme tetraploidi (con quattro set di cromosomi), ma queste forme non presentavano le caratteristiche desiderate, anzi si sono dimostrate meno stabili delle varietà naturali.
I risultati importanti ed interessanti si sono ottenuti dalla ricerca sul ciclo produttivo e sulla conseguente creazione di nuove varietà per incrocio sistematico.
Infatti, da incroci successivi si sono attenute cultivar di buona qualità, con caratteristiche che si avvicinano ai requisiti richiesti e con un maggior grado di sterilità.
Questi risultati aprono quindi una nuova strada alla ricerca presso l’Università di Vienna come altrove, e lasciano sperare nell’arrivo in un prossimo futuro di varietà di camomilla economicamente più vantaggiose nonché di facile coltivazione.

Per saperne di più:
Journal for Applied Botany and Food Quality
University of Veterinary Medicines, Vienna, Austria

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Moria dell’ulivo: pubblicate le indicazioni dell’EFSA

La Commissione Europea ha richiesto all’EFSA (European Food Safety Authority – Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) le indicazioni per combattere la diffusione di Xylella Fastidiosa, causa di una moria di ulivi in Puglia, iniziata lo scorso ottobre. L’EFSA ha analizzato i vettori e gli ospitanti di questo batterio, nonché la modalità di importazione e diffusione del batterio stesso.
Quello della Puglia risulta essere il primo caso certificato di X. Fastidiosa in Europa. Le prime piante ad essere colpite sono state vecchi ulivi centenari che hanno dimostrato dei sintomi riconducibili alla X. Fastidiosa. I sintomi possono variare a seconda della pianta, ma sono riconducibili ad un mancato apporto di sostanze nutritive ed acqua. In particolare possono essere presenti bruciature marginali delle foglie, afflosciamento fogliare, avvizzimento dei rami, arresto della crescita ed eventuale morte della pianta stessa. La X. Fastidiosa è particolarmente insidiosa perché alcune piante, anche se infette, non dimostrano alcun sintomo.
X. Fastidiosa è presente nei continenti americano e asiatico, mentre in Europa ci sono stati in precedenza solo 2 casi segnalati ma mai certificati, uno in Kosovo e uno in Francia.

La X. Fastidiosa è un batterio patogeno, Gram negativo, aerobico appartenente alla famiglia Xanthomonadaceae. Al momento sono state catalogate 4 sottospecie: ssp. fastidiosa, ssp. pauca, ssp. multiplex e ssp. Sandyi. La temperatura di crescita ottimale è di 26-28°C e le colonie si formano nei canali di trasporto delle linfa impendendo così il normale movimento della linfa stessa.
Potenziali vettori della X. Fastidiosa sono tutti gli insetti che si nutrono di linfa grezza. Tuttavia non tutti gli insetti di questo tipo sono portatori del batterio. Le sputacchine (Philaenus spumarius) e le cicaline (Cicadella Viridis) risultano essere dei vettori, mentre tutti gli insetti che si nutrono di ninfa grezza sono da considerarsi solo vettori potenziali. Le cicaline e le sputacchine si sviluppano dalle uova con 5 stadi da ninfe e uno stadio da adulto con sviluppo di ali. Le ninfe prendono nutrimento dalle radici, mentre gli adulti dalle parti fuori suolo. Il vettore nutrendosi da piante infette si contamina e può immediatamente trasmettere il batterio a piante sane. Il batterio rimane nell’apparato alimentare e non infetta l’intero insetto vettore. Di fatto si riproduce nell’apparato pre-cibarium (parte anteriore dell’intestino). Questo comporta la perdita dell’infezione con la muta e quindi l’insetto deve essere reinfettato per veicolare nuovamente il batterio.

Secondo gli esperti dell’EFSAla diffusione della X. Fastidiosa avviene principalmentetramite piante infette o spostamento di vettori infetti. Si crede che il trasporto di legno, frutta e fiori recisi abbia poco peso nella diffusione del batterio dato che questi substrati non risultano essere di interesse per gli insetti vettori. Invece la maggior possibilità di contagio è ritenuta essere il trasporto di piante per la messa in dimora e di insetti vettori contagiati.
Le piante che possono veicolare la X. Fastidiosa sono di tutti i tipi: arboree e erbacee, coltivazioni e granaglie, vegetazione naturale e coltivazione marginali. Inoltre piante infette possono superare le ispezioni perché possono non presentare alcun sintomo o essere in quiescenza. Purtroppo, il batterio non muore nemmeno durante la quiescenza della pianta, anche se le radici sono conservate a 4°C.
La velocità e la temperatura media nei trasporti determinano l’arrivo a destinazione anche degli insetti contaminati vivi. Infatti tempi lunghi di trasporto (oltre le 2-3 settimane), le basse (<5°C) o le alte temperature (>30°C) renderebbero difficile la crescita e la vita degli insetti vettori.
La diffusione della X. fastidiosa da parte degli insetti vettori è marginale dato che questi volano per corte distanze (ca. 100mt).

Secondo gli esperti dell’EFSA allo stato attuale non esiste una strategia specifica per combattere la X. Fastidiosa, ma dato che le principali fonte di infezione in Europa sono, come si è detto, il commercio e la movimentazione delle piante, bisogna concentrare la prevenzione proprio attivando la sorveglianza sulle piante da messa a dimora e sugli insetti infetti presenti nelle partite di vegetali, con un approccio basato su sistemi integrati.

L’indagine dell’EFSA proseguirà in modo più ampio e organico, sì da arrivare a una valutazione completa del rischio per i paesi UE

Per saperne di più:
EFSA

Per maggiori dettagli sulla X. Fastidiosa e sulle modalità di prevenzione consultare  il documento in allegato.

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La fragola: sicurezza alimentare e proprietà antiallergiche

La coltivazione della fragola ha troppo spesso coinvolto un uso massiccio di prodotti chimici. La ricerca di modalità diverse di produzione è necessaria per meglio rispondere alle esigenze della legislazione e alle richieste di mercato di un consumatore oggi sempre più attento alla qualità del prodotto. Mentre in Spagna partono i primi 50 ettari a residuo zero, l’Università Alma Mater di Bologna in collaborazione con il CRA-FRF ha pubblicato su International Journal of Molecular Sciencesl’articolo "Protein Synthesis Inhibition Activity by Strawberry Tissue Protein Extracts during Plant Life Cycle and under Biotic and Abiotic Stresses", dove sono illustrati i risultati di una ricerca che è possibile proficuamente utilizzare nell’individuazione di cultivar di fragole idonee alla coltivazione biologica.

La ricerca ha focalizzato la propria attenzione sulle RIP (Ribosome-Inactivating Proteins). Le RIP sono delle proteine in grado di danneggiare irreversibilmente i ribosomi, con conseguente inibizione della sintesi proteica e quindi la morte della cellula stessa. Nel regno vegetale le RIP sono largamente diffuse ed hanno potere antivirale, antifungino e insetticida. Tuttavia il loro ruolo biologico e fisiologico non è ancora completamente conosciuto. 
È stato  evidenziato come la produzione di RIP e lo stress siano collegati;  in particolare la produzione aumenta in condizioni di stress. Di conseguenza le attenzioni sono state rivolte a due cultivar: una con una bassa tolleranza ai patogeni (Dora) e una altamente tollerante (Record).
La presenza e l’attività delle RIP in queste due varietà è stata studiata in diverse condizioni di suolo, di crescita e di stress esogeno. Le analisi sono state condotte su radici, rizomi, foglie, boccioli, fiori e frutti per tutte le condizioni ambientali esaminate.
I risultati dimostrano come la concentrazione di RIP vari a seconda del tipo di suolo e dello stato di crescita, in particolare si è riscontrato un aumento dell’attività RIP nelle foglie di piante sotto stress. Questi risultati suggeriscono che l’attività dei RIP può rappresentare un meccanismo di risposta a stress biotici e abiotici, e, pertanto la concentrazione di RIP può essere impiegata come indicatore nella selezione di genotipi resistenti a condizioni ambientali sfavorevoli.

In Spagna parte quest’anno la sperimentazione su larga scala di fragole a residuo zero. La regione coinvolta è quella dove si produce il 94% delle fragole di tutta la Spagna: Huelva Palos de la Frontera (Andalusia). L’esperimento coinvolge l’azienda Fresòn de Palos, che da tre anni sta sperimentando la coltivazione della fragola con metodi di protezione di tipo biologico contro gli insetti e in completa assenza di trattamenti specifici. Quest’anno la produzione si estenderà a 50 ettari con possibilità di espansione futura se il mercato risulterà recettivo con una produzione iniziale stimata di circa 7.000 tonnellate di fragole destinate al consumo europeo. L’obiettivo è quello di ottenere una fragola di qualità che cresce con prodotti naturali e rispettosi dell’ambiente.

La coltivazione biologica della fragola risulta essere particolarmente interessante anche alla luce dei nuovi risultati di ricerca pubblicati sul Journal of Functional Food ad ottobre scorso nell’articolo “Anti-allergic effect of strawberry extract”.
Lo studio dell’Università Kyushu (Fukuoka – Giappone) mette in risalto come l’estratto di fragola possieda effetti attenuanti in dermatiti atopiche sia livello topico sia a livello di produzione degli IgE totali (immunoglobuline E). Le immunoglobuline sono degli anticorpi che vengono prodotti per proteggere l’organismo da infezioni, ma sono anche la causa di ipersensibilità, ovvero di allergie. Lo studio ha dimostrato l’abbassamento degli IgE nelle cellule umane e le prove finora condotte sui topi hanno dimostrato l’effettivo effetto benefico sulle dermatiti.

Per saperne di più:
Fresheulva
Europa press
Fresòn de Palos
International Journal of Molecular Science