L’acida verità del nostro mare
Baudelaire diceva: ”Uomo libero sempre avrai caro il mare”. Ma noi esseri umani non abbiamo cari i nostri mari, i nostri oceani. Giorno dopo giorno continuiamo a usarli come discarica personale. Allora possiamo ritenerci davvero liberi? Il continuo aumento di CO2 emessa nell’ambiente sta modificando i nostri oceani, alzando notevolmente il livello di acidità. Ogni anno l’oceano assorbe circa il 25% di tutte le emissioni di anidride carbonica di origine antropica e la sua acidità è aumentata del 30% dall’inizio della rivoluzione industriale. Tutto ciò non può che avere un impatto disastroso sugli organismi marini, barriere coralline e vari tipi di zooplancton e fitoplancton. Daniela Schimdt, una geologa della School of Earth Sciences dell’università di Bristol afferma: “ Gli attuali tassi di acidificazione degli oceani sono senza pari nella storia della Terra”. L' oceanografa Claudine Hauri conferma questa drammatica situazione.
Inoltre la formazione di barriere coralline sta diminuendo in tutto il mondo e si prevede che la percentuale scenderà ancora del 60% nel corso dei prossimi cento anni, se la produzione antropica di CO2 si mantiene ai ritmi attuali (dall’inizio dell’era industriale il rilascio di anidride carbonica in atmosfera è aumentato di un terzo!). Quest’ultima, dissolvendosi nell’oceano, riduce il valore di ph, danneggiando specialmente coralli, crostacei e conchiglie, il cui guscio è fatto di carbonato di calcio. La riduzione del ph nell’acqua marina sarà alla fine di questo secolo tre volte maggiore di quella mai osservata in corrispondenza delle oscillazioni della Terra dai periodi glaciali a quelli interglaciali. La connessione tra aumento dell’anidride carbonica e “morte biologica” si può riscontrare già da epoche passate. Durante il Massimo Termico del Paleocene-Eocene, 55 milioni di anni fa, la temperatura globale aumentò di 5° in meno di diecimila anni, rilasciando un enorme quantità di anidride carbonica nell’atmosfera. A questo seguì l’acidificazione degli oceani e l’estinzione massiva del benthos foraminifero. Questo è solamente uno dei tanti esempi di estinzioni di massa dovuti al riscaldamento globale e al conseguente aumento di CO2 in atmosfera.
La domanda che ora sorge spontanea è: come rimediare? È stato suggerito di gettare tonnellate di calce negli oceani per contrastare l’acidificazione. Soluzione praticamente inutile per il ricercatore Toby Tyrrel, del National Oceanography Centre di Southampton, sia per i costi che per la realizzazione. Una soluzione più efficace e radicale sta nel diminuire le emissioni di anidride carbonica. In questo anche il singolo può fare la differenza, impegnandosi, ad esempio, ad usare maggiormente i trasporti e a ridurre il riscaldamento negli edifici abitativi. Anche le politiche nazionali e mondiali devono intervenire e incentivare l’uso di energie pulite e rinnovabili. “Ora più che mai abbiamo bisogno di nuove strategie politiche rivolte agli oceani e la creazione di un sistema di valutazione di riferimento per i non-scienziati da usare per orientare l'attività legislativa potrebbe avere importanti implicazioni a lungo termine”. Queste le parole di Micheal Lombardi, ricercatore dell’ American Museum of Natural History.
Difendere gli oceani vuol dire difendere noi stessi e renderci liberi.
http://www.academia.edu/400649/The_Societal_challenge_of_ocean_acidification
http://www.southampton.ac.uk/oes/research/staff/lrtt.page#publications