Newsletter n. 5 Articolo 3
/in Pagine di articoli/da NoNameInnovazione tecnologica nella concimazione
La fertilizzazione è una pratica agricola ben collaudata e l’uso di prodotti di sintesi chimica ovvero di fertilizzanti minerali ha reso questa pratica più rapida e meno costosa, ma con alcuni rischi di carattere ambientale; i fertilizzanti di origine organica hanno invece la duplice funzione di apportare nutrimento alle piante e di migliorare la struttura del suolo agricolo.
È importante che la pratica della fertilizzazione tenga sotto controllo gli elementi che possono essere fitotossici per le piante stesse o entrare nella catena alimentare attraverso le piante destinate all’alimentazione umana e/o animale ed essere tossici per gli organismi superiori.
Studi recenti confermano non solo la possibilità di impiegare in agricoltura gli scarti di lavorazione della concia effettuata con gli idrolizzati di cromo ma anche l’alto livello qualitativo del concime da esso derivato.
L’uso di concimi ottenuti dagli scarti del pellame nel processo della concia è stato a lungo evitato proprio per la potenziale tossicità, ma adesso, alla luce delle nuove tecniche di concia, va rivalutato, incrementato e promosso.
La Sezione Centro-Ovest dell’Accademia dei Georgofili in collaborazione con il Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti (CIEC) ha organizzato a Roma l’11 giugno u.s. unagiornata di studio, nella quale è stato fornito un quadro aggiornato e approfondito della materia, attraverso una serie di relazioni tenute da qualificati esperti e professionisti del settore.
Da quando è stata scoperta la possibilità di migliorare la qualità del cuoio e delle pelli mediante la concia, che ne aumenta la resistenza a qualunque deterioramento e pertanto le rende adatta alla produzione di articoli industriali, gli scarti e i reflui di lavorazione hanno rappresentato per anni un problema.
La presenza di cromo, infatti, rendeva inutilizzabili in quanto inquinanti tali scarti e reflui. D’altra parte, il cromo rappresenta uno dei pilastri della concia in quanto si lega alle proteine delle pelli rendendo quest’ultime indefinitamente più stabili e idonee alla lavorazione.
Gli studi effettuati negli ultimi anni hanno messo in evidenza come sia possibile usare nella fase di concia degli idrolizzati di cromo ottenendo risultati analoghi all’impiego tradizionale del cromo ma con grandi vantaggi per gli scarti e reflui di lavorazione. Tali idrolizzati non solo possono essere reimpiegati nella fase di concia, ma gli stessi scarti di lavorazione possono essere trasformati in concimi di alta qualità. Infatti, negli idrolizzati, il cromo mantiene stabili i legami con le sostanze proteiche delle pelli, conferendo ai concimi una capacità di rilascio condizionato alle esigenze vegetali. Tali caratteristiche rendono questi fertilizzanti unici e apprezzati in tutto il mondo.
E utile specificare che il cromo trivalente non rappresenta un pericolo per l’ambiente, al contrario del cromo esavalente. Il cromo III “intrappolato” negli idrolizzati che a loro volta sono legati in modo stabile alle proteine, non è più in grado di ossidarsi e quindi di trasformarsi nel pericoloso cromo VI.
L’impiego in agricoltura risulta quindi possibile e, dato l’alto contenuto proteico di questo concime, i risultati ottenuti sono molto buoni.
Un esempio pratico in Italia è dato dal comprensorio toscano della zona di S. Croce sull’Arno, dove i fanghi prodotti dal processo di concia vengono completamente riutilizzati in agricoltura.
Per saperne di più:
Ilsa group
www.ciec-italia.it
SINAB (Sistema di Innovazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica)
Giornata di Studio“I concimi derivanti dal recupero dei residui di lavorazione del cuoio e delle pelli conciate”
Reutilization of skin fleshing-derived collagen hydrolizate in the re-tanning/ dyeing / fatliquoring phases
Nuove possibilità per la valorizzazione dei residui solidi della lavorazione del cuoio
Valorizzazione degli scarti di scarnatura mediante il loro riutilizzo nel ciclo industriale conciario
Riutilizzo di idrolizzato da collagene derivato da scarti di scarnatura in fase di riconcia / tintura / ingrasso
Newsletter n.5 articolo 2
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La fertilizzazione è una pratica agricola ben collaudata e l’uso di prodotti di sintesi chimica ovvero di fertilizzanti minerali ha reso questa pratica più rapida e meno costosa, ma con alcuni rischi di carattere ambientale; i fertilizzanti di origine organica hanno invece la duplice funzione di apportare nutrimento alle piante e di migliorare la struttura del suolo agricolo.
È importante che la pratica della fertilizzazione tenga sotto controllo gli elementi che possono essere fitotossici per le piante stesse o entrare nella catena alimentare attraverso le piante destinate all’alimentazione umana e/o animale ed essere tossici per gli organismi superiori.
Studi recenti confermano non solo la possibilità di impiegare in agricoltura gli scarti di lavorazione della concia effettuata con gli idrolizzati di cromo ma anche l’alto livello qualitativo del concime da esso derivato.
L’uso di concimi ottenuti dagli scarti del pellame nel processo della concia è stato a lungo evitato proprio per la potenziale tossicità, ma adesso, alla luce delle nuove tecniche di concia, va rivalutato, incrementato e promosso.
La Sezione Centro-Ovest dell’Accademia dei Georgofili in collaborazione con il Centro Scientifico Italiano dei Fertilizzanti (CIEC) ha organizzato a Roma l’11 giugno u.s. unagiornata di studio, nella quale è stato fornito un quadro aggiornato e approfondito della materia, attraverso una serie di relazioni tenute da qualificati esperti e professionisti del settore.
Da quando è stata scoperta la possibilità di migliorare la qualità del cuoio e delle pelli mediante la concia, che ne aumenta la resistenza a qualunque deterioramento e pertanto le rende adatta alla produzione di articoli industriali, gli scarti e i reflui di lavorazione hanno rappresentato per anni un problema.
La presenza di cromo, infatti, rendeva inutilizzabili in quanto inquinanti tali scarti e reflui. D’altra parte, il cromo rappresenta uno dei pilastri della concia in quanto si lega alle proteine delle pelli rendendo quest’ultime indefinitamente più stabili e idonee alla lavorazione.
Gli studi effettuati negli ultimi anni hanno messo in evidenza come sia possibile usare nella fase di concia degli idrolizzati di cromo ottenendo risultati analoghi all’impiego tradizionale del cromo ma con grandi vantaggi per gli scarti e reflui di lavorazione. Tali idrolizzati non solo possono essere reimpiegati nella fase di concia, ma gli stessi scarti di lavorazione possono essere trasformati in concimi di alta qualità. Infatti, negli idrolizzati, il cromo mantiene stabili i legami con le sostanze proteiche delle pelli, conferendo ai concimi una capacità di rilascio condizionato alle esigenze vegetali. Tali caratteristiche rendono questi fertilizzanti unici e apprezzati in tutto il mondo.
E utile specificare che il cromo trivalente non rappresenta un pericolo per l’ambiente, al contrario del cromo esavalente. Il cromo III “intrappolato” negli idrolizzati che a loro volta sono legati in modo stabile alle proteine, non è più in grado di ossidarsi e quindi di trasformarsi nel pericoloso cromo VI.
L’impiego in agricoltura risulta quindi possibile e, dato l’alto contenuto proteico di questo concime, i risultati ottenuti sono molto buoni.
Un esempio pratico in Italia è dato dal comprensorio toscano della zona di S. Croce sull’Arno, dove i fanghi prodotti dal processo di concia vengono completamente riutilizzati in agricoltura.
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