Opportunità della biofissazione della CO2 tramite colture algali

 


Fissare la CO2 attraverso il processo di fotosintesi è strategia comprensibile e naturale, assai meno concretizzarla con quanto di più efficace ed efficiente si possa trovare in Natura. L'uso delle alghe per catturare la CO2, ovvero come metodo per la mitigazione dei GHG, è una strategia naturale e innovativa.
In effetti, le microalghe, i cianobatteri e le alghe eucariotiche, che misurano appena qualche micron, denotano un'elevata efficienza fotosintetica e di produttività della biomassa [16], certo maggiore delle altre convenzionali colture vegetali. A causa della loro semplice struttura cellulare e del rapido tasso di crescita, le microalghe denotano un'efficienza di biofissazione della CO2 di 10-50 volte superiore rispetto alle piante terrestri. Peraltro, le colture microalgali possono attivare un meccanismo di concentrazione della CO2  in grado di fotosintetizzare in modo molto efficiente, acquisendo carbonio inorganico anche da concentrazioni di CO2 atmosferiche molto basse [17]. L'efficienza della cattura della CO2 da parte delle alghe può variare a seconda dello stato, della fisiologia delle alghe, della temperatura, ecc.., . variando dall'80% al 99% con tempi di residenza del gas di appena due secondi, con un tasso di produttività della biomassa di 20 grammi di peso secco per mq/giorno. 

Dal punto di vista del fabbisogno spaziale, la coltivazione di colonie di microalghe – composte fino a un miliardo di cellule per cm3 – supera, in efficienza fotosintetica, altre essenze vegetali anche in termini di tipologia ed entità di superficie occupata: possiedono una buona capacità di prosperare in ambienti estremi, non richiedono terreno coltivabile, essendo in grado di sopravvivere bene in luoghi in cui altre piante coltivate non possono essere piantumate, come acqua salina-alcalina, terra e acque reflue; ancora, utilizzano intensamente CO2, crescono in poche ore [18] e, ovviamente, rilasciano ossigeno, generando ulteriori prospettive applicative.

Questi microrganismi, inoltre, hanno esigenze nutrizionali semplici e versatili. In effetti, le microalghe possono essere alimentate con i famigerati gas di scarico come CO2 e NOx, SOx da gas di combustione, carbonio inorganico e organico, N, P e altri inquinanti da fonti di acque reflue agricole, industriali, fornendo opportunità di trasformarli in bioenergia, prodotti valorizzabili in logica di circolarità, impiegabili nella filiera produttiva di prodotti biofarmaceutici (anti-infiammatori), alimenti, mangimi, fertilizzanti, coloranti naturali, biocarburanti.


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Verso la biofissazione della CO2: le soluzioni possibili


A fronte delle problematicità di CCS industriale fisico-chimica è importante, ora, constatare i progressivi successi della ricerca applicata a CCS biologica. Certo più mirata, specifica, zonale, essa, purtuttavia, è assai utile nelle strategie articolate e poliedriche di “Cattura della CO2“ tramite processi di fotosintesi. In effetti, anche se solo una piccola frazione dell’energia solare viene naturalmente catturata dalla biomassa vegetale per entrare nei sistemi biologici tramite processi di fotosintesi e produzione, decomposizione e accumulo di quella stessa biomassa, i citati processi svolgono un ruolo centrale nel ciclo globale del carbonio [12]. In un ecosistema ben bilanciato, la cattura del carbonio dalla fotosintesi, la deposizione di carbonio nel suolo e negli oceani e il rilascio di carbonio da fonti biologiche e geologiche contribuiscono crucialmente all’equilibrio della biosfera.  Da alcuni anni, la ricerca biotecnologica è stata applicata all’implementazione di diverse strategie per la fissazione della CO2 coerenti alle logiche della circolarità, fra le quali spiccano: 

(i) fertilizzazione oceanica; fertilizzare gli oceani con ferro e altri nutrienti, provocando un aumento dell'assorbimento di CO2  da parte dei fitoplancton;
(ii) forestazione; imboschimento, rimboschimento;
(iii) biofissazione della CO2 tramite sviluppo forzato dell’attività fotosintetica di selezionate essenze vegetali, nell’ambito delle quali spicca la coltivazione di alghe (microalghe e cianobatteri).

Com’è ampiamente noto, è proprio attraverso il processo di fotosintesi clorofilliana che le piante rilasciano ossigeno, ripulendo l’atmosfera da uno dei principali responsabili del riscaldamento globale: la CO2 intrappolata, catturata, fissata nella medesima biomassa vegetale. Gli oceani, in particolare, sono il più grande “pozzo” di CO2. Si calcola che finora essi ne abbiano assorbito quasi la metà di tutta quella emessa dalla combustione degli idrocarburi. Il plancton gioca un ruolo determinante nel suo assorbimento e l’incremento del 39% della sua presenza è legato all'aumento delle concentrazioni di CO2 disciolta nel mare, contribuendo, così, ad alleviare il problema dell'effetto serra a livello globale, per quanto, poi, gli effetti indotti potrebbero avere anche alcuni aspetti negativi sul rischio acidificazione degli oceani.
La cattura di CO2 tramite la fotosintesi per fissare direttamente il carbonio nelle microalghe ha attirato l'attenzione dei ricercatori e dell'industria. La conversione della CO2 in prodotti in grado di alimentare cicli sostenibili di re-impiego, chimici e combustibili (energia) si profila quale promettente strategia circolare in grado non solo di fissare CO2, ma di  generare anche valore economico.
L’invito a piantare alberi, contenuto nella dichiarazione finale del G20, ribadita negli Accordi COP26 di Glasgow, è indubbiamente da accogliere, ed è indubbiamente fonte di potenziali esternalità positive sull’ambiente e la vita dell’uomo e per la biodiversità terrestre. Purtuttavia non si deve cadere nella superficialità: la forestazione e/o ri-forestazione sono strategie potenzialmente importanti per fissare CO2 e indurre benefici alla biodiversità, ma occorre inserirle in strategie di effettiva sostenibilità ambientale e coerenza con le specificità territoriali, oltre che di sostenibilità economica e sociale.
Ricostruire ecosistemi boschivi è un obiettivo complesso, richiede analisi dell’impatto di breve e lungo termine, capacità di pianificazione e operatività. Il rischio è quello di alterare negativamente gli equilibri della biosfera di riferimento, in quanto tali equilibri sono il risultato di secoli di evoluzione di elemnti determinanti sia ecologici che socio-economici [13]. Recentemente, peraltro, il Ministero della Transizione Ecologica ha firmato un accordo per un progetto previsto dal Pnrr e finalizzato a tutelare e valorizzare il verde urbano ed extraurbano in 14 città metropolitane italiane avvolte dall’inquinamento atmosferico, per una spesa prevista di 330 milioni di euro. L’obiettivo è la piantumazione di più di sei milioni e mezzo di alberi, per un totale di 6.600 ettari di foreste urbane. Il principio ispiratore è quello de "l’albero giusto nel posto giusto". Tale encomiabile principio generale, però, non può mettere in secondo piano l’adeguata pianificazione urbanistica e biologica necessaria. Poiché è previsto che: 
(1) il cambiamento climatico influirà fortemente sulla vitalità biologica ed economica delle diverse specie di alberi in Europa, nonché sulla concorrenza tra le specie di alberi;
(2) i cambiamenti fisici imposti al paesaggio dallo sviluppo del bosco secondario hanno già evidenziato conseguenze sia positive che negative, a seconda del contesto geografico ed economico e della scala dei siti,
diventa cruciale individuare aree idonee, scegliere le essenze naturali appropriate, ottimizzare gli aspetti logistici, evitare effetti perversi o di indebolimento della capacità d’assorbimento [14]. Peraltro, diversi studi suggeriscono che solo le specie arboree a crescita rapida e precoci saranno in grado di monitorare i cambiamenti climatici.
Una tematica assai rilevante, in termini sia di possibilità d’intervento che di sua pregnanza ed efficacia, riguarda l’obiettivo della sostenibilità (anche) ambientale delle aree urbane, specie quelle più densamente popolate. Già nel 2013 le strategie europee hanno puntato verso la creazione e promozione, oltre che incentivazione con fondi europei, delle cosiddette "Infrastrutture Verdi” (Green In-frastructure = GI) [15] e “Foreste Urbane” (Urban Forests = UF) quali opzioni cruciali e centrali per rendere sostenibile, inclusivo e resiliente lo sviluppo delle città. Il bio-sequestro  della CO2 urbana ha un potenziale significativo per compensare le emissioni delle aree congestionate, dei sistemi di riscaldamento prevalenti e concentrati e del relativo traffico. In particolare, l’impianto di alberi è in grado di rimuovere grandi quantità di CO2 urbana, fissandola all'interno della biomassa stessa.

La recente introduzione dei sistemi di ETS sui Carbon Permits ha aperto all’opportunità, per i proprietari terrieri, di trarre reddito dalla crescita degli alberi e contribuisce anche all'abbattimento delle emissioni di anidride carbonica. Ampie aree di terreno bonificato potrebbero fornire sostanziali opportunità per il ripristino degli alberi (di seguito riforestazione) e il biosequestro della CO2. Tuttavia, vi è una significativa incertezza sulla fattibilità economica di questo uso del suolo e sulla probabile adozione da parte dei proprietari terrieri. Una delle maggiori fonti di questa incertezza è il costo di impianto e gestione intertemporale delle piantagioni, poiché la loro redditività è sensibile all'attualizzazione nell'analisi economica tradizionale del flusso di cassa, particolarmente importante laddove il reddito principale è generato dal sequestro del carbonio piuttosto che dalla produzione di legno.
Altro aspetto rilevante concerne la capacità gestionale delle amministrazioni locali nella gestione intertemporale del patrimonio boschivo cittadino. La capacità gestionale, nella fattispecie, riguarda sia l’efficacia operativa nella gestione di essenze bisognose di costante manutenzione per prolungarne la vita, sia la capacità finanziaria dimensionabile in circa 150 euro/anno per ogni albero piantumato in aree cittadine. Banalmente, solo le nuove piantumazioni sopra prefigurate, indurrebbero un incremento di costi correnti per le 14 amministrazioni locali coinvolte di circa 975.000 euro/anno.
 



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Il Consiglio d’Europa ha assegnato il Premio Paesaggio d’Europa 2021 alla Valle di Astino, nel cuore della città di Bergamo


 


Il Consiglio d’Europa ha assegnato alla Valle di Astino, splendido ambito naturale e monumentale incastonato nel cuore della città di Bergamo,  il “Premio Paesaggio d’Europa 2021 – Landscape Award of the Council of Europe”. Qui nel medioevo viene costruito un monastero vallombrosano, che organizza il paesaggio dell’area con canali e coltivazioni. Fin dall’immediato secondo dopoguerra, le istituzioni locali e regionali pongono vincoli per proteggere l’area, risorsa verde all’interno del territorio di una città industrializzata. Ciononostante, il monastero e l’intera area sono statti prima privatizzati e poi abbandonati, divenendo una periferia agricola degradata. L’ambizioso progetto di recupero e pianificazione del paesaggio della valle d’Astino è iniziato nel 2007. In quell’anno è avvenuta l’acquisizione dell’edificio del monastero e dei suoi annessi agricoli da parte della Fondazione Misericordia Maggiore di Bergamo, che, stringendo accordi di collaborazioni con le istituzioni pubbliche e con aziende agricole e cooperative, ha avviato il restauro del complesso e il recupero paesaggistico del patrimonio terriero della valle all’insegna della biodiversità e delle coltivazioni biologiche. Il progetto, che ha visto il coinvolgimento della popolazione, ha previsto l’impiego di persone svantaggiate. Nel 2017 è stato sottoscritto un Accordo di programma che si propone: la salvaguardia, gestione e pianificazione del paesaggio della valle di Astino; il recupero del monastero e delle cascine dell’area (Cascina Convento e Cascina Mulino) nonché del castello e dei sentieri; la creazione di percorsi didattici all’interno del bosco dell’Allegrezza; il recupero delle coltivazioni tradizionali, attuate secondo metodi biologici, e della rete idrica (frutto dell’azione secolare dei monaci); la costituzione di una sede separata dell’Orto botanico.
In parallelo, sono state attivate una serie di iniziative culturali, didattiche e di formazione, legate al paesaggio e all’alimentazione, intese a restituire Astino e la sua Valle ai Bergamaschi. Continua a leggere

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Il Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa (Landscape Award of the Council of Europe), nato a seguito della sottoscrizione della Convenzione Europea del Paesaggio da parte  di 39 stati membri tra cui l’Italia, ha cadenza biennale ed è stato organizzato per la prima volta nel 2008. Quella 2020-2021 è la settima edizione del Premio, con un costante incremento di partecipazione da parte degli Stati firmatari della Convenzione, a oggi 40. La Convenzione è il testo che impegna gli Stati membri ad agire in difesa del paesaggio, inteso non in termini semplicemente estetici, ma in quanto “elemento chiave del benessere individuale e sociale”, che deve essere gestito e pianificato tenendo conto delle “esigenze relative alla qualità dello specifico ambiente di vita” delle popolazioni europee.