2.3. Antibiotici e l’impatto sul suolo

L’impiego massiccio di antibiotici ha un effetto non trascurabile anche sulla composizione del suolo, in particolare sui microrganismi ivi presenti. Infatti, l’applicazione continua di letame contaminato con antibiotici a lungo termine cambiano la composizione batterica del suolo. Lo studio portato avanti dal Centro Helmholtz di Monaco (Germania) e pubblicato sulla rivista PLOS ONE si è concentrata sulla sulfadiazina, un antibiotico comunemente impiegato negli allevamenti e che è capace di entrare nel suolo grazie al letame. La presenza di questo antibiotico nel suolo comporta una diminuzione dei batteri importanti per una buona qualità del suolo e un aumento di batteri patogeni. Questo significa una perdita di fertilità e, a lungo termine, ad una diminuzione delle rese oltre che aumentare il numero di batteri pericolosi per il genere umano.

Grafico: Variazione della composizione batterica del suolo rispetto al suolo non trattato (U), trattato con letame privo di sulfadiazina (S0), trattato con letame contenente 10mg/kg di sulfadiazina (S10) e trattato con letame contenente 100mg/kg di sulfadiazina (S100).
Crediti immagine: PlosOne

I batteri che destano maggiore preoccupazioni sono quelli che si possono disperdere nell’ambiente per via area e quindi provocare malattie respiratorie  e polmonari. Inoltre, proprio grazie alla modalità di accrescimento, questi batteri si dimostrano resistenti agli antibiotici rendendo quindi ancora più difficile la cura.

2.2. Riduzioni nell’uso di antibiotici nella suinicoltura

Si è da poco conclusa una Collaborazione Internazionale sull’Innovazione (EIP – European Innovativation Partnership) sul tema dell’uso di antibiotici negli allevamenti di suini con lo scopo di ridurne l’uso.

 

I temi presi in considerazione dal gruppo di lavoro sono i seguenti:

  • sviluppo e integrazione di strategie per ridurre l’uso di antibiotici per proteggere la salute e il benessere dei suini;
  • lista delle buone pratiche;
  • ricerca di trattamenti alternativi che possono coinvolgere la gestione della stalla, l’alimentazione e l’impiego di erbe;
  • analisi delle implicazione economiche (costi/benefici, competitività e rischio);
  • studio degli aspetti veterinari;
  • esame dell’impatto della genetica;
  • esplorazione sulla fattibilità di importare pratiche già in uso in altri tipi di allevamenti.

I temi sono stati raggruppati in tre distinti assi di ricerca, che sono:

  • Le alternative agli antibiotici: misure per migliorare il sistema immunitario e la costituzione tramite l’impiego anche di vaccinazioni, additivi e complementi alimentari, immuno -modulatori, nuovi vaccini e modalità di applicazione.
  • La gestione degli allevamenti: struttura e tipologia delle stalle, bio-sicurezza, eutanasia, sistemi per il rilevamento diagnostico precoce, formazione del personale, veterinari e consulenti.
  • Il cambiamento del comportamento dell’allevatore e del veterinario che prenda in considerazione anche l’impatto economico con costi e benefici a livello di singolo allevamento.

I risultati pubblicati evidenziano come sia possibile già da subito ridurre l’impiego di antibiotici seguendo le migliori pratiche già delineate anche se rimane spazio per la ricerca. Il motto rimane: usare meno antibiotici possibile e tutte le volte che sono necessari. I dettagli sono disponibili nel rapporto scaricabile in EIP-AGRI.

2.1.3. Studi zootecnici e farmacologici

Gli studi zootecnici hanno preso in esame l’impatto degli antibiotici sull’animale, ovvero l’efficacia del trattamento e l’impatto sul metabolismo dell’animale.

Crediti immagine: INRA

 

I trattamenti analizzati vanno da quelli preventivi a quelli applicati alla comparsa dei sintomi e a loro volta si dividono in precoci o tardivi. Inoltre sono stati esaminati i trattamenti personalizzati, (applicati solo al capo infetto), ristretti (applicati a tutti i capi in diretto contatto con quello infetto) o di massa (applicato indistintamente a tutti i capi dell’allevamento).
Le ricerche finora condotte hanno evidenziato come in genere il trattamento precoce e personalizzato sia la miglior risposta in termini sia di efficacia della cura sia di inibizione per lo sviluppo di batteri antibiotico-resistenti. Un uso tardivo richiede dosi maggiori di antibiotici con un conseguente aumento delle possibilità di sviluppare batteri antibiotico-resistenti e una diminuzione delle possibilità di salvare capo. Un impiego massiccio e preventivo incrementa notevolmente la possibilità di sviluppare batteri antibiotico-resistenti. La somministrazione preventiva di antibiotici a tutti i capi in contatto con quello malato ha i suoi pro e contro e molto dipende dall’estensione dell’infezione.
Le sperimentazioni effettuate con casi di polmonite hanno comunque dimostrato che il trattamento precoce e personalizzato conferisce i risultati nettamente migliori.
Gli studiosi hanno anche analizzato l’impatto degli antibiotici sulla flora intestinale dell’animale. Trattamenti massicci portano alla creazione dei geni della resistenza che possono essere ospitati anche da batteri non patogeni. Questi batteri possono tranquillamente trasmettere tali geni all’ambiente (suolo, acqua …), agli alimenti (verdure, carne …) e quindi in via indiretta all’uomo.

Studi farmacologici

Gli studi farmacologici si concentrano nella creazione di farmaci inoffensivi a livello di flora intestinale. Purtroppo non ci sono ancora dei risultati degni di nota.