1.3. Pesticidi e ambiente

Il Regolamento Europeo 1107/2009 richiede alle case produttrici di tenere in considerazione l’impatto ambientale del fitofarmaco nella stima dell’efficacia di quest’ultimo. Al fine di avere una procedura univoca e riconosciuta a livello europeo, l’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), ha pubblicato le linea guida su come procedere per valutare in laboratorio i tempi di degradazione dei pesticidi e la loro dispersione nell’ambiente.

Due sono i parametri da tenere in considerazione:

  • DegT50, ovvero il tempo impiegato dal pesticida in esame per dimezzare la sua concentrazione iniziale per effetto della degradazione “naturale”; la dispersione nell’ambiente infatti non è da considerarsi una degradazione. Chiaramente, devono essere presi in esami anche gli intermedi e i sottoprodotti di degradazione che a loro volta possono rappresentare un pericolo per l’ambiente. Anche per questi bisogna definire il DegT50.
     
  • Koc, ovvero il coefficiente di ripartizione espresso sulla base del contenuto in carbonio organico del sedimento. Questo parametro dà indicazioni sulla capacità del composto chimico di legarsi al suolo e varia a seconda delle caratteristiche del suolo.

Queste linea guida consentono alle case produttrici di calcolare il DegT50 e il Koc dei loro prodotti e quindi di effettuare una stima globale del prodotto che tenga conto dell’efficacia e dell’impatto ambientale.

Queste procedure facilitano il confronto dei vari prodotti tra loro e si propongono come utili parametri per i produttori, ma anche per le autorità locali e per gli utenti finali che, attraverso questi dati, possono scegliere con maggiore accuratezza i prodotti da impiegare sul proprio terreno e sulle proprie colture.

1.2. La protezione degli operatori

A livello europeo, l’agenzia coordinatrice per la valutazione dei rischi per gli operatori a contatto con i pesticidi è l’ANSES (Agenzia Nazionale Francese per la Sicurezza Sanitaria dell’Alimentazione, dell’Ambiente e del Lavoro). Quest’agenzia da anni lavora sull’efficacia dei dispositivi di protezione individuale (DPI) e sulla correlazione tra l’esposizione a determinati pesticidi e l’insorgenza di alcune malattie croniche.

L’ANSES ha seguito per anni persone esposte a pesticidi con l’obiettivo di evidenziare l’eventuale relazione tra l’esposizione e l’insorgenza di patologie specifiche. Le ricerche sono state lunghe e complesse in quanto la correlazione tra questi due fattori non è quasi mai evidente a causa dell’esposizione simultanea a molteplici fattori potenzialmente pericolosi. Inoltre, l’uso nel passato di pesticidi molto pericolosi per la salute, ha in un certo senso inquinato le altre prove, rendendo più difficile il lavoro di isolamento e correlazione per ogni singolo pesticida.

Operatore equipaggiato con tutti i Dispositivi di Protezione Individuale necessari per un trattamento fitosanitario
Crediti immagine: Agricoltura Responsabile

Purtroppo lo studio e le ricerche dell’ANSES hanno evidenziato che, sebbene siano diverse le misure protettive già a disposizione degli addetti al lavoro, non tutti gli operatori le impiegano in quanto spesso vengono considerate poco pratiche o funzionali per le operazioni che si devono svolgere.

Le operazioni che espongono gli agricoltori ai prodotti fitosanitari iniziano con la preparazione della miscela, proseguono con l’applicazione dei prodotti fitosanitari e con la decontaminazione dei mezzi irroranti. Non sono inoltre da sottovalutare le lavorazioni compiute nei cosiddetti tempi di rientro senza l’ausilio delle protezioni dal rischio chimico, cioè gli interventi agronomici eseguiti durante la stagione, negli appezzamenti trattati, così come anche le attività di consulenza e di monitoraggio effettuate dai tecnici fitoiatri. 

1.1.1. I risultati dei monitoraggi sugli alimenti

A fine 2014 è stata pubblicata la nuova relazione sul monitoraggio effettuato a livello europeo sulla presenza di pesticidi negli alimenti. Dal report emerge che anche nel 2012, ovvero per il quarto anno consecutivo, oltre il 97% di tutti i campioni analizzati contiene livelli di residui che non superano i limiti di legge, con oltre il 54% dei campioni esenti da qualsiasi traccia rilevabile di fitofarmaci. La relazione è basata sulle analisi di oltre 79.000 campioni alimentari eseguite da 27 Stati membri dell’UE, oltre che da Islanda e Norvegia.

Il tasso di non conformità degli alimenti importati nell’UE, in Norvegia e in Islanda da Paesi extraeuropei era invece cinque volte superiore a quello degli alimenti provenienti da questi Paesi (il 7,5% contro l’1,4%).

Rapporto dell’EFSA sulla concentrazione dei pesticidi negli alimenti pubblicato nel 2014

Dai risultati del programma coordinato dall’UE è emerso che il 99,1% dei campioni analizzati conteneva livelli di residui nei limiti consentiti e che quasi il 60% dei campioni non conteneva alcuna traccia quantificabile di residuo. Gli alimenti con le percentuali più elevate di eccedenza degli LMR (Livelli Massimi di Residui) sono stati i broccoli (2,8%), il cavolfiore (2,1%), l’uva da tavola (1,8%), i peperoni (1,4%) e le melanzane (1%). Gli alimenti con le più basse percentuali di eccedenza degli LRM sono stati i piselli privi di baccello e l’olio d’oliva (0,1% per entrambi), il grano (0,7%) e le banane (0,7%). Non è stato rilevato superamento degli LMR nel succo d’arancia né nei prodotti di origine animale (burro e uova di gallina).

L’EFSA ha inoltre condotto una valutazione per stabilire se l’attuale esposizione alimentare ai residui di pesticidi rappresenti un rischio per la salute umana, sia a lungo termine (rischio cronico) che a breve termine (rischio acuto). L’Autorità ha concluso che è improbabile che la presenza di residui di pesticidi negli alimenti nel 2012 abbia avuto effetti di lungo termine sulla salute dei consumatori. Per quanto riguarda invece l’esposizione di breve termine ai residui di pesticidi, per circa lo 0,02% degli alimenti non è stato possibile escludere rischi nel caso di un loro consumo in grosse quantità.