3.1. Come evitare che i clostridi arrivino nel latte

I batteri del genere Clostridium, detti anche clostridi, rappresentano un problema per le aziende che producono latte destinato a formaggi a media e lunga stagionatura. I clostridi generano infatti delle spore resistenti alle avversità ambientali, che germinano nel formaggio durante la stagionatura causando gonfiori e fermentazioni indesiderate.

I clostridi si trovano normalmente nel terreno e vengono importati in azienda tramite gli alimenti, in particolare foraggi contaminati con terra e/o fertilizzanti organici. Tali foraggi determinano un inquinamento del latte sia diretto, a causa della polverosità che caratterizza questi batteri, sia indiretto, via alimentazione. Non va inoltre dimenticata la possibile contaminazione da parte di mangimi stoccati e conservati in modo scorretto.
Una volta ingeriti dagli animali, i clostridi non vengono degradati ma si moltiplicano per poi essere espulsi con le feci. Le deiezioni rappresentano quindi il maggiore veicolo di contaminazione dell’ambiente di stalla, e di conseguenza del latte. A loro volta, le deiezioni utilizzate per la concimazione organica dei prati aumentano il carico di clostridi nel terreno e conseguentemente nel foraggio contaminato di terra. Si crea così il “ciclo aziendale dei clostridi”, su cui l’allevatore ha la responsabilità di intervenire.

Funzionamento del "Ciclo aziendale dei clostridi"
Crediti immagine: Fondazione E. Mach

 

La quantità di clostridi e di spore che saranno presenti nel latte in uscita dall’azienda dipende però in maniera decisiva dalla gestione della stalla. L’allevatore ha infatti la possibilità, tramite accorgimenti gestionali e buone pratiche, di ridurre il carico di clostridi nella stalla e limitarne la proliferazione.

Consigli della Fondazione E. Mach per ridurre la contaminazione del latte da Clostridi
Crediti immagine: Fondazione E. Mach

 

 

3. L’impatto dell’igiene: casi pratici

L’igiene all’interno degli allevamenti e nel trattamento dei prodotti zootecnici ricopre un ruolo fondamentale per ottenere dei prodotti di qualità e commerciabili. Qui di seguito riportiamo due esempi che riguardano aspetti tipici degli allevamenti delle vacche da latte e delle galline ovaiole.

 

2.3. Antibiotici e l’impatto sul suolo

L’impiego massiccio di antibiotici ha un effetto non trascurabile anche sulla composizione del suolo, in particolare sui microrganismi ivi presenti. Infatti, l’applicazione continua di letame contaminato con antibiotici a lungo termine cambiano la composizione batterica del suolo. Lo studio portato avanti dal Centro Helmholtz di Monaco (Germania) e pubblicato sulla rivista PLOS ONE si è concentrata sulla sulfadiazina, un antibiotico comunemente impiegato negli allevamenti e che è capace di entrare nel suolo grazie al letame. La presenza di questo antibiotico nel suolo comporta una diminuzione dei batteri importanti per una buona qualità del suolo e un aumento di batteri patogeni. Questo significa una perdita di fertilità e, a lungo termine, ad una diminuzione delle rese oltre che aumentare il numero di batteri pericolosi per il genere umano.

Grafico: Variazione della composizione batterica del suolo rispetto al suolo non trattato (U), trattato con letame privo di sulfadiazina (S0), trattato con letame contenente 10mg/kg di sulfadiazina (S10) e trattato con letame contenente 100mg/kg di sulfadiazina (S100).
Crediti immagine: PlosOne

I batteri che destano maggiore preoccupazioni sono quelli che si possono disperdere nell’ambiente per via area e quindi provocare malattie respiratorie  e polmonari. Inoltre, proprio grazie alla modalità di accrescimento, questi batteri si dimostrano resistenti agli antibiotici rendendo quindi ancora più difficile la cura.