5.1. L’adattamento del pioppo al cambiamento climatico

L’Università Politecnica di Madrid insieme con la Scuola Tecnica Superiore di Ingegneria e del Centro di Biotecnologia e Genomica delle Piante di Malaga, hanno scoperto come migliorare la tolleranza degli alberi alle temperature elevate ed ad altri stress ambientali. La possibilità di avere piante maggiormente resistenti agli stress ambientali comporta uno sfruttamento maggiormente sostenibile delle risorse forestali nonché una salvaguardia del patrimonio boschivo. L’equipe di ricercatori spagnoli ha pubblicato di recente sulla rivista scientifica Plant Physiology i risultati ottenuti.

La ricerca si è concentrata sul pioppo. Il pioppo rappresenta un albero modello, in quanto tutto il suo genoma è stato decodificato. Il pioppo trova largo impiego in piantagioni di tipo intensivo e il suo legno viene impiegato sia nel settore del recupero energetico, quindi come biomassa, sia nell’industria del legno.

 

 

Foglia di Populus tremula
Crediti foto a Leo Michels www.imagines-plantarum.de/

 Foglie di Populus alba  Crediti foto a plantae.altervista.org

La ricerca portata avanti dai ricercatori spagnoli ha portato alla creazione di un esemplare ibrido (Populus tremula× Populus alba) che presenta delle caratteristiche molto interessanti, soprattutto in relazione alle problematiche inerenti al cambiamento climatico. Infatti, i pioppi ibridi creati presentano una tolleranza decisamente più elevata alle alte temperature rispetto agli alberi di controllo, e, in contemporanea, dimostrano una maggior resistenza alla siccità, alla presenza di erbicidi, alle contaminazioni e ad altre forme di stress abiotico tipici del settore forestale.
Questa ricerca è partita dai risultati di una precedente ricerca spagnola, che ha studiato nel dettaglio i meccanismi che utilizzano le cellule vegetali per proteggersi da certi fattori di stress.
L’aumento della temperatura a seguito del cambiamento climatico risulta essere una delle maggiori cause di moria delle foreste. Il calore promuove lo svolgimento e aggregazione delle proteine e la pianta reagisce allo stress mediante la messa in funzione di proteine termoresistenti (HSP – Heat Shock Protein)). Queste proteine hanno la capacità di riconoscere le altre proteine in stati alterati e quindi intervengono prevenendo o invertendo le aggregazioni “anomale” e quindi promuovono meccanismi e soluzioni alternativi. Nei casi in cui le HSP non riescano a ripristinare la proteina alterata, agiscono in modo che quest’ultima venga avviata alla sua scomposizione.
Tra le proteine termoresistenti, la più comune nelle piante è la sHSP. È proprio da una sovresposizione alla sHSP che i ricercatori spagnoli sono riusciti ad aumentare la tolleranza termica del pioppo ibrido. Le tecniche impiegate per ottenere tale ibrido includono manipolazioni molecolari e biotecnologiche.

Coltivazione in vitro del nuovo ibrido del pioppo

La pioppicoltura sta vivendo un momento molto positivo in quanto presenta degli indubbi vantaggi nell’impiego per la produzione di biomassa con scopo di recupero energetico. Inoltre, la FAO stessa promuove le piantagioni intensive come una alternativa possibile per supplire alla domanda mondiale di legno e ad altri prodotti forestali. I vantaggi diretti di questa scoperta riguardano i settori sociali ed economici (creazione d’impiego, sviluppo rurale…), ma ne beneficiano indubbiamente anche il settore ambientale e la ricerca scientifica. La presenza di boschi è essenziale per affrontare al meglio il cambiamento climatico, infatti, l’aumento della temperatura sta portando alla perdita di aree boschive. A questo è inoltre correlata la conservazione della biodiversità e i corsi d’acqua.

La ricerca si è sviluppata all’interno dei progetti EIADES e LIFE+ (BioxiSoil).

 


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5. Il miglioramento varietale

I cambiamenti climatici, la necessità di aumentare le produzioni, l’importanza di un’agricoltura sostenibile e la limitazione nell’uso dei fitofarmaci sono alcune delle cause che stimolano la ricerca a selezionare nuove varietà di colture in grado di rispondere a tutti questi requisiti. Si parla quindi di miglioramento genetico; questo miglioramento può avvenire in maniera tradizionale o impiegando le biotecnologie. In ogni caso l’importante è ottimizzare la nuova varietà prima che i suoi parassiti si evolvano anch’essi per adattarsi a loro volta ai cambiamenti.

Le nuove apparecchiature hanno portato ad una notevole riduzione dei tempi di selezione anche per metodi tradizionale in quanto permettono di:

  • individuare all’interno delle colture i geni responsabili di eventuali resistenze, e quindi si possono impiegare per le sperimentazioni solo le piante maggiormente dotate;
  • prevedere la capacità di resistenza della nuova varietà fin dall’inizio, e quindi si evita l’attesa della crescita naturale della pianta.

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4.2. Il progetto europeo Biomaster

La produzione di biometano rappresenta una risorsa per molte realtà agricole, tuttavia solo una piccola parte viene di fatto sfruttata. Il progetto BIOMASTER, cofinanziato da “Intelligent Energy Europe” (IEE) è nato proprio per trovare le modalità ottimali per sfruttare queste potenzialità soprattutto nel campo dei trasporti. Il progetto ha incluso 17 partner distribuiti in tutta Europa tra cui Austria, Italia, Polonia, Svezia e Regno Unito.

Il metano e ancora di più il biometano destano molto interesse in quanto risultano in grado di:

  • ridurre i livelli di inquinamento urbano (il gas naturale produce i più bassi livelli di emissioni nocive);
  • minimizzare le emissioni che hanno maggiore impatto sulla qualità dell’aria;
  • produrre il 23% in meno di emissioni di CO2 rispetto al diesel

Inoltre, nota molto importante, il biometano è una fonte rinnovabile.
Il biometano è un gas prodotto dalla degradazione della sostanza organica in assenza di ossigeno. Grazie alla combinazione unica di alcuni vantaggi, quali basse emissioni di gas serra e di inquinanti e una ridotta rumorosità dei motori, i benefici del biometano superano di molto quelli degli altri biocombustibili. Il progetto ha dimostrato sia la fattibilità tecnica del biometano come carburante per i trasporti, sia la possibilità di produrre il biometano dai rifiuti e da altri sottoprodotti, rendendo le comunità locali più indipendenti da eventuali riduzioni nella fornitura di combustibili fossili o aumento dei prezzi.

I risultati principali, in termini di investimenti complessivi, produzione di energia rinnovabile e riduzione di CO2, sono riportati nel grafico. 

I risultati per ogni singolo partner variano in modo significativo.
Per l’Italia ha partecipato la Regione Trentino. I risultati ottenuti evidenziano una mancanza tra gli stakeholders locali di conoscenze approfondite sul potenziale del biometano per uso nei trasporti. Inoltre, l’incertezza sulla validità della digestione anaerobica per il trattamento di diverse biomasse, unita ad una forte preoccupazione legata alla scarsa accettazione sociale degli impianti, hanno reso difficile lo sviluppo completo del progetto. L’emanazione nel dicembre 2013 del decreto nazionale che incentiva il biometano ha ridestato l’interesse verso questa opzione e le possibili applicazioni anche in ambito locale.

Le stime per il  Trentino

  • 26 TJ di capacità produttiva di biometano nel 2014
  • 2 599 341 litri di carburante all’anno utilizzato nei veicoli
  • Riduzione di 4 229 t CO2/anno

 


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