4.6.3. Diagnostica rapida e precoce

Un gruppo internazionale di ricerca formato da ricercatori greci del “Benaki Phytopathological Institute” di Atene e spagnoli del “Instituto Valenciano de Investigaciones Agrarias (IVIA)” di Valencia ha messo a punto un metodo diagnostico rapido, sensibile e affidabile per l’identificazione simultanea dei più importanti viroidi e citoplasmi delle Pomacee, in particolare del melo e del pero.

L’articolo riportante i risultati della ricerca è stato pubblicato ad inizio dicembre su PublMed, rivista on line del “US National Library of Medicine – National Institutes of Health”.

Le Pomaceae sono suscettibili a diverse malattie causate da virus, viroidi e fitoplasmi, trasmesse da piante infette. Una via di diffusione comune è quella dell’impiego di piante infette negli innesti. Fra i patogeni trasmessi in questo modo ci sono:

cancro bolloso del pero (PBCVd – Pear blister canker viroid ), viroide;

Pero affetto da PCVDb)

 

ulcerazione della mela (ASSVd – Apple scar skin viroid), viroide;

Mela affetta da ASSVd
Crediti immagine: Oregon State University

Candidatus Phytoplasma mali (Ca. P. mali) ovvero l’agente degli scopazzi del melo;

Le foglie malate (a sx) sono più piccole  di quelle sane (a dx)
Crediti immagine: EPPO

Candidatus Phytoplasma pyri (Ca. P. pyri) ovvero l’agente della moria del pero.

Pero affetto da Candidatus Phytoplasma
Crediti immagine: L.Giunchedi – Università di Bologna

Nonostante i fitoplasmi sopra citati siano regolamentati in Europa come patogeni da quarantena, non sempre è possibile effettuare analisi complete, veloci ed affidabili.
I ricercatori hanno messo a punto una procedura di analisi basata sulla tecnica RT-qPCR per la rilevazione simultanea di viroidi e fitoplasmi di melo e pero.
La RT-qPCR è una PCR quantitativa in tempo reale (RT-qPCR, real time quantitative reverse transcription polymerase chain reaction).
La PCR è una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione (amplificazione) di frammenti di acidi nucleici dei quali si conoscano le sequenze nucleotidiche iniziali e terminali. Questa tecnica consente di ottenere in vitro molto rapidamente la quantità di materiale genetico necessaria per le successive applicazioni e/o analisi.
Nel caso di RT-qPCR, la PCR viene accoppiata con un metodo di analisi del DNA: si ha quindi un’amplificazione del DNA e, dopo ogni turno di amplificazione, una sua quantificazione. La tecnica Retro Trascrizionale (RT-PCR) permette di misurare l’espressione relativa di un gene ad un tempo particolare, o in una cellula o in un tipo particolare di tessuto.

Schema di funzionamento della tecnica RT-qPCR
Credi immagine: Thermo Scientific

 Per la quantificazione del DNA si usano diverse tecniche basate sull’uso di colorazioni fluorescenti. In particolare, nella procedura messa a punto dai ricercatori greci e spagnoli, per l’identifcazione del DNA si è usata la sonda “TaqMan”. Questa sonda è in grado di contenere due fluorocromi e quindi da il vantaggio di rilevare contemporaneamente più di una sequenza in una sola reazione.

In questo caso specifico la tecnica RT-qPCR con sonda TaqMan permette l’identificazione degli RNA dei viroidi e del DNA dei fitoplasmi nel corso della stessa reazione.

Dai dati ottenuti nel corso delle varie sperimentazioni, il gruppo di ricerca internazionale afferma che la tecnica RT-qPCR messa a punto nel corso di questo studio per la rilevazione simultanea di viroidi e fitoplasmi di melo e pero costituisce uno strumento diagnostico in grado di facilitare i controlli su larga scala sia per la gestione della malattia sia per la propagazione di materiale vivaistico sano certificato.

 

4.6.2. La modificazione genetica dei patogeni

La modificazione genetica del parassita in modo da limitarne la riproduzione è uno dei modi per raggiungere l’obbiettivo di diminuzione nell’uso di pesticidi. Un esempio è dato dallo studio inglese dell’Università di East Anglia (Norwick – UK). I ricercatori hanno infatti messo a punto un nuovo metodo per limitare le colonie di mosca della frutta tramite una modificazione genetica della stessa.

La mosca della frutta rappresenta un grave problema per l’agricoltura in quanto è capace di causare danni ingenti a molteplici colture visto che ne può attaccare oltre 300 tipi diversi.
Il metodo in questione si presenta efficace, economico e rispettoso dell’ambiente.

Mosca della frutta
Crediti immagine: University of West Anglia

Attualmente si può procedere al rilascio di insetti sterilizzati (metodo SIT – Sterile Insect Tecnique), tuttavia questo metodo non si dimostra molto efficace in quanto i maschi sterilizzati sono sottoposti a delle radiazioni che li rendono più deboli e meno competitivi rispetto ai maschi non trattati.

I ricercatori inglesi sono riusciti a modificare la genetica della mosca in modo tale che questa sia in grado di generare solo figli maschi. Le mosche maschio non sono quindi sterili o sterilizzate, ma soltanto geneticamente modificate in modo che possano generare soltanto figli maschi. In questo modo si assiste ad una rapida diminuzione della popolazione femminile con conseguente decrescita della popolazione totale.
Essendo stati geneticamente modificati, i maschi non devono sottostare ad ulteriori trattamenti, ivi compreso quello di sterilizzazione, e quindi sono più sani e robusti di quelli tradizionalmente impiegati nella tecnica SIT e riescono a competere con quelli presenti naturalmente.

Tre esemplari di mosca della frutta: una femmina (wt) e due maschi modificati geneticamente con metodologie differenti. A sinistra le larve sono esposte ad una luce fluorescente, mentre a destra ad una luca normale. Il maschio di destra risulta la selezione migliore in quanto facilmente riconoscibile dalla femmina.
Credito immagine: The Royal Society

La modificazione genetica avviene inserendo un gene specificatamente femminile all’interno dell’insetto. Questo gene interrompe lo sviluppo prima che la femmina raggiunga lo stadio riproduttivo. La creazione di mosche geneticamente modificate di solo sesso maschile avviene in un ambiente controllato in cui è presente una dieta mancante del repressore chimico necessario alle femmine per sopravvivere. I maschi sopravvissuti vengono così rilasciati nell’ambiente. Al momento dell’accoppiamento, il maschio modificato geneticamente passa naturalmente il gene per l’autolimitazione delle femmine alla propria progenie, impedendo quindi la crescita di esemplari femminili.

 

4.6.1 L’autodifesa delle piante

La conoscenza di come le piante cerchino di difendersi dall’attacco dei patogeni può portare alla selezione di varietà naturalmente resistenti. Questo tipo di colture permetterebbe quindi sia di aumentare le rese sia di evitare trattamenti che comunque hanno effetti negativi dal punto di vista ambientale, economico e sanitario. Lo studio portato avanti da ricercatori dell’Università di Hertfordshire (Inghilterra) e di Wageningen (Olanda) punta all’analisi proprio del meccanismo di difesa.

Le scoperte effettuate hanno messo in evidenza la presenza di ricettori posizionati all’interno e all’esterno delle cellule delle piante in grado di captare la presenza di un patogeno e quindi attivare il sistema di difesa.

La presenza di un patogeno viene rilevata dai recettori. Esistono due classi di recettori, entrambi di tipo proteico, in grado di rilevare le diverse molecole patogene.
Qualora sia rilevata la presenza di un patogeno, la pianta attiva diverse forme di difesa a seconda di dove si trovi il l’intruso. Si hanno quindi diverse linee di difesa:

Difesa primaria (Pattern-triggered immunity – PTI): scatta non appena il patogeno tocca la superficie della pianta e si attiva al fine di impedire l’entrata del patogeno nella pianta;

  • Difesa secondaria interna (Effector-triggered immunity – ETI): scatta quando il patogeno è entrato all’interno di una cellula della pianta. Il rilevamento è di tipo genetico dato dall’interazione dei geni della pianta con quelli del patogeno. La difesa immunitaria della pianta in questi casi in genere porta alla morte sia della cellula malata sia del patogeno in essa contenuta.
  • Difesa secondaria esterna (Effector-triggered defence – ETD): scatta quando i patogeni superano la prima linea di difesa, entrano nel sistema della pianta senza però entrare all’interno delle cellule ma posizionandosi negli spazi intracellulari. Agiscono in questo modo diversi patogeni, tra cui molti funghi, e in questo spazio non solo trovano nutrimento ma sono anche in grado di riprodursi sessualmente. Per contrastare il patogeno la pianta attiva delle proteine-recettori del tipo RLP.

 

 Le tre linee di difesa della pianta: primaria (fig. A-C), secondaria interna (fig. D-F) e secondaria esterna (fig. G-H)
Crediti immagine: Trends in Plant Science