Spreco alimentare, un fenomeno ancora troppo diffuso
Di Alessandro Campiotti
Sebbene un terzo della popolazione mondiale sia soggetta al pericolo dell’insicurezza alimentare, ogni anno circa un terzo del cibo prodotto viene sprecato, sollevando una serie di questioni dal punto di vista etico, economico, sociale e ambientale.
Ogni anno nel mondo si spreca circa un terzo del cibo prodotto, pari ad oltre un miliardo di tonnellate lungo l’intera filiera alimentare, che va dal campo alla tavola. Di questa enorme quantità, il 13% viene perso ancora prima di raggiungere il consumatore finale, durante le fasi di produzione, lavorazione, conservazione e distribuzione, mentre un altro 19% viene sprecato nelle fasi di vendita e consumo. A detenere il primato nella classifica dello spreco sono le famiglie con il 60%, mentre i settori della ristorazione e della vendita al dettaglio sono responsabili rispettivamente del 28% e del 12%. Nei paesi dell’Unione europea (UE) la situazione non risulta migliore, infatti lo spreco alimentare annuo supera i 59 milioni di tonnellate (circa 75 chili per ogni persona), equivalenti ad un valore di mercato stimato in 132 miliardi di euro. Questa realtà, apparentemente surreale, si presta a considerazioni di ordine etico, economico, sociale e ambientale.
Purtroppo, i più recenti rapporti internazionali in materia di crisi alimentari concordano sul fatto che la situazione globale sia in continuo peggioramento, dal momento che ancora oggi circa 800 milioni di persone nel mondo soffrono di fame acuta, mentre un terzo della popolazione globale è soggetta al pericolo dell’insicurezza alimentare. Le cause sono legate a fattori molto distinti tra loro, come gli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti (in particolare alluvioni e siccità), la manifestazione di specie di parassiti e patogeni vegetali alieni, spesso devastanti per le colture agrarie, fino ad arrivare a guerre e conflitti armati, che accentuano crisi economiche, disuguaglianze e migrazioni di massa. Inoltre, va ricordato che i numeri relativi allo spreco di cibo fotografano solo parzialmente la gravità della situazione, in quanto non tengono conto di tutte le risorse necessarie alla produzione degli alimenti, come suolo, acqua, energia, trasporti, manodopera e capitali investiti. Se poi si considera che la gran parte del cibo sprecato finisce in discarica, dove viene smaltito sotto forma di rifiuto urbano, si giunge alla conclusione che l’attuale sistema alimentare risulta poco sostenibile anche dal punto di vista dell’impatto ambientale, dal momento che nella sola UE è responsabile del 16% delle emissioni di gas serra in atmosfera.
Ma quali sono le cause alla base di tanto spreco da parte di famiglie, ristoranti e supermercati? I fattori in gioco sono numerosi e riguardano in primo luogo le abitudini delle persone, che, dettate da una certa componente psicologica, tendono ad acquistare prodotti alimentari spesso in eccesso perché indotti dal marketing che promuove offerte apparentemente molto vantaggiose. A questo si aggiunge un problema di scarsa informazione sulle conseguenze negative che comporta lo spreco del cibo, che spesso induce le persone a scartare prodotti perfettamente commestibili per non aver compreso il significato di un’etichetta o perché non completamente soddisfatte dall’aspetto estetico. Per contrastare il fenomeno dello spreco alimentare, l’UE è impegnata nel perseguimento del Target 12.3 dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile, che prevede la riduzione del 50% dello spreco pro capite a livello globale entro il 2030. A questo proposito, gli stati membri dell’UE sono tenuti a rispettare il Codice di condotta sulle pratiche commerciali e di marketing nella filiera alimentare, entrato in vigore nel 2021 per agire a livello di prevenzione. Tra le principali misure del Target 12.3, c’è il riconoscimento di incentivi economici e fiscali agli operatori commerciali che si incaricano di donare il cibo in eccesso a soggetti deputati alla redistribuzione, come le banche alimentari, e allo stesso modo viene riconosciuta l’azione di quei produttori che agiscono in un’ottica di economia circolare, dando nuova vita ai prodotti non immessi sul mercato tramite la trasformazione in mangimi animali, fertilizzanti organici per il terreno e produzione di bioenergie. Per favorire questo processo, sarebbe utile organizzare campagne di sensibilizzazione per informare le persone sul tema e migliorare la loro percezione del valore del cibo, ricorrendo ad esempi concreti che dimostrino come l’azione virtuosa del singolo si traduca nel tempo anche in un risparmio economico per le famiglie e per l’intera comunità. A questo proposito, nel 2019 l’Assemblea delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata mondiale di consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari, che ricorre il 29 settembre di ogni anno con l’obiettivo di far luce su un tema assai gravoso ma ancora troppo poco considerato.
Per approfondire:
Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), l’Agenda 2030 dell’Onu e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, 2020, https://asvis.it/public/asvis2/files/Pubblicazioni/Fatti_%26_Cifre_2020.pdf;
European Commission, Food waste, https://food.ec.europa.eu/food-safety/food-waste_en;
Global Network Against Food Crises (GNAFC), Global Report on Food Crises 2024, https://azionecontrolafame.it/news/rapporto-sofi-2024/;
United Nations, International Day of Awareness on Food Loss and Waste Reduction 29 September, https://www.un.org/en/observances/end-food-waste-day.