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L’Italia è tra le eccellenze europee nella gestione dei rifiuti

L’Italia si conferma tra i paesi più virtuosi a livello europeo nella gestione dei rifiuti, con il 79% dei rifiuti raccolto ogni anno. Prima la Germania. Seguono Italia, Francia e Gran Bretagna. Presentato a Roma il rapporto “L’Italia del Riciclo 2017” realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dal FISE-Unire. Resta ancora elevata la quantità di rifiuti pro-capite prodotta dai cittadini nelle principali città italiane.


“L’Italia del Riciclo 2017”

La quantità di rifiuti destinata al recupero è più che raddoppiata dal 1999 al 2015, passando da circa 29 a 64 milioni di tonnellate, mentre l’avvio a smaltimento si è drasticamente ridotto da 35 a 18 milioni di tonnellate. Nel complesso, l’Italia si conferma tra i paesi più virtuosi a livello europeo, subito dopo la Germania, con il 79% di rifiuti raccolto ogni anno, seguita da Francia e Gran  Bretagna. Questo è quanto emerge dal rapporto “L’Italia del Riciclo 2017”, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da FISE Unire (Unione Nazionale Imprese Recupero) e presentato a Roma lo scorso 14 dicembre (Figura 1). Secondo il rapporto, nel 2016, sono stati avviati a riciclo 8,4 milioni di tonnellate di imballaggi, il 3% in più rispetto al 2015. I dati migliori sono stati riscontrati nelle filiere di alluminio, acciaio e legno. Sono rimasti stabili invece quelli relativi alla carta (80%) e all’acciaio (77,5%). Per quanto riguarda i rifiuti organici, che rappresentano la parte principale dei rifiuti che vengono riciclati, è stato registrato un aumento di percentuale: dal 40% del 2011 si è passati al 41,2% nel 2016, raggiungendo i 107,6 kg per abitante.

 

Figura 1. Roma, 14 dicembre 2017, presentazione del rapporto “L’Italia del Riciclo 2017” (foto: Andrea Campiotti)

 

Tuttavia, la quantità di rifiuti pro-capite prodotti nelle maggiori città italiane (Roma, Milano, Napoli e Palermo) risulta essere ancora tra le più elevate in Europa (oltre 500 kg per abitante), circa il 40% in più rispetto a Praga e Madrid e il 25% in più rispetto a  Berlino. La figura 2 mostra la quantità di rifiuti prodotti in Italia (t/a) secondo il “Rapporto Rifiuti Urbani 2017” dell’ISPRA. 

 

Figura 2. Rifiuti urbani prodotti in Italia (t/a) secondo il “Rapporto Rifiuti Urbani 2017” (fonte: ISPRA)

 

«L'industria italiana del riciclo – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel corso dell’evento – ha raggiunto livelli di eccellenza in Europa, sebbene occorra un ulteriore avanzamento sia tecnologico sia normativo per raccogliere le opportunità ambientali ed economiche offerte dall’economia circolare». Ad oggi, sottolinea il rapporto, sono oltre 10.500 le imprese italiane che svolgono attività di gestione, recupero e smaltimento dei rifiuti. Ronchi ha aggiunto: «Il piano nazionale dell’Industria 4.0 deve interessare anche il settore dell’economia circolare. Sarebbe utile un’Agenzia nazionale per l’efficientamento del settore». Sul tema è intervenuto anche il Sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo che ha ribadito: «L’Italia è leader nel settore dell’economia circolare, tuttavia, c’è poca consapevolezza tra le persone. Dobbiamo rendere più chiare e omogenee le norme circa il riciclo dei prodotti e riconoscere agevolazioni fiscali sia ai cittadini sia alle imprese.».

 

La situazione dei rifiuti in Europa

Secondo Eurostat, l’Ufficio Statistico dell'Unione Europea, nel 2015 i paesi membri dell’Unione Europea hanno prodotto circa 242 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di cui oltre il 68% (circa 165,7 milioni di tonnellate)in soli cinque Stati (Italia, Spagna, Regno Unito, Germania e Francia). Attualmente in Europa, il settore della gestione dei rifiuti genera un fatturato complessivo di 155 miliardi di euro e ne produce quasi 50 di valore aggiunto. Tuttavia, a livello europeo, ancora si bruciano o si mettono in discarica oltre il 50% dei rifiuti prodotti, mentre la prevenzione dei rifiuti, la rigenerazione, la riparazione e il riciclaggio potrebbero generare – secondo dati della Commissione Europea – risparmi netti per le imprese europee pari all'8% del fatturato annuo, riducendo al contempo l'emissione di gas serra del 2-4%. Si stima inoltre – sulla base dei dati disponibili al 2013-2014 – che rispetto ai rifiuti prodotti e alle tecnologie oggi impiegate per la produzione di energia da rifiuti (termovalorizzatori, impianti di incenerimento, impianti di digestione anaerobica e altre tecniche), si potrebbe ottenere una produzione di energia pari almeno a 676 PJ (1 PJ equivale a 252 miliardi di kcal, cioè l’energia contenuta in circa 25 mila tonnellate equivalenti di petrolio). Inoltre, grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più innovative, si potrebbe aumentare di oltre un quarto l’energia prodotta (Towards a better exploitation of the technical potential of waste-to-energy, EUR 28230 EN, 2016).

 

Il ruolo del compost in Italia

In Italia la quantità di frazione organica (umida e verde), che rappresenta la porzione principale deirifiuti urbani raccolti e avviati a riciclaggio, ha raggiunto pro-capite i 107,6 kg per abitante ogni anno, con una percentuale che è passata dal 40% del 2011 al 41,2% del 2016. In particolare, secondo l’ISPRA, gli impianti di compostaggio hanno prodotto nel 2016 circa 1,6 Mt di compost che, dal punto di vista normativo, viene classificato come “Ammendante Compostato Verde” (ACV). Con questa definizione si indica un materiale solido granulare ottenuto mediante il processo di compostaggio di scarti organici costituiti principalmente da residui vegetali derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato (sfalci d’erba, potature, ramaglie), da residui di coltivazioni agricole e/o di lavorazione del legno. L’ACV viene usato come fertilizzante per la coltivazione di colture di pieno campo e per la manutenzione del verde ornamentale e ricreativo.

 

Figura 3. Quantità di rifiuti organica riciclato in Italia nel periodo 2011-2016 (fonte: ISPRA)

 

Il CIC (Consorzio Italiano Compostatori) ha riportato recentemente la necessità di mettere a punto una filiera della produzione di compost in grado di utilizzare le migliori tecnologie di recupero del rifiuto organico e di sviluppare strategie di valorizzazione e commercializzazione del compost funzionali all’impiego nel settore agricolo, floro-vivaistico, forestale e paesaggistico. Inoltre, il CIC  ha sottolineato di non trascurare la produzione di biometano per il trasporto e/o da immettere in rete che ormai rappresenta una grossa opportunità per le imprese. Secondo il CIC, i 23,5 milioni di tonnellate di “ammendanti compostati”, prodotti negli ultimi 25 anni, hanno reso disponibili sul mercato dei fertilizzanti circa 300.000 tonnellate di azoto, 190.000 di potassio e 170.000 di fosforo. In ultima analisi, l’uso del compost, di provenienza certa e privo di contaminanti, in sostituzione di concimi minerali e di sintesi per la fertilizzazione del suolo agricolo, consentirebbe di recuperare sostanza organica per reintegrarla nei terreni, contribuendo ad aumentare la fertilità biologica dei suoli, a ripristinare i siti contaminati da composti tossici e ad evitare fenomeni di erosione dei suoli.