Articoli da inserire nella Newsletter del PSR Lombardia

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Energia da biomasse di scarto: esempi di buone pratiche

In Italia si stanno attuando progetti che già considerano la direttiva dell'Unione Europea sull'efficienza di sequestro della CO2. Ne è un esempio l'utilizzo della tecnologia ProesaTM, brevettata dalla multinazionale Mossi & Ghisolfi. Con un investimento di 140 milioni di euro e in 5 anni di studio, con la partecipazione del Politecnico di Torino e dell’Enea, è stato messo a punto un processo che attua la trasformazione di biomassa cellulosica – paglia e stocchi di mais, materiali vegetali provenienti da colture non alimentari prodotte in terreni marginali che non richiedono acqua e fertilizzanti – in zuccheri fermentabili di alta qualità e basso costo. Tale tecnologia è stata utilizzata per la realizzazione a Crescentino, in provincia di Vercelli, del primo impianto al mondo per la produzione di bioetanolo da biomasse non alimentari. La bioraffineria che occupa una superficie pari a 15 ettari, impiegherà circa trecento persone del territorio, avrà una capacità produttiva di 75 milioni di litri all'anno di bioetanolo di seconda generazione destinato al mercato europeo. Lo stabilimento è totalmente autosufficiente per quanto riguarda i consumi energetici (13MW di energia elettrica prodotti utilizzando la lignina) e non produce reflui derivanti dalla produzione industriale, assicurando un riciclo dell'acqua pari al 100%. L'impianto produce biocarburanti che assicurano una riduzione delle emissioni di gas serra vicina al 90% rispetto all'uso di combustibili di origine fossile, notevolmente superiore alla riduzione raggiunta dai biocarburanti di prima generazione.

Anche l’impianto di biogas inaugurato a Pontelongo in provincia di Padova, il 18 Settembre scorso, utilizza scarti agroindustriali, infatti, affianca lo zuccherificio e produrrà biogas con le polpe di barbabietola.

Questo impianto, realizzato da COPROB – Cooperativa Produttori Bieticoli – come quelli già in funzione a Minerbio BO e a Finale Emilia MO, rientra nel più ampio progetto avviato dalla Cooperativa per la produzione di energia da fonti rinnovabili agricole, in particolare da scarti di lavorazione. Complessivamente, i tre impianti, che hanno richiesto un investimento globale di 18 milioni di euro e sono già tutti funzionanti, assorbono oltre 63.000 tonnellate di polpe di barbabietola l’anno. I benefici ambientali sono numerosi, anche perché la destinazione delle polpe ai tre impianti di biogas, invece che alla tradizionale produzione di pellet, permette a COPROB di ridurre di oltre 4,5 milioni di metri cubi il consumo annuo di metano evitando l’immissione in atmosfera di quasi 9 milioni di tonnellate di CO2, così da contribuire a ridurre l’effetto serra.

L’impianto di Pontelongo, la cui potenza sarà a regime di 1 MWe, verrà alimentato da oltre 21.000 tonnellate di polpe ottenute dalle barbabietole lavorate; in tal modo consentirà il recupero dei sottoprodotti della lavorazione bieticolo-saccarifera, favorendo così la continuità produttiva della barbabietola stessa.

Anche dalla Fiera di Verona, manifestazione Smart Energy Expo, vengono suggerimenti per produrre energia con residui organici spesso destinati all’inutilizzo o allo smaltimento, come l’erba. Un progetto “smart, che prevede di utilizzare erba e altri residui erbacei, derivanti dalla gestione del territorio, come risorsa per la produzione di biogas, è quello promosso dall’Unione Europea dal titolo “Energy from landscapes by promoting the use of grass residues as a renewable energy resource” (Programma UE Intelligent Energy-Europe). Il progetto coinvolge 11 partner provenienti da 9 Regioni Europee: Fiandre (Belgio), Veneto (Italia: VenetoAgricoltura e Università di Verona), Saarland (Germania), Nordjylland, Midtjlland, Syddanmark, Sjaelland e Hovedstaden (Danimarca) e la Grande Lisboa (Portogallo).I residui della manutenzione di aree urbane, agricole e protette, spesso, sono sottoutilizzati per un’insufficiente conoscenza e diffusione di tecnologie idonee per la falciatura, la conservazione e la digestione anaerobica di residui erbacei, l’assenza o mancanza di cooperazione tra gli operatori della filiera e alcuni ostacoli di natura giuridica. Il progetto tende a offrire agli imprenditori agricoli le più interessanti opportunità che emergono dalla ricerca. Dal punto di vista organizzativo proponedi attivare catene di approvvigionamento, con evidenti vantaggi sia sul fronte della sostenibilità ambientale, che della riduzione dell’impatto della filiera del biogas sui mercati dei prodotti agricoli destinati all’alimentazione.

Per saperne di più: 
Tecnologia ProesaTM 
Politecnico di Torino 
Inaugurazione COPROB 
Veneto Agricoltura

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La quinoa: una possibile nuova risorsa alimentare

La quinoa (si pronuncia chinoa – in spagnolo quínoa o quinua) è una pianta erbacea (Chenopodium quinoa) annuale della famiglia delle Chenopodiacee, come gli spinaci o la barbabietola. Viene classifica merceologicamente pseudocererale perché non appartiene alla famiglia delle graminacee, cui appartengono i cereali, ma i suoi semi hanno lo stesso utilizzo; infatti, sottoposti a macinazione, forniscono una farina contenente prevalentemente amido. I semi della quinoa vengono arrostiti e ridotti in farina, con la quale si possono preparare diversi tipi di pane. La quinoa può anche essere aggiunta a zuppe, usata come granella, come pasta e perfino fatta fermentare per fare la birra o la chicha, bevanda tradizionale delle Ande. Una volta cotta, il suo sapore richiama molto quello delle noci. Oggi la quinoa ha un ruolo nella cucina gourmet, ma viene anche usata nell’area farmaceutica e industriale.

La Quinoa, dall'origine, si coltiva in tutti i paesi della regione andina, dalla Colombia al nord dell'Argentina e al sud del Cile. I principali paesi produttori sono la Bolivia, Perù e Stati Uniti ma viene coltivata anche in Francia, Inghilterra, Svezia, Danimarca, Olanda e Italia. Negli Stati Uniti viene seminata in Colorado e Nevada, e in Canada nei campi dell'Ontario. In Kenya la sua coltivazione sta mostrando buone rese e potrebbe essere coltivata con successo anche nell’Himalaya e nelle pianure del nord dell'India.

Di fronte alla sfida di aumentare la produzione di alimenti di qualità per nutrire la popolazione mondiale, la quinoa offre un'alternativa per quei Paesi che soffrono di carenze alimentari.

Per l'Italia è una coltivazione di potenziale interesse economico, con dei distinguo che riguardano le condizioni climatiche. Infatti una temperatura al di sopra di 32-34 gradi, anche per breve tempo, può causare sterilità del polline nella maggior parte delle varietà; la maggiore piovosità e l'elevata umidità atmosferica causano la germinazione dei semi maturi ancora sulla pianta; la quinoa è infine soggetta all'attacco di Aphis fabae (afide nero del fagiolo, particolarmente aggressivo verso le chenopodiacee durante la fase vegetativa) e di Nezara viridula (cimice verde) e altri cimicidi in fase di maturazione del seme. La presenza di coccinelle può limitare e risolvere l'attacco degli afidi, altrimenti letale se lasciato a sé. La specie italiana più vicina a C. quinoa è Chenopodium album, che si dimostra estremamente più resistente ai parassiti e assai più aggressiva rispetto a C. quinoa.

L’espansione della coltura di quinoa in tutte le aree del pianeta climatologicamente adatte ha molteplici aspetti positivi: l’aumento della disponibilità di alimenti energetici e proteici di origine vegetale quindi a minor impronta ecologica, la messa sul mercato di varietà di alimenti che vanno incontro a intolleranze e allergie alimentari. La quinoa rispetta entrambi questi parametri, è infatti come detto, un alimento ricco di principi nutritivi ed è privo di glutine, quindi adatto a persone celiache. Dal punto di vista nutrizionale il suo contenuto in proteine è generalmente superiore a quello dei comuni cereali come il grano. Contrariamente alla maggior parte dei grani comuni, le proteine di questo pseudocereale contengono pochissime prolammine, le proteine di riserva dei cereali e tossiche nella celiachia. La quinoa è fonte di riboflavina, acido folico e tiamina (vitamina B1) e di vitamina E. Da aggiungere che i prodotti privi di glutine sono carenti di calcio, magnesio e ferro, elementi presenti invece nella quinoa. Inoltre, il contenuto di lipidi, soprattutto dei benefici acidi grassi insaturi della quinoa è circa 2-3 volte superiore a quella del grano saraceno e dei comuni cereali come il grano.

La quinoa può quindi essere utilizzata come ingrediente alternativo in una dieta priva di glutine, aumentando la varietà dei prodotti dietetici ma anche migliorandone la qualità.

Dai risultati di molti studi emerge che le abitudini e le scelte alimentari dei celiaci non sono correttamente bilanciate, così come sembra essere inappropriata l'assunzione di alcuni nutrienti essenziali nei soggetti celiaci rispetto ai controlli.

Il 30 e 31 ottobre a Milano si svolge "Quino@ndo”, Congresso Internazionale sulla Quinoa realizzato con il patrocinio di Expo 2015, Regione Lombardia e con la collaborazione di importanti Università italiane e latino americane, Enti Governativi e Associazioni Internazionali; l’evento è di alta portata culturale e scientifica, organizzato guardando all’Expo 2015 di Milano, che ha come tema fondante il concetto di alimentazione come motore del nostro futuro.

Per saperne di più: Schede CRA di caratterizzazione e valutazione morfologica
Fondazione celiachia 
Centro Regionale informazione delle Nazioni Unite 
FAO 
 

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Benessere animale: novità legislative per ovaiole e polli da carne

Per l’organizzazione di International Poultry Forum, primo appuntamento internazionale, CremonaFiere ha collaborato con la World’s Poultry Science Association (WSPA), un’importante organizzazione di settore a livello internazionale.
Al mattino è stato discusso il tema “Approcci multifunzionali per ridurre l'uso di antimicrobici nelle aziende avicole” e sono stati presentati alcuni casi studio effettuati in Olanda.
Di grande interesse è stato l’incontro pomeridiano: affrontando temi collegati a “La nuova normativa sul benessere delle galline ovaiole: da problema a opportunità”, si è dibattuto sulle problematiche inerenti all’applicazione della nuova legislazione, alle implicazioni pratiche ed economiche per la conduzione dell’allevamento e alla gestione delle selezioni genetiche, welfare e nutrizione delle ovaiole.
Le regole per il benessere delle ovaiole sono entrate in vigore il 1° gennaio 2012 con il recepimento tramite Decreto Legislativo n. 267 del 29 luglio 2003 della Direttiva europea 1999/74/CE. Tuttavia la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione a carico dell’Italia per non aver attuato correttamente detta Direttiva. Questo avvenimento può comportare ripercussioni non irrilevanti, basti pensare che solo  nel  2012 l’Italia ha prodotto circa 12 miliardi di uova, pari a un fatturato di 5.750 milioni di euro. Risulta quindi necessario, come ha puntualizzato Franchini, presidente WPSA Italia, avviare un’analisi approfondita sulle implicazioni che detta Direttiva determina per gli allevatori, soprattutto in termini di costi di produzione, tenuto conto che rispetto all’allevamento in gabbia, il costo kg/uovo nella produzione di ovaiole a terra registra un incremento medio che varia dal 10 al 20%. A questo bisogna aggiungere che la necessità di cambiare l’allevamento per ottemperare alla Direttiva, impone l’ulteriore esigenza di selezionare ceppi con caratteristiche biologiche diverse da prima.
Bisogna evidenziare, inoltre, che le normative sopra ricordate non si applicano agli allevamenti con meno di 350 galline ovaiole e agli allevamenti con galline ovaiole riproduttrici.

L’adeguamento alle norme europee per il benessere animale ha toccato dapprima il settore delle ovaiole e successivamente quello dei polli da carne (Dir 2007/43/CE). La direttiva è stata recepita con il D. Lgs. n. 181 del 27 settembre 2010 e con le successive norme attuative contenute nel D. Lgs. del 4 febbraio 2013 dove risulta obbligatorio per gli allevatori di polli da carne possedere un patentino per poter continuare a mantenere l’allevamento.
La Lombardia è una delle regioni che si è maggiormente attivata per aiutare gli avicoltori a fronteggiare tale novità. Confagricoltura ha organizzato in ottobre un corso di formazione gratuito a Brescia, dove si sono affrontati temi relativi alla legislazione ma anche i risvolti applicativi. Al termine del corso c’è stata una prova finale alla presenza del medico veterinario inviato dall’ASL. Altri corsi sono in fieri, tra cui uno della Coldiretti di Brescia. La Lombardia rappresenta un punto strategico, in quanto una delle quattro regioni che da sole contano l’82% del prodotto avicolo.

Per saperne di più:
IPF International Poultry Forum
Confagricoltura
Coldiretti
Decreto Lgs. 181/2010
Decreto del 4 febbraio 2013
Decreto Lgs 267/203