Il progetto ZOOTANOLO: produzione di bioetanolo e valorizzazione delle borlande di distillazione

Il progetto ZOOTANOLO “La produzione di bioetanolo come valorizzazione energetica innovativa dei reflui zootecnici”, co-finanziato dal Ministero italiano dell’Agricoltura (MiPAAF) della durata di tre anni, 2010 – 2013 è stato sviluppato dalla FEM (Fondazione Edmund Mach) in collaborazione con il CETA (Centro Ecologia Teorica ed Applicata) di Gorizia e con I’Istituto per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo (CRA) di Gorizia.

Il piano sperimentale ha comportato le seguenti attività: caratterizzazione delle diverse tipologie di effluenti, individuazione di specifici pretrattamenti chimici e meccanici, idrolisi enzimatica delle fibre di cellulosa ed emicellulosa, fermentazione alcolica dell’idrolizzato ottenuto da parte di lieviti e quindi distillazione.

La gestione della borlanda così ottenuta, in particolar modo dei nutrienti in eccesso in essa contenuti, è di interesse nella realizzazione di filiere sostenibili. Pertanto per realizzare da un lato il recupero/rimozione dell’azoto e dall’altro valorizzare questi scarti per la produzione di nuova biomassa, è stata testata la possibilità di ottenere buone rese in termini di crescita algale. La realizzazione di questa azione specifica nell’ambito del progetto Zootanolo è stata possibile grazie alla collaborazione con il Bioenergy Lab dell’Environment Park di Torino.

Sono oggetto degli ultimi mesi di attività le valutazioni economiche e ambientali per definire la sostenibilità della filiera sulla base delle evidenze tecniche raccolte durante la fase di sperimentazione.

Introduzione

Gli effluenti zootecnici rappresentano una risorsa interessante in quanto contengono ancora buone quantità di sostanza organica e nutrienti. Da sempre sono utilizzati in agricoltura per il ripristino ed il mantenimento della fertilità dei suoli e per l’apporto di nutrienti alle colture, anche se in certi contesti territoriali, caratterizzati da elevata intensità zootecnica, questa pratica agronomica può rappresentare un elemento di forte criticità per quanto riguarda l’insorgenza di problemi legati alla salvaguardia ambientale. Attualmente vengono ampiamente sfruttati anche in ambito energetico, attraverso processi di digestione anaerobica per la produzione di biogas (e quindi di energia).

Un approccio alternativo per la loro valorizzazione è legato all’idrolisi delle fibre lignocellulosiche, in particolar modo cellulosa ed emicellulosa, fonti di zuccheri fermentescibili, che possono essere successivamente impiegati nella produzione di etanolo o altri prodotti (Sun and Cheng, 2002; Chen et al., 2003).

Il ricorso al loro impiego nel settore delle rinnovabili nasce dall’esigenza di sostituire i carburanti fossili con una percentuale di biocarburanti pari al 10% (direttiva Clima Energia “20–20–20”) e dalla necessità di promuovere lo sviluppo di filiere agro energetiche sostenibili. Il recente decreto legislativo 3 marzo 2011 nr 28 fissa per l’Italia una quota minima di sostituzione degli attuali combustibili di origine fossile con biocarburanti, calcolata sulla base del tenore energetico, pari ad un 5% da conseguire entro il 2014. Inoltre, la Commissione Europea ha pubblicato lo scorso 17 ottobre 2012 una proposta di Direttiva volta a limitare, a livello mondiale, la conversione dei terreni per la produzione di biocarburanti e stimolare quindi lo sviluppo di biocarburanti alternativi, detti anche di seconda generazione, derivati da materie prime non alimentari.

Affinché la filiera di produzione di biocarburanti sia completa e possa assumere carattere virtuoso è molto importante l’approfondimento relativo alla gestione degli scarti di processo. In particolar modo è oggetto di studio la gestione dei nutrienti in eccesso, di cui sono molto ricche le deiezioni zootecniche, così come gli scarti di processo tipo digestati e borlande, in considerazione del fatto che, fermentazione alcolica e digestione anaerobica non modificano di fatto sostanzialmente i quantitativi di azoto e fosforo.

Una possibilità, attualmente ancora oggetto di sperimentazione, è quella della valorizzazione di queste matrici liquide per la produzione di microalghe, nuova biomassa potenzialmente utilizzabile in molti e diversi settori (agronomico, alimentare o nutraceutico, bioenergetico).

Nell’ambito del progetto ZOOTANOLO (grafico 1), il cui obiettivo principale è stato quello di verificare la possibilità di estendere l’utilizzo dei reflui zootecnici anche ad altri settori oltre a quello agronomico, come ad es. la produzione di biocarburanti alternativi (bioetanolo), si è testata anche la coltura di microalghe sui sottoprodotti di distillazione, con l’obiettivo principale di ridurre il contenuto di nutrienti delle borlande.

Grafico 1 – Filiera studiata

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