Il ruolo chiave del biogas nel panorama energetico europeo
L’Italia, con i suoi 1.300 impianti e 2 Mtep di biogas prodotto ogni anno, rappresenta il terzo mercato in Ue (a 28), dopo Germania e Gran Bretagna. L’ultima Strategia Energetica Nazionale prevede, entro i prossimi dieci anni, di coprire del 30 per cento i consumi energetici derivanti dal trasporto pesante su strada e del 50 per cento quelli del trasporto navale attraverso il GNL (Gas Natuale Liquefatto). Il tutto è in linea con la direttiva europea sulle energie rinnovabili RED II che punta a coprire il 14 per cento dei consumi energetici del settore dei trasporti attraverso fonti rinnovabili entro il 2030.
Le potenzialità del biogas
L’Italia si attesta al terzo posto nella classifica dei Paesi dell’Ue (a 28) per consumi di energia da fonti rinnovabili, con una quota complessiva pari al 17,41 per cento del totale dell’energia utilizzata a livello nazionale (21,1 milioni di Mtep nel 2016). Grazie ad una serie di provvedimenti del Ministero dello sviluppo economico, presi di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in tema di produzione di gas da fonti agricole (biogas e biometano), il biogas si configura, per i prossimi dieci anni, come una risorsa naturale di prioritaria importanza nel panorama energetico italiano. Nell’ambito degli obiettivi europei fissati per il decennio 2020-2030 in tema di riduzione delle emissioni di gas serra e di sviluppo delle energie rinnovabili, la produzione di biogas rappresenta una soluzione alternativa al tradizionale smaltimento degli scarti agricoli e di quelli provenienti dagli allevamenti animali. Il biogas prodotto attraverso scarti zootecnici, così come quello derivante dalla lavorazione della frazione organica dei rifiuti urbani, si forma spontaneamente dalla fermentazione di materia organica. Tuttavia, per essere utilizzabile e acquisire un valore economico, deve essere prima captato e accumulato, al fine di evitarne la dispersione nell’ambiente. Solo in seguito potrà essere bruciato per produrre calore ed energia elettrica. A livello Ue (a 28), nel biennio 2016 – 2017, sono stati prodotti 16,1 Mtep di biogas (Figura 1) che hanno contribuito alla produzione di oltre 62 TWh (terawattora) di energia elettrica.
Figura 1. Produzione di biogas nell’Ue (a 28) in ktep (fonte: EurObserv'ER, 2017)
La produzione di biogas presenta enormi potenzialità anche nella valorizzazione della Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano (FORSU), ovvero dalla raccolta differenziata dell’umido. Dalla raffinazione del biogas è possibile ottenere il biometano utile per l’alimentazione dei trasporti. Di conseguenza, la produzione di biogas, ottenuto attraverso matrici organiche a base di carbonio, che derivano a loro volta dai sottoprodotti agricoli, dai reflui zootecnici e dalla coltivazione di piante non alimentari, rappresenta una componente fondamentale del settore energetico nazionale. Le quantità in surplus di biogas, che non sono necessarie alla produzione di calore ed elettricità ai fini della richiesta di energia da parte delle aziende agricole, possono essere convertite in biometano attraverso la raffinazione del biogas. Quest’ultimo viene generato attraverso il processo della digestione anaerobica di sostanze organiche che consente di eliminare le impurità presenti nel biogas prima della sua immissione sotto forma di biometano nella rete nazionale.
L’Italia leader nel settore delle bioenergie
La produzione di bioenergie in Italia è in linea con la direttiva europea sulle energie rinnovabili RED II, che prevede di portare le energie rinnovabili a coprire il 32 per cento del consumo energetico lordo dell’Unione europea entro il 2030. La direttiva prevede inoltre, sempre entro lo stesso periodo di tempo, che almeno il 14% dei carburanti utilizzati nel settore dei trasporti sia prodotto attraverso fonti di energia rinnovabili. L’Italia, con i suoi 1.300 impianti e 2 Mtep di biogas prodotto ogni anno, si colloca al terzo posto nella classifica dei paesi produttori di biogas in Ue, dopo Germania e Gran Bretagna (Figura 2).
Figura 2. Produzione in UE (a 28) di biogas in ktep (fonte: EurObserv'ER, 2017)
La strategia relativa alla produzione di gas (biogas e biometano) compare poi tra gli obiettivi previsti dall’ultima Strategia Energetica Nazionale, che punta a coprire, entro i prossimi dieci anni, il 30 per cento dei consumi energetici derivanti dal trasporto pesante su strada e il 50 per cento di quelli del trasporto navale attraverso il GNL (Gas Natuale Liquefatto). Conviene sottolineare che la produzione di biogas e biometano dà luogo ad una serie di altri sottoprodotti, come il digestato, utilizzabili come materia organica ammendante dei suoli agricoli. Questo è uno degli obiettivi del protocollo d’intesa tra Coldiretti, Bonifiche Ferraresi, A2A, Snam e GSE (Gestore Servizi Energetici) che vede il pieno coinvolgimento delle imprese agricole e industriali, di numerosi comuni italiani e di vari altri soggetti interessati alla produzione di biogas e biometano in Italia.
Da scarto agricolo a risorsa energetica
Dall’utilizzo degli scarti derivanti dalle coltivazioni e dagli allevamenti animali si arriva alla realizzazione di impianti di biogas per la produzione di energia utile per le aziende agricole e di biometano utile per alimentare i mezzi di trasporto, sia pubblici (autobus) che privati (auto, furgoni e trattori utilizzati dagli agricoltori). A questo proposito, conviene sottolineare che l’Italia rappresenta il principale mercato in Ue per quanto riguarda l’uso di metano per l’autotrazione ed ha un parco circolante di almeno un milione di autoveicoli alimentati a metano. Il biogas valorizza la multifunzionalità del settore agricolo (produzione alimentare, energetica e manifatturiera), contribuendo alla transizione da un’economia basata prevalentemente sui carburanti fossili ad una decarbonizzata e sostenibile. Il biogas, come risorsa energetica, rappresenta un elemento virtuoso nell’economia circolare, dato l’uso dei sottoprodotti agroindustriali e di quelli derivanti da colture di secondo raccolto, lo smaltimento degli effluenti zootecnici, l’uso di matrici non biogeniche e di gassificazione e la creazione di nuovi green jobs nel settore.