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Impronta idrica o Water footprint, ridurne il peso nel settore agroalimentare. Aspetti teorici e applicazioni pratiche

Introduzione
Mediamente il 50% del consumo idrico mondiale viene assorbito dalle attività agricole; nelle economie emergenti può arrivare al 90% e le previsioni entro il 2050 stimano un aumento del 19% legato alla maggior richiesta di prodotti agricoli alimentari anche come fonte energetica. La stima tiene conto altresì dei cambiamenti climatici che impongono di irrigare terreni in precedenza produttivi senza irrigazione. In particolare, uno studio di Coldiretti valuta che circa l’87% della produzione agricola italiana, 3 milioni di ha circa, provenga da territori irrigati, a causa della struttura del suolo o degli aumentati periodi di siccità.

In questo contesto è significativo introdurre il concetto di Water Footprint (WFP), ovvero Impronta idrica, pure nel settore agroalimentare. Dall'iniziale concetto di acqua virtuale, introdotto nel 1993 dal professore Allan del King’s College di Londra, che misura la quantità d’acqua realmente consumata per la produzione e commercializzazione di alimenti e beni di consumo sulla base del loro intero ciclo di vita, è stato pertanto sviluppato questo innovativo indicatore di calcolo dell’acqua virtuale, la Water Footprint che si applica non solo a singoli prodotti, ma a interi processi produttivi, fino ad arrivare alla valutazione del peso idrico di una comunità o di una nazione. Indica il volume totale di acqua dolce consumata per unità di tempo, direttamente e indirettamente da parte di singoli, comunità, aziende di beni e servizi. Si propone come strumento per quantificare l’appropriazione di acqua dolce da parte dell’uomo e valutare i possibili impatti legati al suo utilizzo nella produzione di prodotti di consumo; vengono considerati sia i volumi d’acqua consumati (evaporati o incorporati in un prodotto) che quelli inquinati. Nella definizione specifica dell’impronta idrica è data rilevanza anche alla localizzazione geografica dei punti di captazione della risorsa

I concetti e le definizioni relative all'impronta idrica non devono rimanere patrimonio teorico del mondo scientifico, ma divenire strumenti per la programmazione e la gestione corretta della risorsa, soprattutto in questa fase di sensibile riduzione della disponibilità a livello globale. Le risorse idriche sono infatti messe a rischio non soltanto dal consumo diretto, ma ancor più da quello indiretto, di gran lunga superiore a quello diretto, e dall’alterazione causata da processi industriali e agricoli.

Indagini e Workshop
Alcune aziende agroalimentari italiane hanno partecipato a indagini promosse da diversi Enti e associazioni al fine di valutare la WFP dei propri prodotti messi in vendita. Tra queste l'Azienda Mutti di Parma (conserve di pomodoro) che, con il supporto del Dipartimento di Ecologia Forestale della Facoltà di Agraria dell’Università della Tuscia e del WWF, ha analizzato la sostenibilità della sua filiera produttiva calcolandone l’impronta idrica complessiva. L’indagine ha riguardato nel dettaglio l’intera catena produttiva, dalla coltivazione in pieno campo alla trasformazione della materia prima, fino alla realizzazione degli imballaggi. È emerso che per la produzione di un chilo di pomodoro fresco sono necessari 156 litri di acqua, per una bottiglia di passata 172 e circa 223 litri per un barattolo di polpa da 400 grammi.

La misura della WFP è elemento di valutazione della sostenibilità di un processo produttivo per l'adozione di strategie di contenimento di eventuali sprechi. In questo contesto, AISM Associazione Italiana Marketing – Dipartimento Green Marketing e Consorzio Venezia Ricerche hanno organizzato per il prossimo 5 luglio il workshop “L’industria Agroalimentare incontra l’impronta idrica“ presso il Parco Scientifico Vega di Marghera – Venezia; una occasione di confronto tra mondo scientifico e imprenditoriale.

Il workshop intende promuovere una più ampia diffusione dell’impronta idrica fra le imprese che operano nel nostro Paese. Le relazioni approfondiranno il tema del calcolo dell’impronta per l’industria alimentare italiana col proposito di soddisfare la necessità sempre più sentita dalle aziende di adottare e gestire una risorsa così preziosa con approccio sostenibile e condiviso.

Comunicare da parte delle aziende la Water Footprint di un prodotto o un servizio rappresenta inoltre un chiaro segnale della volontà di utilizzare al meglio questa risorsa, un incentivo a un comportamento aziendale più sostenibile, un elemento strategico nella promozione comunicativa green oriented.

Per approfondimenti:
la pagina del convegno; la scheda d'iscrizione

Per informazioni contattare la Segreteria AISM a info@aism.org,  tel 02/863293