Strategie per diminuire lo stress idrico
Il cambiamento climatico e gli attuali consumi di acqua a livello domestico e industriale fanno prevedere seri problemi di approvvigionamento idrico negli anni a venire. Questo problema è globale e interessa tutti paesi, industrializzati e non. Su Nature Geoscience è stato pubblicato di recente uno studio effettuato da ricercatori candesi (Università McGill, Quebec) e olandesi (Università di Utrecht) che indica metodi per fermare questo continuo aumento del consumo d’acqua e per ridurne significativamente la richiesta in soli 35 anni.
Nell’articolo i ricercatori definiscono le sei strategie chiave capaci di ridurre nel mondo lo stress idrico. La definizione di stress idrico si applica quando oltre il 40% dell’acqua disponibile nei fiumi viene utilizzata. In questa situazione si trova attualmente un terzo della popolazione mondiale e può raggiungere il 50% entro la fine del secolo se si continua ad usare l’acqua nel modo attuale.
I ricercatori hanno diviso le sei strategie in:
- “misure hard”: soluzioni che comportano un significativo impatto economico, sociale e ambientale, tipo la costruzione di nuove riserve o un aumento dei sistemi di desalizzazione;
- “misure soft”: soluzioni che si focalizzano sulla riduzione della domanda idrica più che sull’aumento delle riserve. Queste soluzioni coinvolgono le comunità e le amministrazioni locali, e cercano di combinare innovazione tecnologica con protezione ambientale.
Le “misure soft” prevedono il coinvolgimento di tutta la comunità e delle istituzioni, quindi anche se rappresentano di fatto la visione più realistica e praticabile, devono tenere in considerazione molte variabili a livello sociale.
Per ottenere dei buoni risultati le misure non devono essere applicate tutte, ovunque e allo stesso modo, ma, secondo i ricercatori, è sufficiente applicarne 4 per evitare un aumento dello stress idrico e per stabilizzare la situazione allo stato attuale. Seguendo questo metodo, dei risultati dovrebbero essere visibili entro il 2050.
Strategie in dettaglio
“Misure soft”
- Miglioramento dei metodi di irrigazione (consigliato soprattutto per le zone che già presentano problemi di stress idrico). Si può arrivare a una riduzione della richiesta idrica del 2% per il 2050 per esempio impiegando nuove varietà colturali o nutrienti più efficaci. Le ripercussioni ambientali di queste scelte (impatto delle colture OGM, eutrofizzazione delle acque…) devono essere tenute in dovuta considerazione quando si applicano queste misure.
- Miglioramento dell’efficienza dei sistemi di irrigazione. Il passaggio da un tipo di irrigazione ad alto consumo di acqua, quale il sistema a scorrimento, verso sistemi a minor consumo, quali irrigazione a goccia, sicuramente è una soluzione auspicabile. Tuttavia devono essere tenuti in dovuta considerazione gli effetti collaterali di tali misure: l’impegno economico da parte dell’agricoltore e l’aumento della salinità del suolo.
- Ottimizzazione dell’uso dell’acqua sia a livello domestico sia industriale. È importante effettuare interventi sia per limitare le perdite d’acqua che per migliorare le strutture per il riciclo dell’acqua.
- Controllo delle nascite nelle zone a maggior stress idrico. Questo punto presenta serie difficoltà anche per le eventuali modalità di applicazione (pianificazione familiare, tassazione sui figli) ma, qualora la popolazione mondiale rimanesse sotto gli 8.5 miliardi nel 2050, il problema dello stress idrico sarebbe completamente sotto controllo.
“Misure hard”
- Aumentare la quantità d’acqua nei bacini di raccolta. Questa soluzione potrebbe essere impiegata nei bacini già sotto stress. Tuttavia, l’applicazione di questa misura richiederebbe un aumento della capacità di stoccaggio pari a 600 km3, ottenibile aumentando le riserve esistenti, diminuendo la sedimentazione o costruendo nuovi bacini. Questa strategia richiede un grande investimento di capitale e potrebbe avere degli impatti negativi sia sociali sia ambientali.
- Desalinizzare l’acqua di mare in zone costiere sottoposte a stress idrico. Questa misura comporta l’aumento della capacità degli impianti di desalinizzazione esistenti o del loro numero. Per ottenere una soluzione apprezzabile, la capacità dovrebbe essere incrementata del circa il 50%. Ovviamente, questo comporta dei costi elevati sia dal punto di vista dei capitali che dell’energia necessaria e, inoltre, genera rifiuti che richiedono un corretto smaltimento.
Maggiori dettagli nell’articolo pubblicato in Nature GeoScience (numero online di agosto 2014). Articolo a pagamento.
Per saperne di più:
McGill University
Nature GeoScience