agricoltura urbana

L’agricoltura urbana valida “via d’uscita dalla povertà alimentare”

Le città occupano solo il 3 per cento della superficie terrestre, ma producono il 70 per cento delle emissioni di anidride carbonica e impiegano oltre l’80 per cento dell’energia prodotta a livello globale. Secondo le Nazioni Unite l’agricoltura urbana può essere la “via d’uscita dalla povertà alimentare”, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo in Asia e Africa


Le aree urbane occupano circa il 3 per cento della superficie globale. Tuttavia esse producono il 70 per cento delle emissioni di anidride carbonica, impiegano oltre l’80 per cento dell’energia prodotta nel mondo e sono il luogo per eccellenza dei consumi alimentari e degli sprechi che ne derivano. Prima dell’avvento dell’età industriale, l’unica vera e propria “città-metropoli” era Roma, che aveva una popolazione di oltre un milione di abitanti (in età augustea). Oggi, nel mondo si contano almeno 15 centri urbani con una popolazione superiore ai 10 milioni di abitanti e, nel 2030, secondo le stime delle Nazioni Unite (World Urbanization Prospects 2018), saranno oltre 40. E la maggior parte di esse si troverà in Paesi in via di sviluppo in Asia, Africa e Medio Oriente. Il “dilagare del tessuto urbano” non si arresterà e, nei prossimi anni, porterà la popolazione urbana a salire dagli attuali 4 miliardi (vale a dire, più del 50 per cento della popolazione complessiva) agli 8,5 miliardi di persone nel 2030, fino ad arrivare a 9,8 miliardi nel 2050, quando la popolazione mondiale avrà superato 10 miliardi di persone. (dati FAO e ASviS). All’interno dei grandi centri urbani, come Tokyo (37,2 milioni), Delhi (36,1 milioni), Shanghai (30,8 milioni), Mumbai (27,8 milioni), Pechino (27,7 milioni), Dacca (27,4 milioni), Karachi (24,8 milioni), Il Cairo (24,5 milioni), Lagos (24,2 milioni) e Città del Messico (23,9 milioni), si produrrà il 65 per cento del PIL mondiale (McKinsey 2018 – Global cities of the future). Le città non saranno solamente i centri della produzione della ricchezza mondiale, ma anche i luoghi dove si verificheranno i maggiori problemi dal punto di vista sociale, ambientale e alimentare e dove si concentreranno moltitudini di poveri. Avendo presente il panorama, la FAO ha eletto l’agricoltura urbana come una valida “via d’uscita dalla povertà”, considerandola una pratica agricola strategica e a basso costo, utile ad assicurare la sicurezza alimentare, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, e a rafforzare l’azione di prevenzione a favore dell’ambiente urbano e della qualità di vita dei cittadini. L’agricoltura urbana (AU), nelle sue diverse forme di sviluppo (orti sugli edifici, coltivazioni idroponiche in aree urbane o in spazi condominiali) è ormai diventata pratica diffusa in diverse realtà del mondo e risponde alle richieste fatte dalle città per una maggiore sostenibilità ambientale, più spazi verdi, riqualificazione di ex aree industriali e inclusione sociale. Nel nostro Paese, dove si stima ci siano già oltre due milioni di metri quadri coltivati, l’agricoltura urbana può essere una soluzione efficace per migliorare il paesaggio e il territorio periurbano (i nuovi insediamenti urbani nati vicino alle grandi città) e favorire l’integrazione tra centro e periferia. Per le pubbliche amministrazioni la realizzazione di parchi agricoli, fattorie urbane, orti per gli anziani, fattori per i bambini, orti terapeutici e didattici, può essere sia uno strumento utile a fronteggiare particolari situazioni di povertà urbana, sia una strategia sostenibile per sviluppare esternalità positive in termini di miglioramento ambientale, dei servizi, di maggior inclusione sociale, di pianificazione territoriale e di creazione di nuove figure professionali legate all’AU (Tabella 1).

 

Regioni

Superficie (m2)

Città con le superfici maggiori*

m2

Piemonte

149.106

Torino

60.000

Valle d’Aosta

12.000

Aosta

12.000

Liguria

18.578

La Spezia

12.928

Lombardia

205.387

Milano

77.585

Trentino Alto Adige

49.796

Trento

41.346

Veneto

175.328

 

Verona

Padova

66.841

53.118

Friuli Venezia Giulia

30.040

Pordenone

21.830

Emilia Romagna

705.736

 

Bologna

Parma

Ravenna

165.000

140.000

110.717

Toscana

170.275

 

Firenze

Arezzo

76.138

44.450

Umbria

73.304

Perugia

73.304

Marche

112.224

 

Pesaro

Fermo

40.000

34.224

Lazio

46.495

Roma

35.000

Abruzzo

10.140

L’Aquila

8.640

Molise

Campania

116.727

Napoli

116.727

Puglia

8.088

Bari

4.138

Basilicata

3.900

Potenza

3.900

Calabria

18.000

Cosenza

15.000

Sicilia

56.686

Palermo

30.000

Sardegna

12.700

Nuoro

5.700

Tabella 1. Superficie pubblica investita ad orti urbani nelle Regioni Italiane. Sono state riportate le città con la maggiore superficie utilizzata per orti urbani. Fonte: (dati ISTAT, 2017).

 

Lo sviluppo di un sistema agricolo urbano consente poi di diminuire i costi energetici e ambientali legati alla logistica del trasporto e alla distribuzione dei prodotti alimentari.

 

Mezzi di trasporto

Trasporto totale (% di t km)

Trasporto locale (% di t km)

Intensità energetica (MJ/t km)

Treno

29

16

8-10

Mare

29

n.a.

10-20

Fiumi

13

19

20-30

Gomma – camion

28

62

70-80

Gomma – varie

n.a.

3

Variabile

Aereo

1

0

100-200

Tabella 2. Input di energia in relazione ai modi di trasporto delle merci. Fonte: FAO (2011) “Energy-smart” food for people and climate.

 

Le forme in cui si realizza l’AU sono molteplici. Alcune di queste non richiedono occupazione di suolo perché sfruttano al meglio tetti degli edifici, cortili, parchi e altri spazi cittadini inutilizzati o inseriti all’interno di complessi industriali abbandonati. Il rooftop farming, cioè la coltivazioni di frutta e ortaggi su lastrici solari, balconi e terrazzi prospetta, ad esempio, lo sviluppo di una filiera del compost organico prodotta attraverso il riciclo degli scarti alimentari domestici e delle biomasse dei parchi urbani, che può essere utilizzato per substrati e come fertilizzante per l’agricoltura. Cresce l’interesse per l’agricoltura urbana da parte delle amministrazioni. Città come Londra, Parigi, New York, Toronto, Detroit e, in Italia, Milano, Bologna, Parma e Napoli, hanno cominciato ad investire nell’agricoltura urbana. E i vantaggi non sono solo di tipo ambientale e sociale, ma anche di tipo economico. Gli orti realizzati sui lastrici solari degli edifici, se opportunamente integrati con una solida base di sostegno caratterizzata da soglie di trasmittanza termica in linea con le principali normative sull’efficienza energetica e sugli Ecobonus (UNI EN ISO 6946: 2018; UNI EN 13370: 2018), possono infatti beneficiare di un contributo economico che oscilla tra il 50 e il 65 per cento del costo totale del lavoro. La presenza di vegetazione, date le sue caratteristiche di “materiale freddo”, contribuisce ad aumentare l’isolamento termico del tetto e delle pareti dell’edificio. I valori di temperatura delle piante, infatti, risultano non dissimili da quelli dell’aria esterna, al contrario dei “materiali caldi” (cemento, asfalto, e così via) che, soprattutto nei mesi estivi, posso raggiungere temperatura anche di 60 – 70 gradi centigradi. Ciò avviene grazie a due fenomeni che interessano il mondo delle piante: la fotosintesi clorofilliana e l’evapotraspirazione. Le piante trattengono parte dell’energia solare incidente per la crescita e lo sviluppo ed emettono meno radiazione infrarossa (termica) e quindi consentono di non riscaldare eccessivamente l’aria esterna. In questo modo l’impiego del verde contribuisce a contrastare il fenomeno delle heat islands (“isole di calore”) nelle grandi città a causa della forte urbanizzazione e del traffico intenso. L’agricoltura urbana contribuisce al recupero di suolo agricolo, alla riduzione dei costi energetici di trasporto (prodotti a km 0), all’aumento della resilienza urbana, al contrasto del cambiamento climatico, alla mitigazione dell’aria e, non ultimo, traghetta le città verso modelli sostenibili di produzione alimentare.