II 1.4 L’acqua e la pianta

II. 1. 4.  L’acqua e la pianta

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II 1.2 I parametri fondamentali

Nell’impiego dell’acqua per irrigazione èi portante valutare alcuni parametri, i più importanti sono:

Salinità e sodicità

L’acqua usata per l’irrigazione contiene sempre una certa quantità di sali disciolti, la cui concentrazione varia entro limiti piuttosto ampi in relazione alla loro provenienza. Le acque provenienti da corsi superficiali (fiumi, ruscelli) e da invasi (naturali e artificiali) generalmente hanno un basso contenuto in sali disciolti; invece nelle acque provenienti da falde più o meno profonde il contenuto salino spesso è elevato.
Le origini dei sali contenuti nelle acque di falda possono essere diverse: dalla dissoluzione di rocce e/o di sostanze solubili esistenti nei terreni a mano a mano che l’acqua scorre o percola attraverso essi oppure dalla diffusione tra masse di acqua a diversa concentrazione salina.
La diffusione contribuisce alla salinizzazione delle acque di falda lungo zone costiere caratterizzate da formazioni geologiche permeabili (formazioni sabbiose o rocce fessurate). Queste consentono all’acqua del mare di invadere il sottosuolo dell’entroterra fino a distanze dalla costa anche notevoli.
La crescente domanda di acqua irrigua, tanto in Italia quanto nel mondo, fa registrare, con frequenza sempre maggiore, l’uso di acque a contenuto salino piuttosto elevato. Queste possono determinare problemi di vario tipo nei riguardi sia delle colture sia del terreno e possono indurre a modificare più o meno sensibilmente le tecniche colturali.
In generale, acque a contenuto salino piuttosto elevato, dette “acque salmastre”, determinano riduzioni di produzioni areiche più o meno elevate, a seconda della specie irrigata, rispetto a quelle ottenibili irrigando con acque dolci.

Tossicità da ioni specifici

L’utilizzazione di acque contaminate con metalli pesanti e/o elementi indesiderati può indurre, nelle specie vegetali irrigate, fenomeni di tossicità risultanti dall’accumulo di determinati elementi nei tessuti vegetali.
I fenomeni di tossicità possono insorgere del tutto indipendentemente dai pericoli di salinità e sodicizzazione.
Tra gli elementi più frequentemente coinvolti in fenomeni di fitotossicità ricordiamo il cloro, lo zolfo ed il boro.
Cloro e zolfo sono elementi essenziali per la crescita dei vegetali, tuttavia se presenti in quantità elevate possono causare danni alle colture. Elevate concentrazioni di cloro derivano sia dalla dissociazione dei sali del terreno, primi tra tutti i cloruri, sia da altre fonti quali ad esempio il trattamento di clorazione cui sono sottoposte le acque reflue in fase di depurazione. Esso provoca fenomeni di fitotossicità soprattutto in relazione al metodo irriguo, ed in particolare può manifestare tali problemi nel caso di abbondante bagnatura della vegetazione. Lo stesso discorso vale per i solfati per i quali inoltre, in ambienti riducenti, si ha la formazione di solfuri esaltanti l’azione fitotossica dell’elemento.
Per quanto riguarda i metalli pesanti bisogna evidenziare che essi sono presenti nelle acque in forme diverse, in grado di condizionarne la mobilità e la disponibilità biologica; di conseguenza il dato relativo alla loro concentrazione complessiva non sempre esprime l’effettiva pericolosità delle acque che li contengono.

Temperatura

Essa va misurata nel punto di prelievo o erogazione. Si possono avere dei problemi quando la temperatura dell’acqua utilizzata è notevolmente inferiore a quella del terreno o della coltura (es. nel caso di alcune acque di pozzo). L’utilizzo di acque fredde provoca danni evidenti su colture particolarmente sensibili, anche in ragione della forma di coltivazione (es. colture in serra), con sintomi simili a quelli di carenza idrica.

Materiali solidi in sospensione

La presenza di materiali inorganici (es. sabbia, limo, argilla) provoca una più rapida usura di pompe ed irrigatori ed un maggior rischio di occlusione di gocciolatori. La presenza di tali sostanze, così come di sostanze organiche in sospensione, determina la necessità di ricorrere a sistemi di filtrazione con conseguente aggravio dei costi di produzione.
In linea di massima possiamo considerare che acque con un contenuto in solidi in sospensione (ovvero con concentrazione inferiore a 30 mg/L) si possono utilizzare senza particolari accorgimenti, mentre acque con un valore maggiore debbano essere più attentamente valutate soprattutto per quanto riguarda la scelta del metodo irriguo.
Una maggiore attenzione deve essere posta alle acque contenenti sostanze di natura organica. Il carbonio contenuto in tali sostanze reagisce con l’ossigeno dell’acqua impoverendola di tale elemento. Le sostanza di natura organica possono essere sia di origine biologico sia chimica.

Reazione – pH

Valori normali di pH per le acque destinate all’uso irriguo devono essere considerati in un intervallo compreso tra 5,5 e 8,5 (ottimali sono da considerarsi valori di pH compresi tra 6,5 e 7,5). Valori differenti fanno sospettare una qualche caratteristica anomala che deve essere individuata. L’utilizzo di acque con pH inferiore a 4,5 è senz’altro da evitare, non solo per il suo effetto acidificante e potenzialmente tossico per le colture, ma anche per il fatto che a tale valore di pH aumenta la disponibilità di assorbimento dei metalli pesanti.

Azoto totale, nitrati, nitriti, fosfati

Azoto e fosforo rappresentano i principali elementi nutritivi dei vegetali e quindi l’uso di acque arricchite non rappresenta un rischio dal punto di vista irriguo. Problemi possono sorgere in relazione a fenomeni di eutrofizzazione delle acque superficiali con conseguenti maggiori rischi di occlusione di alcuni tipi di irrigatori a causa della fitomassa presente.
I limiti di accettabilità per l’azoto ed il fosforo vanno quindi interpretati come segnale di degrado del corpo idrico e di adeguamento delle fertilizzazioni in funzione delle quantità apportate con l’acqua irrigua.

Residui di prodotti fitosanitari

La possibile contaminazione delle acque irrigue con residui di fitofarmaci rientra nel contesto più ampio relativo all’inquinamento derivato dalle sostanze organiche sintetiche che per le vie più disparate possono giungere alle acque. Alcune di queste sostanze, e tra esse i pesticidi, possono danneggiare direttamente le colture e/o il terreno agrario.
Le ricerche eseguite fino ad non forniscono indicazioni precise circa i limiti di tolleranza dei diversi composti nelle acque da destinarsi all’irrigazione. A ciò si aggiunga il fatto che per molti anni si è erroneamente pensato che lo strato più superficiale del terreno potesse funzionare come un efficiente mezzo di purificazione in grado di impedire la penetrazione delle sostanze inquinanti fino alle acque di falda.
È evidente, quindi, che la qualità delle acque è influenzata dall’attività antropica, ed in particolare dall’utilizzo dei prodotti organici, i quali, in determinate condizioni pedologiche e climatiche, mostrano persistenza e mobilità nel suolo sufficienti a raggiungere i corsi d’acqua e/o le acque profonde.
Per quanto riguarda i prodotti fitosanitari, nel nostro paese l’allarme legato alla loro presenza nelle acque iniziò a diffondersi nel 1986, un anno dopo l’entrata in vigore del Decreto di recepimento della Direttiva 80/778/CEE(pdf). I controlli ufficiali che seguirono l’entrata in vigore della legge evidenziarono come molti pozzi di rifornimento di acquedotti, particolarmente nella pianura padana, presentavano concentrazioni di prodotti fitosanitari inferiori ai limiti di sicurezza sanitaria ma al contempo superiori a quelli ammessi. In particolare tali limiti erano superati per la presenza di residui di diserbanti, ampiamente utilizzati nella cerealicoltura intensiva padana. Da questa scoperta seguì la messa al bando dell’atrazina, diserbante selettivo per il mais.
Nei terreni ricchi di sostanza organica le molecole dei prodotti fitosanitari sono normalmente più intensamente trattenute e quindi più difficilmente esse saranno soggette a fenomeni di percolazione lisciviazione. Inoltre, in zone caratterizzate da terreni sciolti, sabbiosi e grossolani, il verificarsi di forti piogge successivamente all’applicazione del prodotto fitosanitario al terreno o alla coltura, ne favorirà la percolazione. Il medesimo effetto lo eserciteranno le irrigazioni.

Coliformi totali, Coliformi fecali, Streptococchi fecali

I corpi idrici superficiali presentano una carica di microrganismi molto superiore a quella delle acque di diversa origine, a causa dell’arricchimento  provocato da scarichi di effluenti di insediamenti urbani non depurati ovvero di allevamenti zootecnici.
Per la maggior facilità di quantificazione e per la loro significatività si determinano, come indicatori della presenza di agenti patogeni, i soli Coliformi Totali, Coliformi Fecali e Streptococchi Fecali. Il loro riscontro nelle acque irrigue non comporta problematiche di fitotossicità per le piante o problemi per il terreno, ma pone preoccupazioni sotto l’aspetto igienico-sanitario del prodotto ottenuto.

Utilizzo delle acque salmastre

Le ripercussioni della salinità delle acque irrigue sul terreno possono essere di due tipi: progressiva salinizzazione e/o progressiva sodicizzazione.
L’accumulo di sali negli strati superficiali del terreno interessati dagli apparati radicali può essere causato anche da fattori indipendenti dalla qualità dell’acqua irrigua o dall’irrigazione. La presenza di falda poco profonda, infatti, per effetto della capillarità, determina un flusso di acqua e dei sali in essa disciolti verso gli strati superficiali del terreno, dove l’acqua evapora, mentre i sali tendono ad accumularsi. In queste situazioni l’irrigazione, favorendo l’innalzamento della falda, può aggravare il problema, specialmente se l’acqua è salmastra.
La salinità rende l’acqua meno disponibile per le colture, modificandone il normale consumo idrico e determinandone fenomeni di stress idrici, a cui si accompagnano attenuazioni dell’accrescimento delle piante, riduzioni delle produzioni areiche e modifiche qualitative dei prodotti.
Tuttavia, scegliendo accuratamente le colture ed adottando tecniche agronomiche ed irrigue adeguate è possibile utilizzare acque salmastre a scopo irriguo. 

 


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