Il comparto zootecnico considerato: analisi territoriale della distribuzione di allevamenti bovini, suinicoli ed avicoli

Le aree rurali considerate per il campionamento degli effluenti zootecnici sono quelle del Friuli Venezia Giulia e del Trentino; in particolare liquami e letami bovini sono stati campionati e studiati in provincia di Trento, mentre pollìne e liquami suini sono stati campionati e studiati in provincia di Udine e Gorizia.

La tipologia produttiva prevalente in provincia di Trento è quella del bovino da latte con 1446 aziende (73%); 335 le stalle che allevano bovini da carne. La consistenza zootecnica è pari a 34.657 U.B.A. (unità bovino adulto) con un numero di capi pari a 44.942 unità. La produzione media di sostanza secca escreta risulta pari a 8,05 kg/capo al giorno, nelle zone ad elevata intensità zootecnica (28 l/giorno di latte e alimentazione ricca di insilati e concentrati) e 7,7 kg/capo al giorno per le realtà meno specializzate. Relativamente alla lettiera, sono stati considerati i consumi di 1 kg/giorno di paglia per vacca e 3 kg/giorno di paglia per capo da rimonta. La maggior parte delle stalle viene gestita a letame (circa 80%), mentre la restante parte a liquame (10%) o in modalità mista (10%); le stalle di maggiori dimensioni sono generalmente condotte a liquame. Il 56,5% delle vacche da latte viene alpeggiato, mentre la quota sale a 92,0% per le manze da rimonta. Negli allevamenti di bovini da ingrasso invece troviamo prevalentemente liquame su grigliato. Sono stati campionati il liquame delle manze da ingrasso (liquame manze), il letame delle vacche da latte (Letame VdL), il liquame delle vacche da latte (Liquame VdL), la frazione solida del liquame vacche da latte (Liquame VdL SS), ottenuta da separatore aziendale.

Gli allevamenti suinicoli hanno forte rilevanza nel comparto zootecnico del Friuli Venezia Giulia; la tendenza degli ultimi anni è quella della contrazione del numero di aziende a fronte però di un incremento della consistenza di capi per singola azienda. La presenza è di circa 225.321 capi per l’intera regione (Dati ISTAT 2007). La provincia maggiormente interessata dagli allevamenti suini risulta essere quella di Pordenone. Il patrimonio nazionale suino al 2010 mostra un totale di 9.324.000 capi, principalmente da ingrasso con quasi 5 milioni di capi, quindi il Friuli Venezia Giulia rappresenta il 2,42 % del patrimonio nazionale. I campioni considerati sono il liquame raccolto in allevamenti con pavimento totalmente fessurato (Liquame suino 1), in allevamenti con pavimento parzialmente fessurato (Liquame suino 2) e con allevamento a terra (Liquame suino 3).

Un’analisi dei dati Istat 2007 ha messo in luce che gli allevamenti avicoli in Friuli Venezia Giulia sono 332 (di cui 108 allevamenti di pollame da carne, 231 allevamenti di galline ovaiole, 77 allevamenti di altro pollame; in alcuni casi sono presenti più forme di allevamento nella stessa azienda, con conseguente sovrapposizione dei dati. Il numero totale di capi in regione è 5.234.581. In Italia in totale sono state censite 80.325 aziende avicole per un totale di oltre 150 milioni di capi. Sono state campionate tre matrici: pollina di ovaiole senza lettiera (Pollina ovaiole), pollina di broiler allevati su lettiera di paglia trinciata fine (Pollina broiler 1), pollina di broiler allevati su lettiera di segatura (Pollina broiler 2).

Il progetto ZOOTANOLO: produzione di bioetanolo e valorizzazione delle borlande di distillazione

Il progetto ZOOTANOLO “La produzione di bioetanolo come valorizzazione energetica innovativa dei reflui zootecnici”, co-finanziato dal Ministero italiano dell’Agricoltura (MiPAAF) della durata di tre anni, 2010 – 2013 è stato sviluppato dalla FEM (Fondazione Edmund Mach) in collaborazione con il CETA (Centro Ecologia Teorica ed Applicata) di Gorizia e con I’Istituto per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo (CRA) di Gorizia.

Il piano sperimentale ha comportato le seguenti attività: caratterizzazione delle diverse tipologie di effluenti, individuazione di specifici pretrattamenti chimici e meccanici, idrolisi enzimatica delle fibre di cellulosa ed emicellulosa, fermentazione alcolica dell’idrolizzato ottenuto da parte di lieviti e quindi distillazione.

La gestione della borlanda così ottenuta, in particolar modo dei nutrienti in eccesso in essa contenuti, è di interesse nella realizzazione di filiere sostenibili. Pertanto per realizzare da un lato il recupero/rimozione dell’azoto e dall’altro valorizzare questi scarti per la produzione di nuova biomassa, è stata testata la possibilità di ottenere buone rese in termini di crescita algale. La realizzazione di questa azione specifica nell’ambito del progetto Zootanolo è stata possibile grazie alla collaborazione con il Bioenergy Lab dell’Environment Park di Torino.

Sono oggetto degli ultimi mesi di attività le valutazioni economiche e ambientali per definire la sostenibilità della filiera sulla base delle evidenze tecniche raccolte durante la fase di sperimentazione.

Introduzione

Gli effluenti zootecnici rappresentano una risorsa interessante in quanto contengono ancora buone quantità di sostanza organica e nutrienti. Da sempre sono utilizzati in agricoltura per il ripristino ed il mantenimento della fertilità dei suoli e per l’apporto di nutrienti alle colture, anche se in certi contesti territoriali, caratterizzati da elevata intensità zootecnica, questa pratica agronomica può rappresentare un elemento di forte criticità per quanto riguarda l’insorgenza di problemi legati alla salvaguardia ambientale. Attualmente vengono ampiamente sfruttati anche in ambito energetico, attraverso processi di digestione anaerobica per la produzione di biogas (e quindi di energia).

Un approccio alternativo per la loro valorizzazione è legato all’idrolisi delle fibre lignocellulosiche, in particolar modo cellulosa ed emicellulosa, fonti di zuccheri fermentescibili, che possono essere successivamente impiegati nella produzione di etanolo o altri prodotti (Sun and Cheng, 2002; Chen et al., 2003).

Il ricorso al loro impiego nel settore delle rinnovabili nasce dall’esigenza di sostituire i carburanti fossili con una percentuale di biocarburanti pari al 10% (direttiva Clima Energia “20–20–20”) e dalla necessità di promuovere lo sviluppo di filiere agro energetiche sostenibili. Il recente decreto legislativo 3 marzo 2011 nr 28 fissa per l’Italia una quota minima di sostituzione degli attuali combustibili di origine fossile con biocarburanti, calcolata sulla base del tenore energetico, pari ad un 5% da conseguire entro il 2014. Inoltre, la Commissione Europea ha pubblicato lo scorso 17 ottobre 2012 una proposta di Direttiva volta a limitare, a livello mondiale, la conversione dei terreni per la produzione di biocarburanti e stimolare quindi lo sviluppo di biocarburanti alternativi, detti anche di seconda generazione, derivati da materie prime non alimentari.

Affinché la filiera di produzione di biocarburanti sia completa e possa assumere carattere virtuoso è molto importante l’approfondimento relativo alla gestione degli scarti di processo. In particolar modo è oggetto di studio la gestione dei nutrienti in eccesso, di cui sono molto ricche le deiezioni zootecniche, così come gli scarti di processo tipo digestati e borlande, in considerazione del fatto che, fermentazione alcolica e digestione anaerobica non modificano di fatto sostanzialmente i quantitativi di azoto e fosforo.

Una possibilità, attualmente ancora oggetto di sperimentazione, è quella della valorizzazione di queste matrici liquide per la produzione di microalghe, nuova biomassa potenzialmente utilizzabile in molti e diversi settori (agronomico, alimentare o nutraceutico, bioenergetico).

Nell’ambito del progetto ZOOTANOLO (grafico 1), il cui obiettivo principale è stato quello di verificare la possibilità di estendere l’utilizzo dei reflui zootecnici anche ad altri settori oltre a quello agronomico, come ad es. la produzione di biocarburanti alternativi (bioetanolo), si è testata anche la coltura di microalghe sui sottoprodotti di distillazione, con l’obiettivo principale di ridurre il contenuto di nutrienti delle borlande.

Grafico 1 – Filiera studiata