la parabola del consumismo

La Parabola del consumismo. Memorie di un ragazzo al tempo della sobrietà

 

Come vivere, oggi, in un'Italia che sembra essere al tramonto di quella parabola del consumismo che s'impennò cinquant'anni fa? I padri, «infettati dal morbo "della dimenticanza e del disconoscimento"»,hanno inflitto una vera «cecità» alle giovani generazioni, che si trovano ora poco attrezzate davanti a un futuro in cui la parola sobrietà pare a molti una minaccia.Ma l'Autore in questo libro evita i toni predicatori. Soprattutto racconta. Ricroda la sua infanzia a Gazzera, «una contrada appena fuori Mestre», un microcosmo da cui osservare gli albori di un trapasso epocale per tutto il Paese. Siamo tra il dopoguerra e i primi anni Cinquanta, mentre ci si avvia da una società contadina verso un paesaggio industriale, da una cultura di attenzione al valore delle (poche) cose al Moplen e alla civiltà dello spreco. E Mirco Rossi continua a raccontare. Di come si giocava allora, con libertà e divertimento inauditi per i bambini d'oggi; quali erano le relazioni familiari e coi vicini; quale lo stile educativo (senza eccessive «intromissioni» da parte dei genitori nei rapporti tra i ragazzini, ma sotto l'occhio vigile di tutta una comunità); come si imparava a riutilizzare e a riparare oggetti, e a inventarne di nuovi… E come gli adulti come il papà del piccolo Mirco, operaio a Porto Marghera, si costruivano la nuova casa con le proprie mani.
L'autore di Energia e futuro. Le opportunità del declino, che con quel libro aveva già dimostrato le sue doti di divulgatore, questa volta si lascia insomma andare al gusto di narrare. Luoghi e volti che riaffiorano, tra i quali un aneddoto riguardante il patriarca di Venezia − si chiamava allora Angelo Roncalli.
La narrazione del passato rimanda sempre, esplicitamente o meno, alla realtà attuale. Come scrive nella prefazione Claudia Bettiol, docente di Geopolitica delle energie rinnovabili all'Università di Tor Vergata, questo libro porta «ad avere due sensazioni e stati d’animo opposti. Non sapevo se fosse un racconto nostalgico sul passato o una profezia sul futuro. Se pensiamo che questi racconti delle piccole comunità di campagna, e dell’arte del sapersi arrangiare vivendo in armonia con la natura senza tentare di forzare e manipolare i cicli biologici, appartengano oramai al nostro passato, allora non stiamo capendo la portata del cambiamento in corso». Questo, infatti, non è un libro nostalgico. L'Autore è convinto che, nonostante la discutibile eredità lasciata loro dalla generazione precedente, i giovani − che egli conosce per lunga e assidua frequentazione − «possiedono le potenzialità di leggere i fatti anche da punti di vista in disuso, diversi da quelli soliti orientati in direzione della crescita, gli unici o loro noti. E di reagire con nuova abilità, capacità e immaginazione». Hanno livelli elevati d’istruzione, entusiasmo, intelligenza, coraggio. «Basterà indirizzare tali potenzialità nelle direzioni opportune».
Potrà paradossalmente aiutare, in questo processo di cambiamento radicale e necessario, «il senso didisagio profondo» iniettato in tutti dall'inganno del consumismo.
 
(da EMI editore)