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“Greenwoolf”: come trasformare le lane di scarto in fertilizzanti azotati

Il progetto “GreenWoolf” è nato dalla collaborazione dei ricercatori del CNR di Biella, specializzati nella ricerca sulle fibre tessili, dei ricercatori del Politecnico di Torino, esperti in materia di progettazione, e l'azienda meccano tessile di Biella, Obem spa, specializzata nella produzione di macchinari per l'industria, soprattutto tessile, fin dal 1946. Il progetto punta a recuperare le lane di scarto trasformandole in fertilizzanti azotati attraverso la realizzazione di un'apposita apparecchiatura. Si tratta di un importante dialogo fra le conoscenze più teoriche e il “saper fare” più pratico, è la considerazione di Paolo Barchietto, contitolare di Obem Spa, che permette soluzioni applicabili da subito all’attività quotidiana.

Tre gli anni di sviluppo del progetto, come illustrato da Sicardi, docente di “Principi di Ingegneria Chimica” del Politecnico di Torino: vanno dall'idrolisi delle lane sudicie con acqua surriscaldata, allo studio dei parametri di reazione, la progettazione e costruzione dell'impianto prototipale, la sperimentazione sull'impianto, la valutazione in campo del fertilizzante otenuto e la diffusione dei risultati. Il progetto richiede un investimento di circa tre milioni di euro, finanziati al 50% dall'Unione europea nell’ambito del programma Life+.Prevede la realizzazione e sperimentazione di un innovativo impianto di idrolisi verde che trasforma in fertilizzante organico sia la lana di vecchi indumenti che quella degli scarti di tosatura. Si sfrutta acqua surriscaldata, attraverso un processo pulito di lavorazione, e si ottiene lana idrolizzata, un fertilizzante organico che aumenta il contenuto di carbonio e la capacità di trattenere l’acqua del terreno evitando l’uso di concimi di sintesi. Se l’efficacia del processo per riciclare lane di scarto, cascami, lana rigenerata o altri capi di abbigliamento a fine vita verrà dimostrata, la produzione di concime organico può divenire una realtà importante.

Il progetto, che si configura di elevata sostenibilità ambientale, può avere anche interessanti ricadute dal punto di vista economico se si pensa che secondo la normativa europea la cosiddetta lana sudicia, cioè grezza non lavata, ottenuta dopo la tosatura, è un rifiuto speciale e richiede quindi costi di smaltimento notevoli. Poiché abbandonare la lana sudicia nei campi è illegale, la tecnologia messa a punto da ISMAC-CNR rappresenta un modo efficace per riciclare questo tipo di biomassa, migliorando anche la qualità di pascoli e terreni. L'obiettivo, a lungo termine, è avviare un impianto pilota che possa dare vita a una vera e propria filiera, con prospettive occupazionali e di sviluppo in paesi caratterizzati da numerosi allevamenti di ovini.

Il progetto ha ottenuto l'appoggio della Confederazione Italiana Agricoltori, di “Po.in.tex”, Polo di innovazione tessile della Provincia di Biella e della Regione Piemonte.

Tra le ricadute positive del progetto non si può trascurare la formazione di giovani ricercatori in questo ambito specifico e la valorizzazione di personale che possa gestire il nuovo processo industriale.

Per saperne di più:

Almanacco della Scienza del CNR

Guida CRPA sui concimi azotati

Progetto Greenwoolf
 

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Biometano: una risorsa da sfruttare al meglio

Per raggiungere gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni di gas effetto serra e aumentare la quota di carburanti alternativi e rinnovabili come richiesto dalla Dir. 2009/28/CE entro il 2020, i veicoli urbani ed extraurbani per il trasporto su strada dovranno essere molto più efficienti.

L’uso di un carburante più pulito diventa basilare. Il metano e ancora di più il biometano destano molto interesse in quanto risultano in grado di ridurre i livelli di inquinamento urbano (il gas naturale produce i più bassi livelli di emissioni nocive), minimizzare le emissioni che hanno maggiore impatto sulla qualità dell’aria, produrre il 23% in meno di emissioni di CO2rispetto al diesel e, nota molto importante, il biometano è una fonte rinnovabile.

Si tratta quindi di un’alternativa al petrolio immediatamente disponibile, che può contribuire a una mobilità più sostenibile.

In questo quadro si inserisce il progetto BIOMASTER cofinanziato dal programma IEE che include 17 partner distribuiti tra Austria, Italia, Polonia, Svezia e Regno Unito.

In Austria, Germania, Svezia, Svizzera e Paesi Bassi il biometano rappresenta già un terzo del gas utilizzato per i trasporti. Con il progetto si cerca di estendere l’impiego del biometano attraverso la promozione di quattro Reti Regionali di Sito, una in ognuna delle quattro regioni target ossia: Malopolska(Polonia), Norfolk (Regno Unito), Scania(Svezia), Trentino(Italia). Attualmente in queste regioni la filiera è alquanto spezzettata, il progetto cerca quindi di dare omogeneità, di rimuovere barriere tecnologiche, legali, organizzative e finanziarie e, al tempo stesso, di creare alleanze tra produttori e utilizzatori.

Uno dei problemi affrontati è lo sviluppo e la proprietà delle stazioni di rifornimento. La costruzione di quest’ultime è molto costosa e contraddice l’idea di creare tante piccole pompe nel territorio, di proprietà del produttore stesso. Nello studio è stata quindi valutata l’idea di impiegare per la distribuzione la normale rete del metano.
Dall’analisi del territorio sul tipo di biogas prodotto e sulle diverse modalità di distribuzione, è emerso che la rete di distribuzione del gas nei paesi esaminati è in grado di gestire volumi anche maggiori di gas e per i diversi usi. Tuttavia nel territorio la presenza di distributori è alquanto disomogenea, basti pensare all’Italia dove il 55,2% dei distributori si trova al nord, 28,4% al centro e 16,4% al sud. Inoltre, la costruzione di nuove stazioni di rifornimento procede a rilento. Nel progetto si studiano pertanto i motivi e si effettuano studi tecnici e finanziari per trovare delle soluzioni convenienti. Per consultare lo studio completo, si veda l’allegato in inglese.

Il secondo studio pubblicato nei giorni scorsi riguarda la possibilità tecnica e normativa di usare il biometano nei trasporti. Tutti i tipi di trasporti su ruota vengono presi in considerazione, dalle autovetture alle macchine agricole. Le caratteristiche tecniche che un veicolo deve possedere per funzionare a biometano dipendono dalle normative specifiche per ciascun stato. Quindi il primo passo è cercare di uniformare i requisiti e poi incentivare l’utenza a impiegare veicoli a biometano. L’Italia si presenta un passo avanti rispetto agli altri tre paesi in esame in quanto sono presenti incentivi statali per l’acquisto di veicoli a metano, ma l’utenza non è sensibilizzata ai veicoli a biometano. Proprio per sensibilizzare i possibili utenti all’uso del biometano, si è organizzato un seminario a Legnaro (PD). La scelta del luogo non è casuale, in quanto il Veneto risulta essere all’avanguardia negli impianti agricoli e industriali di biogas. Per maggiori dettagli si veda l’allegato in inglese.

Per saperne di più:
Progetto Biomaster
Intelligent Energy Europe
Seminario a San Michele all’Adige del 18/9/13

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Piccoli impianti di trasformazione agroalimentare per distribuzione in filiera corta di prodotti

I fabbisogni tecnologici delle piccole aziende agrarie che scelgono di offrire prodotti destinati alla vendita diretta si fanno sempre più difficili da soddisfare: gli impianti di trasformazione disponibili sul mercato, sono quasi sempre calibrati per volumi e numeri decisamente più grandi. Il progettoIPATECH" Tecnologia di miniaturizzazione: sinergie tra ricerca e innovazione per rafforzare lo sviluppo economico dell'Adriatico", approvato e finanziato al 100% dall'Unione Europea tramite il Programma di Cooperazione Transnazionale "IPA Adriatico", ha sviluppato linee di ricerca applicata per l'implementazione di tecnologie di trasformazione e commercializzazione di prodotti di fattoria caratterizzati da volumi di produzione ridotti, alta specificità e differenziazione, distribuzione e vendita rivolti soprattutto ai circuiti brevi e alle filiere corte.

Il terzo incontro del progetto IPATECH "Tecnologia di miniaturizzazione: le sinergie di ricerca e innovazione per favorire lo sviluppo economico dell'Adriatico" si è tenuto a Ioannina (Grecia) il 6, 7 e 8 novembre 2013 presso la sede del partner greco Epiro Bic. Durante il workshop si è parlato di tecnologie miniaturizzate, prodotti biologici, web marketing e pubblicità dei prodotti agroalimentari. L'incontro, altamente interattivo ha offerto a tutti i partner la possibilità di acquisire nuove competenze. Nei mesi successivi le attività pilota inizieranno in tutti i paesi partecipanti: Italia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Albania e Grecia. Il progetto è online sito internet IPATECH coordinato da CRA-ORA.

Il partenariato comprende importanti strutture pubbliche e private, fra cui, oltre il CRA che coordina il progetto, Associazioni di Sviluppo Rurale, Università ed Enti Privati che collaborano con le PMI agro-alimentari di nove territori dell'Adriatico. Il carattere innovativo del progetto si riferisce alla sua capacità di superare l'isolamento di piccole e medie imprese agroalimentari in termini di accesso e di partecipazione a innovazioni tecnologiche e di trasferibilità a livello nazionale e transnazionale. La PMI non sarà più solo esclusivamente beneficiaria dell'innovazione nell'agroalimentare, ma attraverso le condizioni create da IPATECH potrà recitare un ruolo di primaria importanza in questo settore.

l'Unità di ricerca per i processi dell'industria agroalimentare del CRA, nella realizzazione di prototipi, pone massima attenzione all'evoluzione del mercato. Alcuni esempi di prototipi miniaturizzati sviluppati nell'ambito del progetto MIERI (Miniaturizzazione e semplificazione di linee di trasformazione per piccole produzioni agroalimentari e impiego di energie rinnovabili) sono arrivati sul mercato come il caseificio portatile; questa apparecchiatura permette la razionalizzazione delle risorse e la valorizzazione delle produzioni casearie. Si tratta di una linea di trasformazione mobile per piccoli quantitativi di latte giornaliero, dai 60 ai 200 litri. Essa coniuga l'imprenditorialità di piccole aziende agricole con il rispetto delle produzioni locali tradizionali, dell'ambiente e della salute del consumatore, assicurando un risparmio per quanto riguarda i costi di trasformazione. Dedicato alla produzione di prodotti freschi e stagionati, con prove di verifica direttamente in campo, il sistema è dotato anche di un piccolo impianto per il recupero dei reflui di caseificio con produzione di derivati innovativi ad elevato valore aggiunto.

Altro prototipo di sistema per la trasformazione agroalimentare in miniatura, proposto dal del CRA, consiste in una linea per la produzione di conserve vegetali ed animali (confetture, passate, conserve in genere, salse, paté) funzionante ad energia mista, un essiccatore ad energia solare per frutta ed ortaggi in pezzi (cubetti, rondelle, dischi, stick), e un negozio mobile refrigerato con solare fotovoltaico. Oltre alla creazione di impianti e tecnologie adeguate per la conservazione/trasformazione dei prodotti agroalimentari, all'ottimizzazione delle condizioni di processo e al controllo dei requisiti igienici e di sicurezza, è stato previsto l'impiego di fonti di energie rinnovabili, che necessitano di implementazione specifica, per piccole produzioni alimentari.

I macchinari sono tagliati su misura per le piccole produzioni aziendali, semplici da usare, efficienti e sicuri, in grado di fornire prodotti di elevata qualità sensoriale e igienica, il tutto a costi accessibili; un lavoro complesso che viene sviluppato in collaborazione con Università e partner privati i cui destinatari sono piccoli produttori, fattorie didattiche, agriturismi, ossia tutti quei soggetti spinti dalla volontà di valorizzare i prodotti agroalimentari locali.

Per saperne di più:

I prodotti agricoli tra innovazione e tradizione

Il progetto Ipatech