MANUALE DI COLTIVAZIONE PRATICA E POETICA

MANUALE DI COLTIVAZIONE PRATICA E POETICA: Per la cura dei luoghi storici e archeologici del Mediterraneo

 

Cura dei luoghi, potrebbe essere la sintesi di questo manuale suddiviso in due parti, una teorica con scritti sulla gestione del giardino e una pratica dal giardino al paesaggio. Il lettore comprende già dalle prime pagine che la coltivazione della terra, sia come pratica agricola che come cura di un giardino, diventa arte. Ne è un’importante testimonianza l’approfondimento che Tessa Matteini fa de “il libro dell’agricoltura” di Ibn al-‘Awwâm, agronomo della scuola arabo-andalusa del XII secolo. Un vero e proprio trattato che esplora tutti gli aspetti relativi alla conduzione di un’azienda agricola, offrendo in particolare indicazioni sulla pratica agraria di frutteti-giardini. La dote precipua di Ibn al-‘Awwâmè la straordinaria sensibilità naturalistica. Il suo pensiero aristotelico lo porta a un’osservazione tanto penetrante della natura da precorrere la scienza sperimentale. Esemplari le sue pagine sulle proprietà dei terreni, che presentano autentiche anticipazioni della moderna pedologia, sulle coltivazioni arboree, grande passione musulmana, e, non secondariamente, sulla veterinaria. Il suo trattato costituisce un modello importante non solo nell’ambito islamico-andaluso ma in generale per tutti i trattati dell’arte di coltivare a partire proprio dalle caratteristiche pedologiche fino alle pratiche irrigue appropriate, di particolare importanza nel clima mediterraneo. Quello di Ibn al-‘Awwâmè la prima testimonianza di scritti sulle pratiche del giardino, descritta dalla curatrice Tessa Matteini, cui seguono i lavori di Agostino del Riccio, Giacomo Boni, Pietro Porcinai e altri paesaggisti. Qui ci soffermiamo sull’eclettico Francesco Bettini, nato a Maderno sul lago di Grada, ha soggiornato se pur brevemente a Londra, operante intorno alla metà del 1700 potrebbe essere definito artista a tutto tondo: violinista, decoratore paesaggista autodidatta. Dichiara di sé stesso: è facile amare il paesaggio e aver cura dei giardini per uno che è nato in un “giardino” naturale qual è il paesaggio gardesano. Sottolinea l’aspetto tipico dei giardini mediterranei nei quali si compenetrano il bello e l’utile, ovvero si coltiva il terreno per ricavarne i frutti e deliziare gli occhi.

Nella seconda parte i curatori descrivono esercizi di coltivazioni definibili artistiche che percorrono tutta la nostra penisola, dai vigneti del trevigiano, agli orti dell’isola della Giudecca a Venezia, alla coltivazione delle rovine di Ninfa sui Monti Lepini, fino ai giardini a mandarini della Conca d’oro. La nostra penisola è ricca di siti archeologici e in questo trattato non poteva mancare la “coltivazione” del paesaggio archeologico mediterraneo. Formulare strategie e pianificare azioni volte a alla conservazione vissuta dei luoghi: potrebbe essere questa la sintesi di quanto viene preconizzato per quei siti dai curatori. Citiamo un solo esempio, il Parco archeominerario di San Silvestro nell’entroterra Livornese ovvero il divenire di una rovina: sui gradoni della ripida rupe che costituiva il villaggio minerario la vegetazione lentamente prende i suoi spazi; un osservatore attento può cogliere gli aspetti di trasformazione e di inclusione delle essenze vegetali che crescono tra i detriti della lavorazione mineraria.

Il testo è interessante sotto tutti i punti di vista: estetico per la documentazione fotografica a colori, agrocolturale per gli esempi descritti, storico per la descrizione di pratiche agricole in epoche diverse ed, elemento non secondario, esplicitato già nel titolo, l’aspetto artistico culturale e poetico delle pratiche agricole cui, un lettore attento aggiunge la sostenibilità come filo conduttore di tutto il testo a partire dagli scritti Ibn al-‘Awwâm e finendo con la gestione dei parchi archeologici.

La pubblicazione del volume è stata possibile grazie al contributo dello IUAV – Università di Venezia, della Fondazione Benetton e dell’azienda agricola Studio Giardino di Venezia

Alberta Vittadello