L'uomo che gli alberi amavano

L’uomo che gli alberi amavano

(The Man Whom the Trees Loved)
Traduzione di Michele Piumini
Galaad Edizioni


 “L’uomo che gli alberi amavano” è un romanzo breve di Algernon Blackwood (1869-1951) giornalista britannico e autore di racconti noir. Narra la storia di una coppia di anziani, David e Sophia Bittercy, la cui vita tranquilla nello Hampshire, in un cottage solitario al limitare di una Foresta, viene sconvolta dopo la visita di Sanderson, un pittore che “dipingeva gli alberi quasi riuscisse a schiuderne le qualità essenziali grazie a un istinto divinatorio speciale”. David è innamorato della Natura. Il suo è un amore forte, capisce gli alberi, sente una specie di comunione con loro, ma entro certi limiti ne tiene all’oscuro la moglie per non alimentare la sua contrarietà e le sue paure, che sono probabilmente conseguenza di quando lui lavorava nella giungla indiana e la lasciava ad aspettarlo per tante ore con l’ansia che nella Foresta potesse accadergli qualcosa di grave. Sanderson aveva dipinto il cedro del Libano che, spennacchiato e solitario, David aveva piantato nel suo giardino al limitare della Foresta, dando all’albero una impressionante vitalità e individualità. David le penetra nel profondo e ne è stravolto. Quel quid, infatti, alimenta il suo amore sempre più travolgente per la Foresta, amore che diventerà passione ossessiva e fatale. L’attrazione degli alberi lo estranea a poco a poco anche dalla moglie. Sophia, aggrappata ai principi della sua Fede, con crescente paura per la forza metafisica che gli alberi esercitano sul marito, inizialmente fa di tutto per sottrarlo a quelle forze magnetiche soprannaturali e ricondurlo alla realtà, ma poi….Protagonista della storia non meno del marito, Sophia ci conduce, tra avvincenti, stravaganti, fascinose e tempestose  immagini della Natura, in quella atmosfera di gotico noir propria di Algernon Blackwood.
Dall’inizio alla fine la parola “mugghiare” scandisce con ritmo incalzante i rumori della Foresta, che non preannunciano niente di quieto, e il crescente ossessivo amore con cui gli alberi rapiscono David. “E in fondo udì la Foresta mugghiare lontano. In quel suono la voce di suo marito”. Così si chiude la storia.

L’amore di Algernon Blackwood per la Natura è profondo fin dalla sua giovinezza:L’influenza di gran lunga maggiore sulla mia vita, però, venne dalla Natura, un influsso che si disvelò presto, crescendo di intensità di anno in anno. L’incanto della Natura, in grado di portare conforto, vicinanza, ispirazione e gioia, è da allora rimasto imperante, un vero e proprio sortilegio magico… (da “Episodi prima del Trenta” 1923).
Scopo di Blackwood non era tanto il terrorizzare quanto il suscitare meraviglia e consapevolezza nel lettore. In altra sua pagina: “La parola soprannaturale sembra la parola migliore per trattare nella finzione segni e prove di altri poteri che giacciono nascosti in tutti noi. Credo che sia possibile per la nostra coscienza cambiare e crescere, e che con questo cambiamento possiamo diventare consapevoli di un nuovo Universo".

Etta Artale