La risposta è nell’imballaggio: informazioni nutrizionali e packaging alimenti e bevande
Mentre alcuni consumatori possono trovare questa pratica di indicazioni di nutrizione negli imballi invadente e inutile, fornire una “guida alimentare” è in realtà una scelta intelligente di branding per le aziende food&beverage. Il pubblico è costantemente ‘bombardato’ da notizie circa l’aumento di obesità, livelli sempre più elevati di diabete e altri problemi di salute causati da una cattiva alimentazione.
Le etichette “ingannevoli” dei prodotti alimentari sono spesso additate come una delle principali cause, così riportando chiaramente il valore nutrizionale dei propri cibi o delle proprie bevande anche laddove non sia richiesto per legge, è un modo smart di perseguire soluzioni positive al problema. Il packaging stesso, con le immagini “lussureggianti” di porzioni di cibo accattivanti riportate sulle confezioni dei cibi, può spingere i consumatori a sovrastimare le porzioni corrette e a eccedere nell’apporto calorico quotidiano. Gli esperti mettono in guardia: questo tipo di presentazione del prodotto può indurre il consumatore a mangiare molto di più e a ritenere “normali” delle porzioni che in realtà non lo sono affatto.
I consumatori però stanno diventando sempre più attenti alla nutrizione e al suo impatto sulla salute e cercano nel packaging, in maniera crescente, informazioni circa l’apporto calorico e/o altre informazioni nutrizionali prima di acquistare alimenti o bevande, a volte spingendo gli esercenti all’approvvigionamento di alternative più sane in-store. Anche se può sembrare contro-intuitivo, le aziende che agiscono in anticipo sul valore nutrizionale dei loro prodotti rafforzano la valorizzazione del proprio marchio e posizionano se stessi quali marchi ambasciatori proattivi della salute dei consumatori. E mentre la verità è che il cibo spazzatura non scomparirà dagli scaffali dei negozi così presto, già l’etichettare i prodotti alimentari “junk” come destinati a un consumo occasionale crea responsabilità condivisa: fornisce educazione alimentare dando ai consumatori l’opportunità di compiere le proprie scelte in libertà ma ben informati.
Alcuni dei marchi più noti sugli scaffali dei negozi di alimentari hanno già colto questa tendenza. Alcuni esempi comprendono Kraft, che ha annunciato la rimozione di coloranti artificiali dalla sua miscela super-popolare per maccheroni e formaggio; Coca-Cola, che ha lanciato una nuova linea di soda, Coca-Cola Life, con la stevia al posto dello zucchero, come una versione di Coca-Cola più naturale e a basso contenuto calorico; e Campbell, che ha annunciato la riduzione del numero di ingredienti nelle sue zuppe, a cominciare dalla classica con noodle e pollo in vendita stabile negli Stati Uniti fin dalla sua concezione nel 1934.
Sebbene i consigli dietetici siano una mossa intelligente per i marchi alimentari, ci sono almeno due potenziali insidie che i brand dovrebbero tenere a mente.
In primo luogo, il prezzo è ancora un fattore critico per il branding di prodotti alimentari. Tuttavia, per esempio, mantenere le dimensioni di imballo inserendo linee-guida sulle porzioni consigliate od offrire porzioni più piccole e preconfezionate a un prezzo inferiore sono iniziative che possono rassicurare i consumatori sull’impegno del brand per la loro salute mentre l’operatore di mercato può preservare i prezzi. In secondo luogo, l’offerta di opzioni è sempre chiave. I marchi che forniscono indicazioni nutrizionali dovrebbero considerare di offrire una gamma di linee di prodotto alternative più sane. In questo modo possono mantenere il loro marchio intatto, mantenendo i clienti fedeli, maturando inoltre un nuovo seguito da parte dei consumatori che vogliono opzioni più sane da un brand che conoscono e amano.
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