Fonti


Bibliografia

Giannuli Aldo: Uscire dalla crisi è possibile, Ed. Ponte alle Grazie, Milano, aprile 2012
Marx Karl: Teorie sul plusvalore, Editori Riuniti, Roma 1971
PAPA Francesco: Laudato si’, 2° enciclica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, Roma 2015
Shiva Vandana: Le guerre dell’acqua, Ed. Feltrinelli, Milano 2004.

 

Studi e ricerche

Brevetto Foreste (Yunga) 2013
Crown Corporation Public Healt Ontario, Canada 2016
Fisher Brian: Accademia delle Scienze, California (USA)
Global Carbon Project, Giappone 2015
Global Justice Now, 28.11.2016
Intergovernmental Panel on Climate Change, Report 2014 – 2016
International Land Coalition, 18.11.2012
Key World Energy Statistics, 2013
Ministero degli Affari Esteri, 02.12.2014
Nature Communication 2015
Potsdam Institute for Climate Impact 2014
Programme for Endorsement of Forest certification schemes (PEFC)
Stoemer Eugene: Università del Michigan, Iowa (USA) Wangari Muta Maathai, 1940 – 2011World Meteorological Organization 2014
World Wide Fund (WWF), aprile 2015.

 

Riviste

AdnKronos, Roma, 27.08.2015
Alcorn T, 2013, The Lancet 381
Corriere della Sera, 25.07.2015
Le Scienze, 26.06.10
Libre 22.03.2014
National Geographic, marzo – ottobre 2011
Nature Climate Change, 2013
Review of Environmental Economics and Policy, 24 maggio 2011
Structural Change and economic Dynamics, dicembre 2009

Sito web

www.buongiornoAfrica.it, 2013

 

L’era antropocenica

 


Il termine “antropocene” è stato coniato negli anni ’80 del secolo scorso dal biologo dell’Università del Michigan Eugene Stoermer, dello Stato dello Iowa (U.S.A.) e indica che l’era in cui viviamo, con specifico riferimento alle condizioni del Pianeta Terra, è caratterizzata dalle continue e distruttive manipolazioni dell’uomo. Ponendo il focus sullaseguente equazione letteraria:

< cibo : vita = ecologia : economia >

notiamo l’imperativo secondo cui, come non c’è vita senza cibo, non ci può essere economia senza ecologia, una ecologia intesa come rispetto per l’ambiente e tutela della biodiversità e facente parte integrante di una economia sostenibile. Il nostro pianeta ha una funzione ben precisa, quella di creare un habitat per forme di vita complesse; mediante la pulsazione delle foreste si sviluppa un equilibrio stabile tra i loro esseri viventi. Mentre nelle foreste le varie forme di vita collaborano per mantenere in salute il Pianeta Terra, l’uomo si adopera per modificare questo meccanismo non curandosi delle conseguenze. Secondo la più grande organizzazione al mondo di certificazione forestale [1] , le foreste, per offrire un contributo all’economia mondiale, devono essere gestite in modo legale osservando i seguenti parametri:

  • a) produzione sostenibile del legname;
  • b) regolazione delle risorse idriche;
  • c) calcolo di assorbimento di carbonio;
  • d) definizione dei limiti di proprietà, di privati o di comunità, sulle aree forestali.

Il ricercatore Brian Ficher, dell’Accademia delle Scienze in California, sta studiando il cambiamento dell’ecosistema, come stiamo modificando il suono delle foreste, i colori, le varie forme di vita, anche quelle del sottobosco.
Sostanzialmente le foreste sono vitali per l’intero pianeta perché esse assorbono il 25% dell’anidride carbonica attraverso le foglie regolando peraltro il clima.
Essendo l’uomo dedito all’emissione continua di gas serra (metano CH4, CO2, ossido di azoto N2O, vapore acqueo), assistiamo ad un fenomeno straordinario: le grandi piante più assorbono CO2 e più crescono rapidamente dato che fissano all’interno del proprio legno, grandi quantità di carbonio rispetto a quelle piccole.  Siamo a conoscenza che nel 2014 è stato emesso nell’atmosfera il più alto quantitativo di anidride carbonica (o biossido di carbonio) degli ultimi 800mila anni, circa 40 mld di tonnellate, nel 2012 furono 34,5 mld [2].
Le attività umane che dominano gli ecosistemi, industrializzazione, deforestazione, combustione di vari elementi, cementificazione, non solo incrementano i gas serra nell’ atmosfera, ma riducono soprattutto la capacità del pianeta di affrontare tale problema, si distrugge più di quanto il pianeta riesce a produrre, proporzionalmente siamo 
nell’ordine di 6 a 4.
Il forcing radioattivo dei gas serra che produce il riscaldamento climatico, è cresciuto del 32% nel periodo 1990 – 2012 [3]. La temperatura globale è aumentata di 0,8°C dalla Rivoluzione Industriale, i ghiacciai e le calotte polari si restringono, aumenta il livello del mare di 3 mm l’anno e molte città e isole sono destinate a scomparire. Secondo gli accordi internazionali, non si devono superare i 2°C rispetto all’era preindustriale. C’è da aggiungere che l’incremento della CO2 acidifica l’acqua del mare distruggendo la barriera corallina e la complessa catena alimentare che supporta.
In Siberia il permafrost (suolo ghiacciato riveniente dall’ultima glaciazione avvenuta tra 18 mila e 11 mila anni fa) [4].   che occupa 1/5 dell’area terrestre inizia a sciogliersi, rilasciando altro gas serra in atmosfera.
Per milioni di anni la vita sul Pianeta terra è stata parte integrante di un unico grande sistema, tutto funziona in modo coordinato per sostenere nell’insieme le varie forme di vita. Il nostro pianeta, per una legge fisica e naturale non è destinato a cambiare, anche se provochiamo disastri, e nel lungo termine Esso si rigenera e con Esso anche le creature esistenti, magari trasformate grazie alla “magia dell’evoluzione”. Noi invece ci siamo evoluti in breve tempo e in breve tempo ci stiamo distruggendo: la Natura agisce su una scala temporale diversa dalla nostra.
Gli scienziati e i pochi governi responsabili ci avvisano, a giusta ragione, che il Pianeta Terra  ha bisogno di essere salvato: ma forse non sarà in pericolo la Terra, bensì noi.
Non possiamo arrogarci il diritto di padronanza della Terra, abbiamo solo l’obbligo di custodirla e di accudirla a garanzia del nostro stesso futuro.

 

 


[1] Programme for Endorsement of Forest certification schemes (P E F C)
[2] Dal rapporto 2015 del “Global Carbon Projet”, comitato scientifico internazionale con sede in Giappone
[3] Dati del  World  Meteorological  Organization  2014
[4] Rivista Le Scienze del 26.06.2010 (Ed. Italiana di Scientifica American). 

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L’aumento delle temperature

  


Già dal 1997, con il Protocollo di Kyoto (COP3), si organizzarono summit tra 150 – 160 rappresentanti di vari Stati del mondo per discutere del riscaldamento globale della Terra. L’iniziativa è buona, è eccellente, ma c’è vera intenzione di salvare la Terra prima che si arrivi effettivamente ad un punto di non ritorno?
Con le successive conferenze, 195 Paesi hanno concordato di ridurre i gas serra, i maggiori responsabili del riscaldamento globale, per evitare l’aumento della temperatura di oltre 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali. L'accordo entra in vigore nel 2020 e per rispettarlo i Paesi in via di sviluppo (PVS) riceveranno un finanziamento dai Paesi sviluppati di 100mld $ l’anno (finanza per il clima) [1], come da negoziato svolto a Copenaghen nel 2009, nel rispetto di un adeguamento delle loro città ad uno sviluppo sostenibile.
Resta una grossa incognita: quali saranno gli Enti a cui affidare la valutazione scientifica e trasparente circa la verifica dei tagli delle emissioni dei gas incriminati. E qui sorge il problema, cioè gli Stati ricchi donatori che istituiscono il fondo vogliono controllare le spese degli Stati riceventi gli aiuti, ma questi ultimi sono restii alle ingerenze straniere, è un assioma delle loro politiche, la Cina in primis.

Dal 2007 al 2013 c’è stata una riduzione di emissione dei gas serra di circa il 20%, ma dovuta alla riduzione della produzione industriale per effetto della crisi mondiale, non certamente per iniziativa degli Stati di ridurre l’inquinamento e migliorare la qualità della nostra vita. L’ultima stima 2016 implementata dalla Agenzia Europea per l’Ambiente ci deve far riflettere: l’Italia è al primo posto per le morti premature dovute all’inquinamento. Tutti gli Stati devono essere unanimi sugli accordi che si prendono per la diminuzione dei gas serra, altrimenti saranno accordi “scritti sulla sabbia”.
E ancora, il Ministero per l’Ambiente ha autorizzato le prospezioni petrolifere con la tecnica “air gun” in tutto il mare Adriatico, tramite dei cannoni che sparano aria compressa la quale manda onde riflesse atte a conoscere la composizione del sottosuolo. Questa tecnica, oltre a essere dannosa per l’alimentazione e per la riproduzione della fauna marina, vìola gli obblighi inseriti nella Convenzione Espoo 1991 (Finlandia) sulla Valutazione di Impatto Ambientale (V I A) sui Paesi limitrofi.
Ciò detto, aggiungiamo che le grandi imprese sovranazionali del settore estrattivo forse impongono diktatper proseguire con il consumo dei fossili, se pensiamo al fatto che:

  1. l’81,6% dell’energia consumata nel mondo viene prodotta da gas, petrolio e carbone [2]
  2. solo il 13,3% consumata nel mondo viene prodotta da fonti rinnovabili, il 5% da  fonte nucleare.

Il Pianeta terra potrà aumentare il grado di resilienza?
Ma al di là di questo, per 1°C di aumento di temperatura il livello dei mari aumenta di circa 2 metri [3], facendo scomparire persino grandi città e favolosi atolli, le bellezze del mondo. Inoltre, un aumento della temperatura dà origine anche ad un aumento di energia presente nell’atmosfera e quindi a eventi meteorologici estremi. Ogni anno si immettono nell’atmosfera 25 mld di tonnellate di CO2 ma il nostro pianeta riesce ad assorbirne circa la metà, tramite la fotosintesi clorofilliana  [4].

È necessario, dopo le conferenze sul clima, impegnarsi per eliminare le barriere che ostacolano lo sviluppo delle fonti rinnovabili, abrogare i sussidi alle trivellazioni di gas e petrolio e promuovere uno sviluppo sostenibile, perché “crescere per crescere” per produrre merce scadente è diventato insostenibile per il Pianeta Terra e soprattutto per l’umanità. Ma il Pianeta Terra ha capacità di rigenerarsi, l’umanità no.
Il Pianeta Terra ha bisogno di una decarbonizzazione: l’utilizzo dei combustibili fossili dovrebbe lasciare il posto ai processi che utilizzano energia rinnovabile.

 

 


[1] Rapporto del Ministero degli Affari Esteri (Farnesina) sui cambiamenti climatici, 02.12. 2014. Il Green Climate Fund è lo strumento deputato a gestire i fondi dei Paesi avanzati
[2] Key World Energy  Statistics 2013
[3] Postdam Institute for Climate Impact 2014
[4] Da uno studio della Princeton della Princeton University (New Jersey) pubblicato su “Nature Climate Change” 2013. 

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