4.7.5. Il controllo ambientale nelle serre

Il controllo climatico all’interno della serra è un fattore determinante sia per le rese, sia per i costi ma soprattutto per il controllo dei parassiti. Una nuova tecnologia è quella esportata dalla AGAM-greenhouses: il VHLC (Ventilated Latent Heat Converter), ovvero un macchinario in grado di riscaldare la serra consumando meno energia e al tempo stesso diminuendo l’umidità relativa.

Il VHLC funziona prendendo l’acqua dall’umidità dell’aria all’interno della serra insieme con aria fresca. Innanzitutto, converte il vapore acqueo in acqua liquida e calore soffiando l’aria in una soluzione salina, quindi il flusso passa attraverso una matrice riempita di elementi de-essicanti all’interno di una torre di raffreddamento compatta. A questo punto, il vapore scalda naturalmente il de-essiccatore e il calore prodotto viene rilasciato dall’unità fornendo così aria calda e secca alla serra.

Di fatto, l’unità VHLC converte in modo efficace il calore latente immagazzinato nel vapore acqueo in calore utilizzabile, abbattendo così i costi energetici per il mantenimento delle serre alla giusta temperatura.
L’unità VHLC diminuisce anche l’umidità relativa, con conseguenze benefiche anche sulla propagazione di funghi. La minor facilità a proliferare dei funghi, comporta una minor necessità di ricorrere a pesticidi. La diminuzione nell’umidità relative dell’aria è tanto più marcata quanto maggiore è la tenuta della serra. In generale si riscontra un’umidità relativa media del 78% contro un’umidità relativa dell’82% nelle serre riscaldate con tubi ad acqua calda. In condizioni estreme, l’unità VHLC ha totalizzato un’umidità del 83% mentre quella tradizionale è arrivata a 88%.
Inoltre, l’abbattimento nei filtri di CO2 consente di minimizzare l’apporto esterno di aria fredda con un conseguente ulteriore risparmio energetico.
In totale si stima un risparmio del 40-60% di spese energetiche.
VHLC funziona utilizzando una potenza elettrica pari a 2 kW. In ingresso impiega una potenza totale di 25kW mentre la potenza totale in uscita è di 95kW.
Il tempo di ammortamento o di ritorno dell’investimento dipende da diversi fattori, tra cui il clima, il costo dell’energia e il tipo di coltura. In generale, l’investimento rientra in un tempo minino di un anno e mezzo fino ad un massimo di quattro anni.

Specifiche tecniche del VLHC 1020
Crediti immagine: AGAM

Sperimentazioni sono state effettuate in diversi paesi, tra cui Israele, luogo di origine della tecnologia VHLC, in paesi del nord Europa (Israele, Scandinavia, Benelux, Germania, Finlandia), e in Stati Uniti, Cina e Giappone.
Una sperimentazione svedese ha dimostrato come l’impiego di questo dispositivo riduca significativamente la diffusione della botrite (Botrytis) e, in generale, di muffe, batteri e funghi che proliferano in presenza di umidità. La diminuzione nella diffusione di malattie, comporta un minor ricorso ai fitofarmaci, rendendo così l’unità VHLC un mezzo consigliato anche per l’agricoltura biologica.

4.7.4. Lotta alla batteriosi del kiwi

La coltivazione di kiwi (actinidia) dal 2008 è stata colpita da una nuova fitopatia provocata dal batterio Pseudomonas syringae pv. Actinidiae (PSA), e sta subendo ingenti danni.

La massima virulenza appare sulle varietà di frutto a polpa gialla, appartenenti tutte alla specie Actinidia chinensis; a questa specie appartengono anche genotipi con frutto a polpa verde ma non sono attualmente commercializzati. Il frutto più noto, quello a polpa verde, appartiene alla varietà Hayward, che è la più estesamente coltivata al mondo e appartiene alla specie A. deliciosa. Anche Hayward e altre varietà della stessa specie appaiono suscettibili alla batteriosi ma in forma meno grave.

Foglia di kiwi infetta
Crediti immagine: Comune di Lagnasco

Il C.R.A. (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura) ha coordinato due ricerche finanziate dal MiPAAF con lo scopo di:

  • aumentare le conoscenze di base sul batterio e sull’interazione batterio –pianta;
  • definire tecniche agronomiche utili per contrastare la diffusione e ridurre la pericolosità del patogeno;
  • migliorare le tecniche diagnostiche;
  • impostare uno specifico piano di miglioramento genetico per l’individuazione di germoplasma di actinidia tollerante o resistente alla malattia.

 Pianta di kiwi malata. Sono evidenti gli avvizzimenti dei germogli e la propagazione verso il basso
Crediti immagine: Regione Piemonte

I progetti in questione sono due:

  • INTERACT: "Interventi di coordinamento ed implementazione delle azioni di ricerca, lotta e difesa al cancro batterico dell’Actinidia (Psa)";
  • ARDICA: "Azioni di ricerca e difesa al cancro batterico dell’Actinidia (Psa)".

Sito web patrocinato dal MiPAAF che contiene risultati aggiornati della ricerca in tutto in mondo e riporta i risultati dei progetto INTERACT e ARDICA

Entrambi i progetti si sono conclusi la scorsa estate e hanno portato i seguenti risultati:

  • Il sequenziamento e l’annotazione del genoma e delle proteine dei ceppi del patogeno, la sua capacità di competizione ambientale e la sua resistenza nei confronti dei mezzi di contrasto comunemente impiegati. L’avvenuto sequenziamento dei ceppi batterici del PSA, apre ora nuove e favorevoli prospettive per il contrasto e la prevenzione della malattia.
  • L’origine dell’attuale popolazione del patogeno. Questo patogeno, che risulta essere molto aggressivo e diffuso, non ha origine dalla precedente popolazione, risalente in Italia a circa 20 anni fa, ma è stato invece introdotto con buona probabilità nel nostro Paese mediante materiale infetto a lungo periodo di latenza.
  • I fattori scatenanti. I notevoli danni prodotti, anche a livello economico, sulle coltivazioni sono stati favoriti dalla concomitanza di fattori scatenanti, quali forti gelate e notevole contiguità degli impianti di actinidia lungo ampie superfici. Dagli studi è emerso che i principali fattori predisponenti la malattia sono gelate e forte piovosità, e i periodi più a rischio sono autunno-inverno e inizio primavera. Queste conoscenze hanno portato all’individuazione del momento più opportuno per i trattamenti di difesa della piante riducono al massimo la possibilità di diffusione nei e tra i frutteti.
  • Correlazione batteriosi e chimica del suolo. È stata accertata una chiara correlazione tra composizione chimica del suolo e la predisposizione alla batteriosi; tale relazione risulta differente per il kiwi giallo e il kiwi verde. Sono state quindi proposte forme di allevamento della pianta che, aumentando la circolazione dell’aria all’interno della chioma e riducendo il volume di legno colonizzabile dal batterio, riducono significativamente l’incidenza della malattia.
  • Forme di lotta. Sono stati individuati alcuni nuovi composti chimici e di origine biologica in grado di ridurre efficacemente la severità e l’incidenza della malattia in pieno campo.

Per maggiori dettagli e aggiornamenti si consiglia di visitare il sito del progetto.

4.7.3. Il controllo della Carpocapsa

La Carpocapsa del melo (Cydia pomonella) appartiene alla famiglia dei lepidottero torticide ed è tra i lepidotteri più dannosi per meli e peri. La Carpocarsa sverna come larva matura racchiusa in un bozzolo all’interno della pianta ospite oppure nel terreno, e può compiere fino a 3 generazioni annuali.

Le larve danneggiano i frutti, scavando al loro interno gallerie in cui rimangono fino a terminare il proprio sviluppo. Il danno si esplicita nella caduta prematura dei frutti.

Larva di Carpocapsa
Crediti immagine: Agraria

 Adulto di Carpocaspa
Crediti immagine: Agraria

L’azienda Santa Bianca ha messo a punto il metodo “Ecodian” che agisce attraverso la tecnica del "disorientamento sessuale" degli insetti. Le trappole a ferormoni impiegate sono completamente biodegradabili in quanto in Mater-Bi. Le tracce odorose emesse sono più intense di quelle rilasciate normalmente dalle femmine presenti, quindi attraggono maggiormente i maschi della Carpocapsa che possono essere quindi catturati.

Il numero di diffusori da impiegare è elevato, infatti si necessitano da 2.800 a 3.300 diffusori per ettaro. È importante in questo caso creare una rete molto fitta di punti di attrazione. Per un risultato ottimale servono in media 3 applicazioni di diffusori l’anno, contro le circa 10 degli altri sistemi di lotta.

Fase di applicazione di ECODIAN
Crediti immagine: Sumitomo

Il beneficio più evidente è che si riduce drasticamente (fino al 90%) il quantitativo di insetticida utilizzato, il che permette, tra l’altro, di salvare gli insetti utili. Il sistema, inoltre, non lascia alcun residuo sulla frutta e i diffusori utilizzati non vanno raccolti a fine campagna: la loro composizione a base di amido di mais, infatti, li rende completamente biodegradabili.
Meno insetticida significa un prodotto più naturale, ma anche un minor numero di ore di lavoro, con un considerevole risparmio di tempo, di energie e di risorse economiche per l’azienda.

Effetto della Carpocaspa sul melo
Crediti immagine: ERSA Friuli Venezia Giulia