immagine dal sito grottadifumane.eu

Grotta di Fumane: Neanderthal e Sapiens si incontrano

 


Sabato 8 e domenica 9 ottobre 2022 nell’ambito del Festival della Terra, abbiamo colto un’occasione importante per conoscere da vicino i risultati emersi dagli ultimi studi effettuati sui reperti archeologici rinvenuti nella grotta di Fumane. Fumane è un comune provincia di Verona. L’area è geograficamente localizzata in Valpolicella a nord ovest rispetto al capoluogo e, come grotta Broion sui Berici in provincia di Vicenza, risulta frequentata fin dal paleolitico inferiore. Il substrato è costituito da rocce calcaree stratificate appartenenti al mesozoico in particolare Giurassico e Cretaceo. La grotta è di origine carsica.
Il primo intervento nel sito fu compiuto nel 1964 dal Museo Civico di Storia Naturale di Verona su sollecito del Maestro Giovanni Solinas.  Infatti i lavori dell’allargamento della vecchia carrozzabile per Molina avevano causato l’esposizione di una sezione stratigrafica con ossa e selci scheggiate.
Il Professor Pasa intuendo l’importanza dei reperti fece arretrare gli scavi di qualche metro per salvaguardare gli affioramenti. Gli studi furono ripresi solo nel 1988 dagli studiosi dell’Università di Ferrara, quando parte degli strati più antichi erano stati saccheggiati con l’asportazione di ossa e reperti litici. Il crollo della volta della grotta ha permesso la prosecuzione degli studi. Attualmente il cantiere è sistematicamente attivo da più di vent’anni e indaga contemporaneamente con diversi approcci: stratigrafico in settori di scavo diversi, cronologico e culturale. Le operazioni di scavo e il trattamento successivo dei materiali sono molto importanti per recuperare i materiali rinvenuti che diventano oggetto di studio con l’uso delle più recenti tecnologie.
La nostra visita guidata inizia proprio con la parola tecnologia che in ambito preistorico potrebbe stupire ma, anche i bambini presenti, sanno cosa significa scheggiare la selce per farne strumenti per tagliare, raschiare, sezionare.
Nel PaleoCenter, Letizia, questo è il nome della nostra giovane guida, racconta che il suo ruolo nel laboratorio della Facoltà di Archeologia dell’Università di Ferrara è proprio quello di riprodurre le tecniche di lavorazione litica. In particolare l’obiettivo è individuare differenze e analogie nei reperti provenienti da strati con diversa datazione, riconducibili quindi a culture e abilità differenti. Ci presenta due tecniche di scheggiatura riconducibili una all’uomo di Neanderthal e una al Sapiens. Nell’area la pietra scheggiata è la selce, abbondante nei livelli stratigrafici presenti. La selce tende a concentrarsi in lenti estremamente compatte e pressoché inattaccabili dagli agenti atmosferici, peculiarità che, insieme alla durezza e alla frattura concoide ne hanno fatto il materiale principe delle prime industrie litiche.
La prima tecnica di scheggiatura denominata “Levallois” dal nome della cittadina francese dove le pietre scheggiate sono state individuate e studiate, è una tecnica che appartiene a tutte le comunità Neanderthaliane nel continente Eurasiatico con reperti datati fin da più di 100.00 anni fa. Letizia dice come in laboratorio abbia imparato a ottenere da un nodulo di selce strumenti impugnabili e utilizzabili per tagliare, sezionare, raschiare.
La seconda tecnica è quella chiamata “a punta affilata” attribuita ai Sapiens e via via perfezionata. Gli strumenti ottenuti con questa tecnica di scheggiatura sono adatti a fare da punta di un coltello o di una lancia. Chi la impugna è quindi in grado di colpire una preda senza avvicinarsi troppo.
Letizia mette comunque in rilievo che le tecniche hanno entrambe una notevole efficacia per ottenere il risultato voluto e non manca di sottolineare quanto esercizio e impegno le sia costato utilizzare le mani per ottenere una scheggiatura simile mettendo in conto anche qualche ferita! L’abilità dei due cugini paleolitici era dunque equiparabile e il risultato funzionale agli scopi perseguiti. Una visita al PaleoCenter con le diverse ricostruzioni completa la conoscenza di questi manufatti e delle strategie utilizzate per assicurare le lame e le punte a un manico con collanti costituiti da resine, bitume, grasso animale e argille. La guida mostra poi la ricostruzione del reperto più famoso della grotta, quello che viene chiamato lo sciamano. Con ogni probabilità, considerata la posizione in cui è stato rinvenuto, si tratta di una rappresentazione iconica realizzata sulla volta della grotta. Questo particolare si comprende meglio all’interno della grotta stessa che è un vero e proprio cantiere di lavoro con impalcature e teloni dove ciascuno strato è campionato e datato meticolosamente.
I cartelloni esposti all’interno della grotta comparano i cugini homo, le loro tecnologie, la fauna che li accompagnava. Ci soffermiamo in particolare sull’utilizzo delle penne remiganti come abbellimento, in uso tuttora in diverse civiltà di nativi. Gli studi al microscopio dei reperti ossei come l’ulna di diversi uccelli rapaci mettono in evidenza le tracce di avulsione delle penne stesse. Elemento più volte condiviso dalla guida e dai presenti è che le specie umane nella preistoria erano nomadi, migravano in cerca di ambienti favorevoli; l’aspetto e la complessione fisici erano strettamente legati al clima, non dimentichiamo che il Neanderthal ha vissuto a cavallo dell’ultima era glaciale chiamata Wurm, e la sua struttura che oggi definiamo tarchiata era funzionale a una minor dispersione del calore corporeo. La teca cranica aveva un volume maggiore della nostra, anche questo fattore garantiva una maggiore protezione dell’encefalo dal freddo. Gli studi attualmente danno per certo che i cugini hanno convissuto. Letizia afferma “hanno fatto l’amore ma non ci sono dati a conferma che abbiano fatto la guerra”. Certo è che nel nostro DNA abbiamo qualche filamento, eredità del Neanderthal. A noi piace pensare che il Sapiens non sia responsabile dell’estinzione del cugino del quale continuiamo a studiare le caratteristiche fisiche, l’ambiente di vita, la cultura.

Alberta Vittadello e Giuseppina Vittadello