Il suolo “bene comune” per il benessere dei cittadini
L’«Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo» di Ambrogio Lorenzetti (vedi figura sopra) è un ciclo di affreschi che l’artista realizzò, tra il 1338 e il 1339, nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. Si tratta di due affreschi: da un lato, l’Allegoria del Cattivo Governo con i suoi effetti negativi (carestia, saccheggi, violenza, omicidi, povertà, ecc.); dall’altro, l’Allegoria del Buon Governo con i suoi effetti positivi (una città prospera, ricchezza, benessere, gioia, ecc.). Questi affreschi mostrano lo stretto legame che esiste tra l’amministrazione della cosa pubblica e i cittadini, che possono trarre beneficio dal governo dello Stato solo se questi si fonda su principi di giustizia sociale. Lo dimostra chiaramente la netta discrepanza tra il territorio dell’uno (Allegoria del Buon Governo) e dell’altro affresco (Allegoria del Cattivo Governo), il primo florido perché ben governato, il secondo povero perché mal governato.
Il suolo rappresenta un elemento indispensabile non solo per il settore delle costruzioni e per quello agroalimentare, ma anche per la sopravvivenza degli ecosistemi terrestri, dato che da esso dipendono gran parte dei cicli biologici.
Sulla base di questo riconoscimento, già ufficializzato nel 2015 dalla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Parigi (COP21) e dagli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs), di recente anche dalla COP26, tenutasi a Madrid dal 2 al 15 dicembre, la comunità scientifica, la FAO, l’OCSE e la Commissione europea, hanno sottolineato la necessità, ormai improrogabile, di arrestare il consumo di suolo. In particolare, il suolo è stato riconosciuto come un “bene comune”, concetto già presente nel diritto romano (“res communis omnium”). Il suolo, risorsa non rinnovabile, è un valido “alleato” nella lotta al cambiamento climatico e contribuisce alla sopravvivenza della popolazione globale, considerato che oltre il 95 per cento del cibo consumato deriva dalla coltivazione di piante alimentari e gioca inoltre un ruolo fondamentale per il mantenimento della vita dei vegetali, degli animali e dell’uomo. Si stima che il valore economico dei servizi eco-sistemici forniti dal suolo, definiti come “benefici che le persone ricevono dagli ecosistemi” (Millennium Ecosystem Assessment, 2005), non sia inferiore agli 11,4 trilioni di dollari (Peter M. Kopittke et al., 2019). Particolare rilevanza ricopre la sostanza organica immagazzinata nel suolo, composta da residui vegetali e microbici in vari stati di degradazione, che va a costituire il più grande bacino di stoccaggio di carbonio di origine organica del pianeta. Si tratta perciò di una risorsa importante per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, grazie alla sua azione bilanciatrice tra le emissioni di gas serra e il sequestro di carbonio (dati FAO, 2017). A questo proposito, la Commissione europea ha evidenziato, nella sua COM(2012) 46 final, che i suoli del territorio dell’Ue contengono oltre 70 miliardi di tonnellate di carbonio organico, che costituiscono mediamente circa il 60 per cento della sostanza organica, a sua volta equivalente a quasi 50 volte le nostre emissioni annuali di gas serra (Figura 1).
Figura 1. La mappa mostra il contenuto di carbonio organico nei terreni agricoli dell’Ue (nel 2012)
Su questo punto, l’Accordo di Parigi del 2015 prevede di incrementare del 4 per mille lo stock di carbonio nei terreni agrari mentre l’Agenda 2030 fissa l’obiettivo Land Degradation Neutrality, in virtù del quale tutti i paesi aderenti all’iniziativa sono chiamati a non aumentare il consumo e/o il degrado di suolo. Il target 15.3 dell’Agenda, in particolare, sollecita poi gli stessi paesi aderenti all’Agenda 2030, a combattere la desertificazione, a ripristinare i suoli deteriorati, compresi i terreni colpiti da siccità e inondazioni, e a raggiungere uno stato di neutralità nella degradazione del suolo entro il 2030. Sulla scia di quanto stabilito in sede internazionale, anche in Italia, molte regioni hanno legiferato per salvaguardare il suolo, tenuto conto che ancora oggi manca nel nostro Paese una legge nazionale sul contenimento del consumo di suolo, sebbene in discussione dal 2012. Nonostante i numerosi richiami della comunità scientifica, il ruolo del suolo è spesso sottovalutato se non addirittura scarsamente considerato rispetto alla sua straordinaria funzione di “infrastruttura” naturale per il mantenimento della qualità ambientale del territorio e della biodiversità animale e vegetale. Il rapporto ISPRA 2019 conferma questa realtà: in Italia si consumano ogni giorno 15 ettari di suolo e, dagli anni ’50 del Novecento a oggi, siamo passati da una percentuale di territorio urbanizzato del 2,7 per cento a una superiore all 7 per cento, cioè non meno di ulteriori 21 mila chilometri quadrati di territorio urbanizzato nel 2018 (Figura 2). Più in dettaglio, gran parte del consumo di suolo (circa il 40 per cento) si è avuta per lo sviluppo di infrastrutture di trasporto (strade, autostrade, ferrovie, ecc.). Gli edifici concorrono per il 30 cento, di cui il 2,5 per cento di suolo consumato per costruire edifici nelle aree urbane; il resto è costituito da parcheggi, piazze, discariche, cave estrattive, serre e impianti fotovoltaici nelle aree agricole.
Figura 2. Relazione tra suolo consumato (2018) e consumo di suolo annuale netto tra il 2017 e il 2018 per regione (Rapporto ISPRA, 2019)
Evitare il consumo indiscriminato di suolo è prioritario per proteggere la qualità del territorio e del paesaggio, il patrimonio faunistico e floreale, oltre che per la rigenerazione delle città, la mitigazione del cambiamento climatico e, soprattutto, per garantire il benessere ai cittadini.
Per approfondire:
- Peter M. Kopittke et al. Soil and the intensification of agriculture for global food security. Environment International. Volume 132, November 2019, 105078.
- Rosario Pavia. Tra suolo e clima. Saggine, Donzelli editore. 2019.
- Nel libro "Governare i beni comuni", Elinor Ostrom, Premio Nobel nel 2009 per l’economia, dimostra come le proprietà comuni siano spesso saccheggiate in accordo con le stesse stesse leggi di mercato (…). Gli studi di Elinor Ostrom costituiscono uno strumento teorico per la protezione delle istituzioni collettive sviluppate nel corso dei secoli dai popoli per la gestione sostenibile e il mantenimento delle risorse collettive in contrapposizione con le tesi, riportate nell’articolo “The Tragedy of Commons” (1968) di Garret Hardin, secondo cui solo la privatizzazione della terra e dell’acqua e la loro gestione da parte del mercato avrebbe potuto garantirne un uso corretto e la conservazione nel lungo periodo (…).
Nota:
Un trilione equivale a un milione di bilioni, cioè un miliardo di miliardi (Wikipedia).